Dal prossimo 14 giugno rimpiangeremo le belle grigliate che
si fanno di solito quando gioca la nazionale ai mondiali. Disgraziatamente i leoni azzurri
si sono fatte pecore freddolose e hanno capitolato di fronte alla fredda
Svezia. Volendo trarre un bilancio su i mondiali di calcio a cui ho assistito nella mia vita, direi che è positivo. Due competizioni vinte (1982-2006) contro una mancata
partecipazione, quella di quest’anno. In
mezzo una serie di brutte figure alternate a qualche discreta prestazione.
La vittoria degli azzurri (a proposito,
quando si bandirà il colore azzurro dei Savoia dalla maglie delle nazionali?)
del 1982 è quella che mi piacerebbe condividere con chi avrà la bontà e la voglia di leggermi. Quella, per
noi marxisti romanisti, fu un trionfo
nazionalista, ma una sconfitta ideologica. Lo so quello che state pensando ” E
dalle co’ sta ideologia, ma è una fissa”. Ebbene si l’ideologia per noi marxisti-romanisti è un
valore da cui non possiamo prescindere. Ma vado meglio a spiegare.
Un ideologia collettiva di calcio
Quei
campionati del mondo, arrivavano dopo la rivoluzione tattica della Roma di Liedholm,
quella della zona, quella di Falcao, soprattutto quella che il 10 maggio del
1981, subì uno dei più clamorosi furti calcistici mai perpetrati nella storia
de football: l’annullamento del gol
regolare segnato da Turone alla Juventus,grazie al quale la
Signora riuscì a vincere il campionato rubandolo alla Roma.
Ma soprattutto prendeva corpo un conflitto ideologico, fra la concezione del calcio brasiliano e romanista , il cui profeta era Paulo Roberto Falcao, e l’idea del calcio sparagnino e speculativo italiano, incarnato dalla Juve trapattoniana. Ad una squadra che giocava un football propositivo, fatto di passaggi, triangolazioni, continua ricerca del gioco d’attacco, grazie alle geometrie sviluppate da campioni come Falcao, Bruno Conti, Carlo Ancelotti, Agostino Di Bartolomei, e alle straordinarie finalizzazioni di bomber Pruzzo, rispondeva la filosofia speculativa della Juventus del Trap, una squadra arcigna, basata sulla solidità difensiva, con randellatori del calibro di Furino, Gentile, Brio , ma anche con difensori dell’abilità di Cabrini e Scirea.
Insomma la Roma proponeva un’immagine creativa (allora si era appena usciti da un’era in cui si auspicava la creatività al potere, o qualcosa del genere) che si contrapponeva ad un’idea di calcio, tipicamente democristiana, sparagnina il cui successo derivava dai giochi di palazzo, così come il successo bianconero scaturiva dai giochi “CON IL PALAZZO”. Questo fu il leit motiv che accompagnò anche la stagione successiva, quella propedeutica ai mondiali. Nel campionato 81/82 la Juve scippò alla Fiorentina lo scudetto, e la Roma arrivò terza.
Dal campionato alle nazionali
Quella stessa filosofia si trasferì nelle squadre nazionali che parteciparono ai mondiali dell’’82. Da un lato il Brasile stellare di Falcao, dall’altro la Nazionale Italiana difensivista di Gentile e Scirea. Inutile dire che noi marxisti-romanisti, nonostante Bruninho de Oro, alias Bruno Conti, giocasse nella formazione di Bearzot stavamo tutta la vita con Falcao, anche perché, nell’ottica dell’internazionalismo comunista non necessariamente si doveva tifare per la propria nazionale, anzi questo era terribilmente borghese.
Le partite dei gironi non fecero che confermare la nostra passione per la creatività ed il divertimento. Mentre l’Italia passava il turno per il rotto della cuffia non vincendo nemmeno una partita, finendo a pari punti con il Camerun escluso per differenza reti , con l’unico lampo, per noi marxisti-romanisti dello straordinario gol di Bruno Conti al Perù, il Brasile passeggiava sul velluto chiudendo a punteggio pieno il suo girone, rifilando due gol all’Urss quattro alla Scozia e quattro alla Nuova Zelanda. Mi ricordo il tono di sufficienza e compassione con cui assistevamo alla partite dell’Italia, spesso guardati male da chi stava vicino a noi. Assistemmo al match con il Perù ospiti dai alcune amiche che momenti ci cacciavano. Ci salvò l’esultanza per il gol di Conti considerato uno straniero “creativo” in Patria.
Uno squallido passaggio del turno e la rinascita
Dopo la prima fase nel team brazilero era tutto un tripudio di canti e balli, la squadra italiana invece era in silenzio stampa sommersa dalle critiche e dalla certezza che, oltre quella risicata qualificazione, non si sarebbe andati . Infatti ci saremmo giocati il passaggio alle semifinali incontrando, in un terribile gironcino a tre , l'Argentina, ma soprattutto il Brasile. Seguimmo la partita con l’Argentina al Nestor, davanti al maxi schermo, credo fosse una delle prime volte che si tentava l’esperimento di trasmettere le partite al cinema. Inaspettatamente l’Italia vinse, grazie ad una partita tutta cuore, e a Gentile che seviziò Maradona dal primo all’ultimo minuto. Tardelli e Cabrini segnarono i due gol azzurri contro l’unica rete Argentina di Passarella. Nella bolgia del Nestor in tripudio, la nostra valutazione fu lapidaria. Ecco, la vittoria dell’Italietta ottenuta con le solite randellate e i soliti mezzucci propri della filosofia juventina, Juventus che per altro costituiva l’ossatura della squadra. Prima della partita con i verde oro assistemmo all’ennesima passeggiata di Falcao e compagni contro la stessa Argentina schiantata per 1 a 3 Zico, Serginho, e Junior gli autori dei gol brazileri.
