Il documento di Anna Falcone e Tomaso Montanari rilancia con forza il percorso di
costruzione di un’alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza che era partito
con l’assemblea del Brancaccio. Abbiamo con convinzione aderito a quel percorso e
accolto positivamente l’idea di una lista che unificasse la sinistra sociale e politica e le
tante forme di civismo e partecipazione su un programma di attuazione della
Costituzione e di netta alternativa al PD le cui politiche da anni sono “indistinguibili da
quelle della destra”. Rinnoviamo dunque l’invito a tutte le compagne e i compagni del
PRC-SE a partecipare attivamente e a promuovere le assemblee in tutti i territori.
Condividiamo in particolare che sia “chiusa la stagione del centro-sinistra: perché
è giunto il tempo di rovesciare il tavolo delle diseguaglianze, non di venirci a patti”. Il
centro sinistra in questi anni, a livello italiano come europeo, è stato il protagonista
indiscusso dell’attuazione delle politiche liberiste: dai trattati di Maastricht fino al
Fiscal Compact passando per guerre e privatizzazioni. Queste politiche non solo hanno
favorito i ceti più ricchi e il grande capitale ma aumentato le diseguaglianze e
peggiorato nettamente le condizioni di vita e di lavoro delle giovani generazioni e di
larghi settori della popolazione. La precarietà dilagante e le decine di migliaia di
giovani emigranti sono la sintesi di queste politiche che il centrosinistra e il
centrodestra hanno prodotto e condiviso in questo paese. Il governo Monti, con il
pareggio di bilancio in Costituzione e la Legge Fornero, spicca come vero e proprio
monumento della contiguità di politiche economiche e sociali tra centrodestra e
centrosinistra.
Le politiche del centrosinistra però non hanno solo impoverito e reso più ingiusto il
nostro paese: hanno deluso speranze, desertificato i processi di partecipazione
democratica, svuotato di significato agli occhi di milioni di persone persino la parola
sinistra. Il ritornello secondo cui non c’è alternativa alle politiche europee,
all’austerità, alle privatizzazioni, alla massimizzazione della concorrenza ed al
peggioramento delle condizioni di vita, ha prodotto sconforto e impotenza, ha aperto
la strada alla guerra tra i poveri, al razzismo e alla xenofobia. Le leggi elettorali
incostituzionali, il tentativo di manomissione della Costituzione e poi lo scippo attuato
dal governo Gentiloni e dalla sua maggioranza parlamentare ai danni del popolo
italiano, a cui è stato impedito di pronunciarsi attraverso un referendum sui voucher
(ma in realtà sulla precarietà), esplicitano una volontà palese di impedire al popolo di
esercitare la propria sovranità.
Per questo “serve costruire la Sinistra che ancora non c’è” e “non ci basta più
difendere la Costituzione e lo Stato democratico di diritto, vogliamo attuarli e costruire
insieme un fronte politico e sociale alternativo al pensiero unico neoliberista e alle riforme dettate e imposte dal capitalismo finanziario a Parlamenti e governi deboli o
conniventi”, come scrivono Anna Falcone e Tomaso Montanari.
Per questo la sinistra che vogliamo costruire deve essere fondata su contenuti
chiari a partire dallo smantellamento delle misure liberiste che hanno devastato la
condizione di esistenza di milioni e milioni di persone.
Il No al fiscal compact, l’eliminazione del pareggio di bilancio dalla
Costituzione, la disobbedienza ai trattati europei che sono in palese contrasto
con l’attuazione dei principi e degli obiettivi della nostra Costituzione sono
elementi centrali e imprescindibili di un programma di alternativa che non sia
solo di enunciazione di buone intenzioni. Dentro la camicia di forza che i governi
italiani e l’UE hanno contribuito a determinare non è possibile una svolta.
