Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 6 dicembre 2010

Morte di un uomo libero

di Luciano Granieri


E’ passata una settimana dalla morte di un uomo libero. Lunedì scorso Mario Monicelli moriva gettandosi dal  quinto piano dell’ospedale San Giovanni di Roma. Un’artista, un intellettuale   che a 95 anni parla della necessità di fare la rivoluzione, che rifiuta di sottostare alle torture dell’accanimento terapeutico per un tentativo vano  di  curare il suo tumore alla prostata e sceglie la morte, è indubbiamente  un uomo libero. PERCHE’ E’ UN UOMO CHE SCEGLIE E DETERMINA IL PROPRIO DESTINO. Oltre alla profonda tristezza per la scomparsa di uno degli ultimi  ribelli del 900’, tocca sorbirci  le consuete  stupidaggini dei teodem italiani capitanati dalla deputata Udc ex Pd  Paola Binetti. La pasdaran cattolica dal cilicio facile, se l’è presa  con tutti coloro che valutavano il gesto estremo di Monicelli, come una scelta di libertà. “Quello di Monicelli – sostiene la Binetti- non è stato un gesto di libertà, ma di solitudine e di smarrimento. Il suo è stato un gesto di disperazione''.  Cosa ne sa lei?  Poi si capisce  la vera ragione di questa piccata reazione: ''Non si può approfittare della disperazione di un uomo per fare uno spot pro eutanasia.  E’ chiaro il riferimento della Binetti  alla trasmissione 'Vieni via con me', condotta da Fabio Fazio e Roberto Saviano su Rai3, programma su cui forti si sono abbattute le critiche in seguito al racconto delle vicende di Welby e di Eluana Englaro. La Binetti punta dunque il dito contro "tutte le vicende che si sono susseguite in questi giorni alla televisione. “Basta credere che morire sia libertà, perché qualcuno non ti dà una mano”. In generale poter scegliere il destino della propria vita, e della propria morte, è un gesto di impudenza per chi usa la religione come strumento di potere e coercizione.  La  condanna di chi dà la morte diventa uno  strumento di potere che viene usato a seconda della convenienza a dimostrazione che non è un valore assoluto. Gli strali si abbattono su donne  disperate che  per motivi gravi  non possono   mettere al mondo il figlio che hanno in grembo,  o  su parenti altrettanto disperati i quali  non riescono a sopportare che un   loro caro soffra le pene dell’inferno in attesa che una  morte certa ponga fine alle sue atroci torture . L’anatema si abbatte  solo verso  certi Stati che adottano la pena di morte “MA NON SU TUTTI”  Le  balconate dei palazzi istituzionali di molte città della cattolicissima Italia  erano ornati  dalla  gigantografia di  Sakineh Ashtiani, la donna per cui è stata decretata la  pena di morte per lapidazione,  come testimonianza di  ferma condanna e indignazione per lo Stato Iraniano il quale spietatamente  uccide in nome di una religione BARBARA E COERCITIVA.  Al contrario  nessuna gigantografia, neanche una  piccola foto  di Teresa Lewis   è stata esposta   , una donna mentalmente disabile  che nella cattolicissima America è stata giustiziata, per l’accusa di aver  ingaggiato due killer allo scopo uccidere il marito, accusa mai provata. Nessuna indignazione viene dai teodem della cattolicissima Italia per la Hospira spa. Casa farmaceutica con base  a Liscate (MI)  fornitrice unica  per gli  Stati Uniti di Sodium Thiopental, il veleno  che viene usato per eseguire le condanne a morte a mezzo  di iniezione letale . Neanche una parola viene da questi pasdaran del potere divino sull’elevato numero di suicidi che avvengono nelle carceri italiane. Cosa è quella una scelta di libertà, di disperazione, o di annientamento della dignità umana? E allora perché non condannare lo stesso Gesù che aveva scelto di non sottrarsi, pur potendolo, alla morte?   La verità è che quando la religione viene usata, il che accade quasi sempre, per controllare le azioni più intime e personali di una persona, diventa un terribile strumento d’odio e d’intolleranza. Non è  forse una  forma di odio e di oltraggio, verso Beppino Englaro  usare  il 9 febbraio-  data che segna per Beppino un dramma personale  intimamente privato, come la morte della figlia Eluana, indotta per interruzione delle cure, esito  che lei  stessa aveva scelto  quando ancora ancora sprizzava salute da tutti i pori-    istituire  , la  giornata nazionale degli stati vegetativi? Ovvero “una finestra di visibilità –cita il comunicato governativo-  per persone e famiglie che accudiscono amorevolmente i propri cari in fin di vita aspettando con rassegnazione la loro morte  , troppo spesso coscientemente accantonate dai media che si rivolgono al grande pubblico, come ha dimostrato la recente vicenda della trasmissione “Vieni via con me”.  Si è chiesto qualcuno  se Beppino Englaro, o i parenti di Piergiorgio Welby si siano permessi di giudicare  e condannare la scelta di chi ha deciso diversamente da loro per la cura dei propri cari in stato vegetativo ?  Ecco dove sta la libertà. Libertà in questi ambiti strettamente privati,  vuol dire rispettare chiunque operi delle scelte diverse dalle proprie. L’intolleranza è nemica del perdono e fomentatrice di odio. Eppure nel vangelo è scritto che bisogna  perdonare. Siamo sicuri che Monicelli, avrebbe perdonato i detentori della verità assoluta,  che si sono arrogati il diritto di giudicare la sua scelta estrema  e lo avrebbe fatto con le parole di Don Bastiano (Flavio Bucci) nel “Marchese del Grillo” , uno dei film più significativi da lui diretti .  Don Bastiano è un  sacerdote  mandato a morte dallo stesso Papa Pio VII che lo aveva consacrato  prete. Bastiano compie il suo servizio  sacerdotale fino all’ultimo istante della vita, dandosi l’assoluzione, perdonando tutti; il popolo, Napoleone, il boia e il suo stesso aguzzino Pio VII che in quanto capo della Chiesa avrebbe dovuto per primo esercitare l’atto del perdono. Il prete perdona, La chiesa no.




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