Italia - Brasile
Quel 5 luglio del 1982 decidemmo di assistere al trionfo della filosofia creativa brazilera, contro i mezzucci italiani a casa mia, io e l’altro amico marxista-romanista. Ne avevamo abbastanza degli scomposti festeggiamenti della gente italica esaltata da prestazioni tutto cuore , mazzate e niente spettacolo. Quella sottile soddisfazione di veder trionfare la propria ideologia doveva essere vissuta intensamente e solo fra fini estimatori del calcio moderno . Per altro al Brasile era sufficiente il pareggio per passare. Ma la partita prende una strana piega. Gli esteti brasiliani cominciano a scambiarsi palla sulla propria tre quarti, mentre gli italiani prendono a correre come forsennati , a rubare palloni su palloni, e a ripartire con efficacia. Conti recupera palla sulla sua fascia, si accentra, inaspettatamente libero, calibra un passaggio per Cabrini, che mette in mezzo e Rossi (già proprio lui l’improbo del calcio scommesse), tutto solo -le diagonali difensive non erano nelle corde del Brasile - fa uno a zero.
Tranquilli non c’è problema, vedi che fine fa l’Italia quando questi inizieranno a giocare. Ed infatti i verde oro cominciano a far vedere il loro calcio, dopo qualche occasione sprecata, ci pensa Zoff a scansarsi dal primo palo consentendo a Socrates di pareggiare. Ah ecco mi pareva! Vedi è stato un fuoco di paglia. Ma chi di topica ferisce di topica perisce. Il futuro romanista Cerezo ciccando un pallone che doveva essere per Junior pensa bene di mettere Rossi solo davanti alla porta. E’ due a uno. Qualche dubbio sula filosofia del calcio propositivo comincia ad affiorare. D’accordo sulla bellezza degli schemi d’attacco, però ogni tanto qualcuno in difesa deve rimanere un po’ sveglio soprattutto quando la squadra è in fase di uscita. Una certa delusione inizia a pervaderci.
Dopo che, come al solito, Gentile si porta a casa un pezzo della maglia di un avversario , in questo caso Zico in piena area di rigore, non visto dall’arbitro, ci pensa lui, Paulo Roberto Falcao, l’ottavo Re di Roma prima di Totti. Con un passo di danza il numero 5 romanista manda a spasso tutta la difesa italiana e le metta alle spalle di Zoff. Un gol fantastico! Era quello che aspettavamo saltiamo dalla sedia gridando goool gooool forza Roma! grande Falcao!
Credevamo fosse la nemesi, ma ci sbagliavamo. Su corner di Conti un tiro maldestro di Tardelli diventa un assist per Rossi solo davanti alla porta praticamente vuota. Scaraventare la palla in rete è un gioco da ragazzi. Ma è troppo solo! È in fuorigioco! Sembra. Perché Junior, o Socrates non mi ricordo fa la bella statuina vicino alla linea di porta disturbando il suo portiere ed evitando di mettere in fuori gioco gli attaccanti italici.
La resa
Il resto è storia. Dopo un gol di Antognoni annullato per un fuorigioco inesistente, Zoff diventa un mostro ed inchioda sulla linea un colpo di testa di Paulo Isidoro che sembrava destinato in rete. E’ finita. L’Italietta dei sotterfugi delle randellate, della difesa ad oltranza ha vinto. La grigia arte di arrangiarsi italiana aveva trionfato sul colorato calcio spettacolo brasiliano, per altro meritatamente .
Scendemmo in strada un po’ mesti a vedere i caroselli e la gente intorno a noi non capiva perché non fossimo proprio tanto felici. Stavamo elaborando il lutto della perdita di un’ideologia calcistica che per noi era la guida, fu un po’ come quando capimmo che avevamo perso la lotta di classe.
Contrordine compagni si torna a tifare Italia
Masi sa il calcio è strano è passione pura. Così il giorno dopo tornammo borghesemente a fare un tifo sfegatato per l’Italia. La Polonia battuta due a zero in semifinale, la Germania sconfitta, l’urlo di Tardelli, il gol di Altobelli che sembrava non volesse mai entrare, e poi il Presidente Pertini, il Presidente Partigiano esultante come un bambino ai gol segnati contro la squadra degli invasori tedeschi, sono diventati i frame di un film bellissimo.
Dopo la finale andammo anche noi in strada a festeggiare la vittoria dell’Italietta dei sotterfugi e delle randellate che in quel frangente era diventata la squadra più forte del mondo.
Ma la nostra ideologia calcistica risorse l’anno dopo, quando la Roma di Liedholm, Falcao, Ancelotti, Di Bartolomei, Pruzzo , del campione del mondo Bruno Conti vinse il campionato. I festeggiamenti durarono molto più che una notte, andarono avanti per tutta l’estate.
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