Una lista di sinistra si costruisce intorno a un programma che sia effettivamente
di sinistra e che può raccogliere come negli altri paesi europei un grande consenso
popolare: la difesa dei diritti di chi lavora a partire dalla reintroduzione dell’articolo 18
e dall’abolizione del Jobs Act e della legge 30, la redistribuzione del reddito a partire
dall’aumento della tassazione sulle grandi ricchezze, la redistribuzione del lavoro a
partire dall’abolizione della legge Fornero e dal perseguimento di una drastica
riduzione di orario (32 ore settimanali), il rilancio della scuola pubblica a partire
dall’abrogazione della Buona Scuola e delle tante riforme che, con diverso segno
hanno impoverito il sistema scolastico nazionale e dallo stop al finanziamento delle
scuole private, lo stop ai tagli alla sanità e allo smantellamento della servizio sanitario
nazionale, il contrasto all’impoverimento crescente a partire dall’istituzione di un
reddito minimo garantito e dal rilancio del welfare, una politica per il diritto alla casa,
la salvaguardia dell’ambiente e dei beni comuni a partire dall’abrogazione dello
Sblocca Italia e dallo stop al consumo di suolo e alle grandi opere inutili come la Tav
in Val di Susa o il gasdotto Tap, la ri-pubblicizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici
in attuazione del referendum del 2011, il rilancio dell’intervento pubblico a partire da
un grande piano per il lavoro incentrato sulla messa in sicurezza del territorio, la
riconversione ambientale e sociale delle produzioni e dell’economia, lo stop e la messa
in discussione delle privatizzazioni di aziende strategiche o che forniscono servizi
universali, un impegno senza se e senza me contro la guerra e gli interventi militari
che nulla hanno di umanitario, ma perseguono un progetto imperialista e colonialista,
per il dimezzamento delle spese militari e la riconversione dell’industria bellica, contro
la permanenza di testate nucleari nel nostro territorio e per l’adesione dell’Italia al
Trattato sulla proibizione delle armi nucleari.
Tra i prodotti tossici del neoliberismo va evidenziato quello di aver trasformato, anche
nell’immaginario popolare, una guerra contro i poveri in una guerra fra poveri,
cercando nel migrante, nel richiedente asilo il capro espiatorio. Per una sinistra di
alternativa accogliere non si traduce in una semplice seppur necessaria etica
antirazzista. Il modello di società a cui dobbiamo tendere è quello che garantisca la
parità nell’accesso ai diritti fondamentali e lo smantellamento di ogni atto legislativo –
dalla Turco – Napolitano alle leggi Minniti Orlando, passando per la Bossi- Fini che
hanno prodotto apartheid e abbassamento generalizzato delle tutele per migranti e
autoctoni. La sinistra che vogliamo realizzare considera “nostra patria il mondo intero”
rigetta i dogmi della “Fortezza Europa” e aspira verso una società aperta e meticcia in
cui i diritti costituzionali, in primis la cittadinanza sostanziale, non siano vincolati da
reddito o provenienza ma considerino l’eguaglianza come fondamento e valore
comunemente condiviso. Razzismo e scontro fra ultimi e penultimi vengono giustificati e propagandati con il dogma liberista secondo cui non ci sono le risorse, si deve tirare
la cinghia e fare sacrifici. Si tratta di una pura e semplice menzogna: i soldi ci sono.
Basta prenderli dalle tasche di chi controlla la maggior parte delle risorse del paese,
ricchi italiani e multinazionali. Sarebbe sufficiente obbligare la BCE a finanziare con i
soldi nostri piani per il welfare e per l’occupazione e non solo le banche private. I soldi
ci sono e nostro nemico è chi è ricco non chi scappa dalle guerre. Va contrastato con
forza questo impianto ideologico con cui detengono il potere tanto le destre dichiarate
quanto quelle che, in nome della “sicurezza” ne copiano gli stessi slogan.
Da troppo tempo manca di visibilità, forza e credibilità un punto di vista che si
contrapponga al populismo reazionario e al neoliberismo pseudo-progressista.
