E’ da un po’ di tempo che non ci occupiamo delle vicende riguardanti la ribollente assise consiliare del Capoluogo. Ma il recente
contenzioso fra il consigliere di opposizione Stefano Pizzutelli, esponente
della lista civica “Frosinone in Comune” e il sindaco Nicola Ottaviani, ci
costringe a tornare sul luogo del delitto.
Riassumendo i fatti: Stefano Pizzutelli, nell’analizzare le procedure comunali per l’edificazione del Parco del Matusa si è reso conto che l’operazione di assegnazione dei lavori si strutturava su affidamenti per incarichi inferiori a 40 mila
euro, soglia al di sotto della quale non è necessaria una gara di appalto
pubblica per selezionare le ditte
incaricate. Il costo totale della nuova oasi ottavianea è di complessivi 113.000 euro. Senza contare i
38 mila euro spesi per dei tabelloni elettrici in cui si doveva evidenziare il count down
temporale per la realizzazione del parco. Cronografi che da più di un anno segnano lo zero, quindi il completamento dell’opera. Ciò in
totale contrasto con la realtà che vede
il progetto lungi dell’essere realizzato.
Lo spezzettamento degli appalti secondo una quantificazione economica tale per cui essi vengono assegnati in affidamento diretto,
è una prassi consolidata per il sindaco
Ottaviani. Gli ex addetti della
Multiservizi conoscono bene questa pratica. Infatti, dopo essere stati
licenziati dall’azzeccagarbugli frusinate, a seguito della liquidazione della
società, valore 990 mila euro, hanno visto smembrata la loro azienda in piccole
particelle appaltanti la cui valorizzazione dell’ incarico era appena sotto la
soglia necessaria all’indizione di una gara
pubblica .
Sul perché un sindaco preferisca l’affidamento diretto,
piuttosto che una gara pubblica, non mi
pronuncio, anche se ne capisco fin troppo bene le ragioni. Lascio al lettore la risposta. Intendiamoci,
questa non è una procedura illegale, è discutibile, sicuramente non trasparente, induce al sospetto di qualche ipotizzabile magheggio, inserita com’è in quella diffusa zona grigia normativa, in cui un abile azzeccagarbugli può grufolare per
alimentare i suoi interessi e quelli dei suoi sodali senza incorrere in guai
giudiziari. Figuriamoci se uno come
Nicola Ottaviani, abile penalista, aduso a difendere la peggiore feccia
delinquenziale, non sia in grado di
navigare in tali acque limacciose e melmose.
Ma non è questa, secondo me
l’eclatanza che emerge dall’affaire Pizzutelli-Ottaviani. La risposta dell’amministrazione frusinate all’ esposto ,che il consigliere di Frosinone
in Comune ha inoltrato alla Procura della Repubblica sulle procedure di
affidamento dei lavori per il Parco del
Matusa, non è stata sostanziata nel
merito con la dovuta chiarezza. Ha visto, in primis, l’insulto, poi dileggio verso l’incauto oppositore , quindi
una denuncia per diffamazione ai danni
dello stesso malcapitato consigliere.
La
novità di questo atteggiamento è che tutto ciò non è una novità. La gestione privatistica e padronale di Ottaviani, prevede che chiunque osi opporsi
al suo diritto di proprietà sul Capoluogo, o è un buffone o un avanzo di galera . Tale prassi è stata ampiamente esercitata sin dal primo
giorno d’insediamento del sindaco già a
partire dalla prima consiliatura.
Ad esempio ricordiamo gli sberleffi rivolti ai cittadini a cui, nel corso di un consiglio comunale, prima furono sequestrati cartelli di protesta, poi presi in giro, costretti a vedere sindaco
e consiglieri sbandierargli in faccia cartello con scritto:” Terme Romane gli altri le abbelano noi le ripariamo”. La vicenda
riguardava la delibera che, in ambito di edilizia contratta, concedeva un terreno dall’alto valore archeologico ad un
costruttore privato per l’edificazione di un mostruoso complesso edilizio. Chi partecipò a quel consiglio comunale comunque
potrebbe ritornare in comune con un altro cartello “Disabbelate la delibera 26”
il documento approvato dal comune in quell’assise, non fu mai
pubblicato sull’albo pretorio, forse non fu mai scritto. Tanto è vero che anche grazie l’impegno di
cittadini e associazioni quel mostro non è stato mai costruito.
Questo modo di fare, che oppone - a
contestazioni legittime sulla
trasparenza , sull’utilizzo dei fondi pubblici per fare PROPAGANDA - l’insulto o la minaccia di denuncia, offre la
cifra politica insignificante del sindaco, abituato a comandare e non ad amministrare . Forse sarebbe il caso da parte delle
opposizioni, e dei cittadini – quelli non
cooptati per una compagna elettorale
trasformata in un enorme casting di
reclutamento per servili collettori di
voti familistici - denunciare con forza,
tutti uniti, questo modo di fare.
Bisogna ricordare al
sindaco che il tempo dei podestà appartiene ad un epoca
passata, morta e sepolta sotto i colpi
dei partigiani. Ma bisognerebbe
ricordare a coloro i quali hanno eletto
per il secondo mandato Ottaviani, la loro essenza istituzionale di cittadini,
non di sudditi.
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