Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 7 agosto 2012

CON GLI OPERAI IN LOTTA DELL'ILVA DI TARANTO

Intervista a un protagonista della lotta


 a cura di Michele Rizzi Coord. reg. Pdac Puglia

Il 2 agosto a Taranto un corteo di alcune centinaia di operai dell'Ilva, precari, attivisti dei centri sociali, esponenti del sindacalismo conflittuale ha contestato le burocrazie di Cisl, Uil e Cgil.  Bonanni, Camusso e Angeletti sono stati costretti a interrompere i loro interventi. Lo stesso Landini, leader della Fiom (e strettamente legato al progetto politico di Vendola, quello di un nuovo centrosinistra subalterno al Pd), è stato interrotto e, in varie interviste rilasciate alla stampa, ha criticato i contestatori, da lui accusati di aver "rotto l'unità sindacale": evidentemente per Landini è più importante l'unità con chi ha sostenuto per anni le politiche di Berlusconi e oggi mima una opposizione di facciata a Monti (Cisl e Uil) rispetto all'unità con gli operai vittime di decenni di disastri ambientali. Di questi disastri è colpevole anche il governatore della Puglia Vendola che ha elargito finanziamenti pubblici a Riva, il magnate dell'Ilva che si è arricchito distruggendo la salute di migliaia di persone. A differenza di quello che i mass media e i dirigenti sindacali di Cgil, Cisl e Uil hanno tentato di far credere, la protesta di Taranto non è stata opera di "uno sparuto gruppo di manifestanti estranei al corteo": si trattava di operai dell'Ilva, anzitutto, che quando hanno interrotto l'ipocrita comizio dei burocrati sono stati applauditi da migliaia di lavoratori lì presenti. Oggi chi ha organizzato quella contestazione è vittima di pesanti denunce: ai denunciati va la solidarietà di Alternativa comunista.
Il Pdac pensa che l'unica soluzione a favore dei lavoratori sia l'esproprio (senza indennizzo) dell'Ilva sotto controllo operaio, con una riconversione della produzione che tuteli posti di lavoro, salute e ambiente.
Per riportare i fatti così come sono avvenuti, di contro alle falsificazioni mediatiche, abbiamo intervistato Cataldo Ranieri, tra i leader della contestazione alle burocrazie sindacali. Aldo è anche uno dei 41 denunciati per la manifestazione e anche a lui va la nostra solidarietà.

