Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 7 dicembre 2013

Rifondazione: ultimo congresso?

Francesco Ricci
 
 
Si sta svolgendo (da venerdì 6 a domenica 8 dicembre) il Congresso nazionale di Rifondazione Comunista. Anticipiamo qui un articolo - scritto la settimana scorsa - e che sarà pubblicato sul numero in uscita di Progetto Comunista.
 
Essendomi stato chiesto di scrivere un articolo su "cosa si muove in Rifondazione ", potrei cavarmela con un titolo alla Remarque: "Niente di nuovo sul fronte occidentale". Ma se l'immobilità più assoluta è quanto si vede di Rifondazione nelle piazze e nelle (purtroppo ancora scarse) lotte in giro per il Paese, non altrettanto si può dire di quanto avviene all'interno di Rifondazione dove la lotta ferve attorno all'imminente Congresso.
 
Le quattro correnti in lotta in Rifondazione
Il IX Congresso nazionale si terrà a Perugia dal 6 all'8 dicembre.
Tre sono i documenti: quello della maggioranza guidata da Paolo Ferrero (l'ex ministro alla Solidarietà sociale nel secondo governo imperialista di Prodi), quello di Falcemartello e quello di un pezzo critico staccatosi dalla maggioranza. Ci sono poi gli emendamenti dell'area più consistente dopo quella di Ferrero, facente capo a Grassi.
Sono dunque quattro le correnti in lotta tra loro. Accomunate da un orizzonte riformista (o semi-riformista nel caso di Falcemartello) ma divise sulle prospettive di Rifondazione, per quanto tutte consapevoli che questo congresso potrebbe essere l'ultimo prima di un'ulteriore esplosione di quanto resta del partito o di un collasso per emorragia.
Il congresso si fa sul numero di iscritti del 2012: circa 30 mila. Un numero apparentemente ampio se non lo si comparasse con le cifre raggiunte fino a qualche anno fa da Rifondazione (oltre 150 mila) e se non fosse noto che non si tratta di attivisti: tanto che al congresso parteciperanno (non abbiamo ancora i numeri conclusivi mentre scriviamo) circa in diecimila. Di questi diecimila, secondo stime interne attendibili, al più un migliaio sono gli attivisti, cioè quelli che fanno una qualche attività periodica anche sporadica e un po' più della metà di mille coloro che fanno un'attività continuativa. Parliamo cioè di circa un ventesimo di quanto era Rifondazione prima dei disastri politici cui l'hanno condotta i vari Ferrero, Grassi.
 
Lo scontro tra Ferrero e Grassi e il terzo documento
Nei diversi documenti, compreso quello di Ferrero, che sta stravincendo nei congressi locali (al momento è al 75%, comprensivo però dei voti per gli emendamenti grassiani), i riferimenti al comunismo (e financo al marxismo) non mancano. Manca però una qualsiasi indicazione su quali saranno i prossimi passi di Rifondazione. L'intera discussione risulta come sospesa nel vuoto perché gli stessi dirigenti di tante sconfitte sembrano un po' storditi, come pugili costretti dai troppi colpi subiti nell'angolo del ring, in attesa che un clemente gong segni la fine dello scontro.
L'opzione più chiara appare quella indicata con gli emendamenti da Grassi (che ha dalla sua poco meno della metà della "maggioranza"): ricucire con Sel per essere riammessi in qualche modo nel centrosinistra. Spira forte, da queste parti, la nostalgia per la Rifondazione che aveva un qualche ruolo di governo. C'è la consapevolezza che quella stagione non tornerà ma anche la speranza che un qualche strapuntino per qualche dirigente ancora si possa trovare. Apparirà forse impietosa questa descrizione ma risulta difficile attribuire a Grassi progettualità più elevate. 
La terza mozione (inizialmente dovevano essere degli emendamenti al documento di Ferrero, ma il regolamento non consentiva in questo modo di "contarsi") cerca di raccogliere un legittimo e ampio scontento della base, anche se non propone nei fatti nulla di alternativo al vago orizzonte nebuloso di Ferrero (che è "ricostruire la sinistra d'alternativa") e sembra essere (nelle intenzioni implicite dei dirigenti che la promuovono) una manovra congressuale per guadagnare posti nel futuro gruppo dirigente. Il tutto è però condito con un linguaggio più radicale di quello di Ferrero: molti richiami alla "classe" peraltro mescolati con i richiami alla Costituzione borghese e a un non ben definito "comunismo novecentesco" che non esclude dalla foto di famiglia nemmeno lo stalinismo.
Certo è che la mozione "intermedia" sta limitando fortemente gli spazi dell'unica altra posizione, quella di Falcemartello, effettivamente distinta da quella di Ferrero e da quella di Grassi. La "terza mozione" è (a congressi in via di conclusione) attorno al 15%, quella di Falcemartello è solo al 10%.
 
