Due giorni fa era l’11 settembre. Una data nefasta, anche di
parte. Al ricordo, imperialista, dell’attentato
alle torri gemelle , si contrappone il lugubre ricordo antimperialista
del golpe cileno. L’11 settembre ha segnato una pagina buia anche per il nostro territorio. In quella giornata del
1943, Frosinone subì il primo bombardamento alleato che provocò un centinaio di
vittime.
Ma, fatte le dovute proporzioni che si devono quando si è in presenza
eventi drammatici che hanno segnato la storia, l’11 settembre è anche un giorno triste per gli appassionati di
musica, di jazz, ed in particolare per i cultori del basso elettrico. Infatti
in questo giorno di settembre di trentanni fa (1987), Jaco Pastorius, ubriaco e strafatto, veniva malmenato dal buttafuori del Midnight
Bottle Club di Fort Lauderdale in Florida. La gravità dei traumi lo porterà
alla morte dopo dieci giorni di coma irreversibile. Una mancanza improvvisa che ha determinato uno
strappo drammatico nel panorama jazzistico, musicale, e non solo.
A soli 36 anni
se ne andava colui che era già una leggenda. Le cronache più scontate ci
rimandano la figura di un genio maledetto, imprigionato dentro una perversa dicotomia fra una
straordinaria creatività e una tossicodipendenza allucinante. La fama e il
successo si devono, per lo più, alla
militanza affianco di Wayne Shorter e Joe Zawinul nei Weather Report, dove
Pastorius, riscrisse la storia del basso elettrico, ed alla sua collaborazione
con Joni Mitchell.
L’immagine del suo Fender Jazz, liso ma corroborato dalle
vernici epossidiche delle barche per proteggerlo dall’umidità della Florida, con
i tasti cancellati da abbondanti passate di mastice, è entrata nella leggenda. Ma
Pastorios era molto più di uno strumentista
rivoluzionario tutto genio e sregolatezza.
Era un musicista e compositore solido,
la cui genialità si radicava saldamente nell’arcaica tradizione del basso a tuba.
Infatti, appena quindicenne, aveva iniziato a suonare in una banda di ottoni di
19 elementi la “Las Olas Brass”.
Le straordinarie e innovative sonorità del suo
Fender partono proprio dai colori
armonico-ritmici unici del basso a tuba. Per questo, oltre il genio dei Weather Report,
esiste un Pastorius straordinario arrangiatore e leader di grandi orchestre.
In questo contesto il suo basso usciva dalla dimensione esclusivamente ritmica
e armonica per entrare prepotentemente nell’universo melodico, al pari degli
ottoni e della ance.
La Word of Mouth big band, da lui diretta, è una straordinaria
testimonianza, pur nelle poche pubblicazioni discografiche, delle sue
eccellenti capacità di guidare, in modo assolutamente innovativo un grande
ensemble. E ancora stellari sono i
concerti della Big
Band costruita a suo nome con strumentisti del calibro di Randy Brecker (Tromba), Peter Erskine (Batteria),
Bobby Mintzer (Sax tenore, soprano, clarino basso) ma soprattutto con
David Bargeron al basso a tuba.
Dal jazz, al funky, dal rock alla big band, la rivoluzione targata
Pastorius ha cambiato nel fulmineo spazio di un ventennio scarso, non solo il
modo di suonare, ma anche quello di pensare una linea di basso. Ecco perché fra
le tante sciagure della storia occorse l’11
settembre, quella di Jaco Pastorius, è anch’essa, a suo modo, epocale. Infatti la scomparsa di un tale personaggio è realmente un “11
settembre” per tutto il mondo musicale e artistico creativo in genere.
Good Vibrations
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