Aldo, c'è un motivo per il quale non avreste dovuto contestare i burocrati sindacali?
Sono in quella fabbrica da 15 anni ed ho conosciuto la sottomissione, l’annullamento dei diritti, le minacce, le persecuzioni, le umiliazioni e ogni forma di soppressione dell’orgoglio e della dignità di uomo e lavoratore. Non è stato difficile raccogliere gli applausi. Io parlo con i miei colleghi e su 12000 lavoratori sociali, in Ilva, troverete poche persone che vi diranno che il sindacato di Taranto è un sindacato rappresentativo dei bisogni dei lavoratori. In 15 anni, la sicurezza e l’ambiente non hanno mai prodotto nemmeno un’ora di protesta. C’è da dire che ho militato nella Fiom, ma questa è un’altra storia e il mio era un altro modo di fare sindacato. Ero coordinatore dell’Esecutivo di Fabbrica, ho rinunciato alla mia carriera per non essere come loro. La contestazione però non è solo ai sindacati e all’azienda, ma è anche alle istituzioni locali assoggettate e allo Stato Italiano, sempre assente e sordo alla disperazione di una intera città, ma subito presente quando sono a rischio gli interessi derivanti dal profitto.
Perché lasciasti la Fiom e cosa pensi dell'intervista di Landini che vi attacca per aver interrotto la manifestazione dei sindacati confederali?
Non c’era Landini nel 2007 quando amareggiato e deluso lasciai la Fiom, era Rinaldini il segretario nazionale, al quale inviai una lettera firmata dalla maggioranza del direttivo di Taranto, nella quale chiesi di sostituire il segretario provinciale di Taranto Franco Fiusco dal quale non ci sentivamo rappresentati. A nostro avviso era colpevole di aver impostato il suo mandato sull’accentramento delle decisioni, l’annullamento della democrazia e, successivamente, "inspiegabili" decisioni sottoscritte con l’azienda. Rinaldini venne a Taranto e invece di attuare quanto richiesto con tanto di firme maggioritarie del direttivo, all’attivo programmato chiese tempo per decidere. Nel giro di pochi giorni, molte di quelle firme vennero ritirate, non capisco ancora perché e passammo in netta minoranza. Decisi che se non potevo cambiare il sistema, allora non potevo farne parte, presentai le mie dimissioni. Vi prego di domandare ai lavoratori il consenso e la fiducia che avevano in noi che rappresentavamo la Fiom in quel momento, perché se domandate a qualcun altro, che abbia cariche più alte, sappiate che a loro, noi, non piacevamo affatto, per loro, eravamo un problema, io Massimo Battista e Francesco Rizzo. Per quanto concerne il signor Landini, di seguito parlo rivolgendomi direttamente a lui e spero che mi legga: “Caro signor Landini, è bene che Lei parli di meno di cose che non conosce, oppure, faccia una cosa, venga a giustificare i soldi che il sindacato di Taranto prende dall'azienda Ilva. Caro Landini, non ha voluto confrontarsi con me che sono un semplice lavoratore su Radio onda d’urto qualche giorno fa; io avrei parlato senza timori con Lei che è il segretario nazionale della Fiom, forte delle mie, anzi, delle nostre ragioni e lo avrei fatto senza problemi, senza timori. Lei ha rifiutato. Ora parla quando chi può rispondere non ha la stessa risonanza? Perché? Non ha risposte? Se le invio la copia integrale dell’intervento che ho fatto nella “nostra” piazza della Vittoria, che non ci avete consentito di portare a termine perché la piazza cominciava le ovazioni e gli applausi scroscianti prendevano il posto dei fischi raccolti fino ad allora, è in grado di dare risposta a quei temi Sacrosanti che volevo porle? Quando lei si limitava a contarci o ad affiliarci a correnti politiche o movimenti sindacali non confederali, non sarebbe stato più opportuno rispondere ai nostri quesiti? Io mi assumo sempre le responsabilità di ciò che dico, senza inventarmi nulla, non ho astio verso la base della Fiom, né sono spinto da vendette personali. Dal 2007, quando (lo ribadisco a lettere maiuscole) HO DATO LE DIMISSIONI RINUNCIANDO ALLA MIA CARRIERA, sono rimasto iscritto fino a marzo 2012, perché la Fiom rappresentava ancora quei valori che mi hanno spinto ad aderirvi e a rappresentarla. E' tutto chiarito nella lettera che ho mandato alla sua attenzione, non l’ha letta? Ne vuole una copia?
Per Alternativa comunista l'Ilva deve essere gestita dai lavoratori e Riva deve essere espropriato senza indennizzo (a differenza di quanto sostiene Cremaschi che parla di esproprio... salvo indennizzo! Il che significherebbe regalare altri miliardi al padrone). Ritieni anche tu che una volta tanto debba essere il padrone a pagare per il disastro ambientale creato a Taranto e per lo sfruttamento ai danni dei lavoratori Ilva?
Se non lo ritenessi, allora dovrei pagare per tre volte… Come lavoratore, come cittadino e come contribuente, oppure dovrei aver paura di dirlo? Mi auguro di no. Sarei d’accordo ad una fabbrica al minimo regime di produzione, giusto il necessario per garantire gli stipendi fino all’attuazione delle alternative che non rendano questo città un territorio da sacrificare per la ricchezza di pochi. Fare un programma certo di chiusura programmata e, credetemi, la mia città ha risorse, uomini e cervelli che saprebbero rivalutarle, con i giusti finanziamenti che questo Stato e quell’azienda devono garantire al fine di bonificare gli inimmaginabili danni che hanno causato a questa città, Taranto potrebbe esprimere una ricchezza incredibile. In 60 anni 4 mostri sputaveleno, Ilva, Cementir, Eni e Marina militare, hanno fatto arricchire lo Stato e hanno usurpato il territorio tarantino ed i suoi abitanti, hanno prodotto malattie e morte, fuori e dentro le fabbriche. Non mi invento nulla, è tutto documentato. In cambio di quei mostri, hanno restituito al nostro territorio un tasso di disoccupazione che va oltre il 30%. Gli stessi mostri impediscono ai miticoltori di raccogliere i mitili inquinati, mitili che hanno rappresentato la mia città in tutto il mondo; hanno mandato in rovina gli allevatori costretti a sopprimere migliaia di bestie infette di diossina! E i nostri corpi allora? Non sono pieni di diossina? Vogliono abbattere anche noi? A Taranto non c'è una famiglia che non piange la sua vittima, abbiamo pianto, poi abbiamo urlato, ora siamo incazzati.
Avete costituito a Taranto un Comitato di lavoratori indipendente che sta producendo un forte risveglio delle coscienze operaie e non solo, in ottica antipadronale e antisistema. Descrivici questa nascente esperienza e dicci se ritieni che possa essere un punto di partenza per unificare le lotte dei lavoratori in Puglia soprattutto contro la crisi economica capitalista e lo sfruttamento.
E’ bene precisare che non è un comitato di soli lavoratori. Fino ad oggi, l’azienda e i sindacati hanno sempre manipolato i lavoratori, sfruttando il ricatto occupazionale che opprime le coscienze e le menti. E così, da un lato c’era la città, che subiva i veleni, divisa tra ambientalisti e famiglie che mangiano pane e veleno, sottoposti alla terribile condizione di dover scegliere tra la vita e lo stipendio, dall’altra il potere, forte di quel ricatto e deciso ad andare avanti senza curarsi di nessuno. il comitato cittadini lavoratori liberi e pensanti nasce per contrastare l’appartenenza di tanti lavoratori a questa vergognosa condizione, che permette ogni volta di contrastare chiunque si azzardi a contrastare il profitto, l’azienda mostra i muscoli con noi, come è successo giovedì, quando è stato detto bugiardamente che gli impianti erano già chiusi e che eravamo in libertà. Si negozia col ricatto del posto di lavoro, sulla nostra pelle e quella dei nostri figli. Erano tanti i lavoratori che avevano capito questa condizione, ma erano soli ed avevano da seguire, anche se a malincuore, l’unica corrente esistente, ovvero quella dell’azienda e del sindacato. Noi stiamo unendo questi lavoratori in un nuovo pensiero da seguire, abbiamo avuto il “coraggio” di spezzare le catene e ora pretendiamo che, con o senza Ilva, i lavoratori e la città di Taranto abbiano un ambiente salubre e un lavoro senza ricatti e oppressioni.

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