Il semi-riformismo di Falcemartello
Il documento di Falcemartello ("Sinistra classe rivoluzione") critica con efficacia retorica la politica riformista che ha condotto Rifondazione nell'attuale vicolo cieco. Ma lo fa rivendicando le classiche posizioni centriste, cioè non rivoluzionarie e quindi non realmente anti-riformiste di Falcemartello. D'altra parte, Falcemartello ancora fino a poco tempo fa (poi è calato il silenzio sul tema) rivendicava la "opportunità" che Rifondazione a Napoli stesse nella maggioranza di governo di De Magistris per combattere "una battaglia egemonica", orientando questo presunto governo "neutro" in contrapposizione ai poteri forti. Teorizzare l'esistenza di governi "neutri" e "condizionabili" nel capitalismo non è poca cosa per un gruppo che si rivendica marxista e attacca la totale assenza del marxismo negli altri schieramenti interni di Rifondazione. In ogni caso. marxismo a parte, non è certo una posizione forte da cui attaccare il governismo della maggioranza.
In realtà Falcemartello sta con un piede in Rifondazione e uno fuori. Aspetta e spera che Landini si decida a formare un "partito del lavoro" che dovrebbe nascere (secondo loro) da una rottura di un settore della Cgil con il Pd. Consapevole che Rifondazione non durerà ancora a lungo, il gruppo dirigente di Falcemartello cerca un ambito più largo dove proseguire per i prossimi decenni la propria infinita attività "entrista" nelle organizzazioni considerate "naturali" del movimento operaio. In attesa degli eventi e proseguendo nel frattempo la propria comoda routine con qualche non sgradita postazione nell'apparato della Cgil.
 
Cremaschi aspetta
Attorno al congresso di Rifondazione volteggia inquieto Giorgio Cremaschi che, dopo essersi visto scippare da Ingroia alle ultime elezioni il ruolo di candidato unificante di tutta la sinistra riformista, ora prosegue con i suoi seminari di lancio di una nuova forza da presentare alle europee: Rossa, che farà la sua assemblea nazionale a metà dicembre. Ma l'unica possibilità che Rossa nasca come partito è la confluenza di almeno una parte dell'attuale maggioranza di Rifondazione e dunque una rottura di quest'ultima. Ad oggi, tuttavia, data la serie clamorosa di fiaschi collezionati nelle assemblee di presentazione da Rossa, nessuno sembra entusiasti di buttarsi in questo nuovo calderone riformista. E' più probabile allora, salvo precipitazioni immediate dello scontro interno di Rifondazione che potrebbero cambiare il quadro, che Rossa possa fungere da sigla elettorale per le europee, a copertura di un'area che va da Rifondazione agli stalinisti della Rete dei Comunisti (il gruppo dirigente occulto di Usb) passando per il gruppo di Turigliatto (ex Sinistra Critica). Ma questa è un'altra storia: anche se non più appassionante di quella fin qui raccontata.
 
La nostra proposta ai militanti di Rifondazione
Davanti a questo scenario miserevole, per parte nostra continueremo a rivolgerci ai militanti onesti di Rifondazione, a quelli che non hanno poltroncine da difendere o da guadagnare, perché si convincano che c'è bisogno di costruire un altro partito, rivoluzionario e internazionalista, e che per farlo bisogna in primo luogo rompere con i Ferrero, i Grassi, i Bellotti, ecc.
Il Pdac, come ripetiamo sempre, non ha la pretesa di essere il partito che manca: è però uno strumento importante in quella direzione, grazie alla battaglia controcorrente e all'accumulazione di quadri giovani, determinati e inseriti nelle lotte che abbiamo raccolto in questi anni attorno a un programma rivoluzionario, in stretta connessione con la costruzione, su scala internazionale della principale e più dinamica organizzazione rivoluzionaria oggi nel mondo, la Lit-Quarta Internazionale, che svolge un ruolo di prima fila o anche dirigente (si pensi al Brasile) nelle lotte in corso.
Diversi compagni provenienti da Rifondazione hanno deciso di entrare in queste settimane nel nostro partito; tanti altri hanno aperto con noi un confronto. Come Pdac siamo disponibili a confrontarci con singoli e con strutture locali di Rifondazione. Siamo convinti infatti che la discussione sulla costruzione di un partito rivoluzionario non sia cosa che riguardi solo noi ma tutti i lavoratori e i giovani che fanno militanza politica per cambiare il mondo.
 
(30 novembre)

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