Una sinistra che si batte per l’attuazione della Costituzione non contrappone diritti
civili e diritti sociali, si batte per l’uguaglianza e la libertà. Consideriamo fondamentale
la nuova ondata di mobilitazione delle donne e il suo caratterizzarsi sempre più per un
femminismo del 99% con un’agenda inclusiva – allo stesso tempo antirazzista, antiimperialista,
anti-eterosessista, anti-neoliberista – come definita nell’appello per la
giornata internazionale di sciopero dell’8 marzo 2017 e più in generale dal movimento
“non una di meno”. Libertà significa per noi anche la piena autodeterminazione delle
persone nel proprio orientamento sessuale, il rifiuto di ogni forma di omofobia e
transfobia, la piena affermazione del valore della laicità.
Tante esperienze europee, dalla Spagna alla Francia alla Grecia alla Gran Bretagna,
dimostrano che le posizioni di una sinistra radicale e in netta rottura con classi
dirigenti delegittimate possono conquistare consenso popolare, anzi che solo una
sinistra nuova e radicale può contrastare il diffondersi nei ceti popolari della destra
razzista e xenofoba che cresce proprio in conseguenza delle politiche neoliberiste
sostenute in Europa dai governi di centrodestra e centrosinistra. La sinistra si
ricostruisce mettendo in discussione non solo le scelte di Renzi ma quelle del
complesso del Partito Socialista Europeo e le politiche dominanti nell’Unione Europea
che hanno visto la condivisione di liberali, socialisti e popolari.
Non basta dunque invocare genericamente l’unità, bisogna avanzare una
proposta credibile ed effettivamente alternativa al PD che faccia delle elezioni un
passaggio verso la costruzione di una forza e di uno schieramento popolare che lavori
per un’alternativa di società: una sinistra antiliberista, antirazzista, antisessista,
democratica e ambientalista che si batta per l’attuazione della Costituzione. Non si
tratta dunque di fare una lista per ricostruire il centrosinistra ricontrattando con il PD
dopo le elezioni.
Parallelamente la sinistra che vogliamo costruire deve fondarsi su un percorso
democratico e partecipato che segnali la più netta discontinuità con la stagione del
centrosinistra di cui il PD renziano rappresenta solo la fase terminale. Se si ha
l’obiettivo di riportare al voto chi ha scelto l’astensione o chi deluso si è rivolto al M5S,
la sinistra non deve essere in alcun modo confusa con gli scampoli della fase
precedente e deve essere chiaro che non intende allearsi col PD né prima né
dopo le elezioni.
Serve un percorso basato sulla democrazia e la partecipazione, non un accordo
pattizio tra vertici politici. Serve un chiaro rinnovamento nella composizione delle
liste, con una forte presenza di chi è impegnato nella società e nei movimenti e la
scelta chiara che non siano candidati coloro che negli anni e nei decenni scorsi
hanno ricoperto responsabilità di governo nel vecchio centrosinistra. Dobbiamo costruire una lista di sinistra che costruisca l’oggi e il domani, non una lista
di reduci chiamati a giustificare gli errori – ingiustificabili – commessi negli ultimi
vent’anni e che hanno prodotto la situazione attuale. La sinistra che dobbiamo unire è
anzitutto quella che si espressa negli ultimi anni nei conflitti sociali, nelle lotte, nei
movimenti per la democrazia, i beni comuni, la giustizia sociale, la solidarietà e la
pace. Insomma c’è bisogno di una lista che rappresenti chi ha saputo dire NO.
Serve un codice etico e regole (a partire dalle retribuzioni) per elette/i che renda ben
chiara l’alterità della sinistra nei comportamenti concreti e una piattaforma radicale
per quanto riguarda la lotta alla corruzione.
Un programma radicale e un profilo di netta discontinuità col passato sono le
condizioni che possono determinare l’unità auspicata dall’assemblea del Brancaccio.
La Segreteria nazionale del Partito della Rifondazione Comunista
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