Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

domenica 11 agosto 2019

La Pannochia è Blues ma nel Sacco scorre muddy water

Luciano Granieri




Venerdì scorso 9 agosto, ho avuto il piacere di intervenire come relatore all’evento“La Pannocchia è blues” tenutosi  a Serrone. L’idea di coniugare momenti  artistici e di svago con il confronto su temi di vitale importanza come la salvaguardia dell’ambiente, in un territorio come il nostro devastato dall’inquinamento, è  stata assolutamente appropriata ed opportuna . Un  plauso ed un ringraziamento per i ragazzi del “RESTA” (Resistenza territoriale attiva) di Serrone  per aver organizzato una riuscitissima manifestazione. Dopo aver convocato esperti e soggetti attivi nelle associazioni, nei movimenti e, nei sindacati  impegnati da tempo nell’annosa questione  dell’inquinamento della Valle del Sacco,  per un confronto informativo con i cittadini sul tema, l’attenzione si è spostata sulla pannocchia - ottima abbondante e sapientemente abbrustolita accompagnata da altre leccornie locali - per poi terminare con il blues . Sulle note dei brani dei Led Zeppelin, Z.Z. Top, Rolling Stones, Muddy Waters, Robert  Johnson, Chuk  Berry, e altre  leggende del Rock e del Blues, suonate con impegno,  valenza  e passione dai ragazzi di Jackie Brown,  Willie Dixit  e Skardellas,   si è conclusa una serata estremamente piacevole, nel ringraziare ancora una volta i ragazzi di RESTA, pubblico di seguito il testo del mio intervento.

I veleni del profitto

Premessa

Prima di affrontare specificatamente i molteplici aspetti sull’inquinamento della Valle del Sacco, vorrei fare una premessa. Vorrei definire il quadro entro cui inevitabilmente va inserita tutta la vicenda del degrado ambientale che vive il nostro territorio. A partire dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso si è assistito ad un processo di reazione del capitalismo, allora  espropriato dell’abuso di fare profitto sulla pelle della comunità. Abuso depotenziato   grazie al grande dispiegamento di lotte sociali sopravvenute fra la fine degli anni ’60 e tutto il decennio dei  ’70 che rese  possibile, finalmente, la piena attuazione dei principi  costituzionali di solidarietà,  consentendo il pieno sviluppo della persona umana. La controffensiva capitalistica fu organizzata e spietata. Il potere delle multinazionali riprese a dispiegarsi incontrastato cooptando le organizzazioni politiche, tanto da arrivare a controllarle e a fare in modo che esse operassero ad esclusiva tutela dell’accumulazione finanziaria . Oggi l’operazione sembra quasi giunta al  termine. Quando perfino la salute  dei cittadini viene sacrificata sull’altare del profitto vuol dire che il processo è quasi compiuto.  L’attività predatoria ultra liberista  ha preso di mira, in particolare,  la  gestione dei servizi indispensabili alla persona umana. Salvaguardia della salute, gestione dei servizi idrici ed energetici, smaltimento dei rifiuti . A questa dinamica si aggiunge un preciso programma di sottrazione di beni pubblici artistici e demaniali   tolti alla disponibilità della collettività per diventare patrimoni di grandi trust privati e oggetto di speculazione fondiaria  ed immobiliare. Tutto ciò grazie alla tirannia, alimentata  artatamente, del debito eccessivo che costringe gli enti locali a svendere i propri gioielli di famiglia.

Fatta questa, secondo me doverosa premessa, proviamo ad analizzare brevemente ma in modo organico le dinamiche della devastazione della Valle del Sacco

Consumo di suolo:
Partirei dal consumo di suolo: Questo s’identifica come concentrazione  di insediamenti abitativi ,  di attività industriali  e produttive in aree definite, ad esempio le città. Nel rapporto Ispra per il 2017 la percentuale di consumo di suolo registrata nella provincia di Frosinone e del bacino Liri-Garigliano è in media del 19% .La media  delle aera  ricadente nello stesso ambito   dell’Autorità di Bacino Distrettuale  dell’Appennino Meridionale, cioè del Volturno, è del 6%. Meno di un terzo . Ciò è dovuto all’abnorme utilizzo da parte dei comuni del territorio, in particolare Frosinone dell’Urbanistica Contrattata. Con la cancellazione dell’obbligo di predisporre piani di urbanistica pubblica, e l’impossibilità d’investire in opere pubbliche, prassi rigorosamente vietata dal patto di stabilità interna,  un Comune per  sistemare una piazza, una strada , deve affidarsi ai privati attraverso l’Urbanistica Contrattata, ossia  per soddisfare le mire della speculazione fondiaria si cedono ad imprese private pronte a  realizzare palazzoni, e lottizzazioni, pezzi di città, luoghi sottratti alla fruibilità comune, in cambio essi metteranno a posto la piazza, o la strada a loro spese. Questo sistema ha incentivato un’urbanizzazione selvaggia  responsabile della scomparsa di spazi aperti, spazi verdi. Le conseguenze sono state e  sono devastanti dal punto di vista dell’inquinamento urbano. Superfici permeabili sono state rese impermeabili da colate di cemento. Ciò ha prodotto l’aumento  della velocità di scorrimento delle acque, l’annullamento dell’effetto filtro  del terreno  sugli inquinanti che si riversano direttamente   nei corsi d’acqua . Inoltre l’urbanizzazione   incontrollata, determina ulteriori pressioni ambientali  in termini di eccessivi scarichi nocivi nei corpi idrici  ed emissioni atmosferiche  di sostanze tossiche per l’uomo.  Non è un caso che l’inquinamento da polveri sottili sia elevatissimo per gran parte dei Comuni che insistono nel Sin, Frosinone e Ceccano su tutti .

Depurazione Urbana
Sempre rimanendo nelle città  bisogna rilevare la totale inefficienza degli impianti di depurazione delle acque reflue.  Nella Provincia di  Frosinone sono 58. Tutti sono poco, o per nulla, funzionati . Nel  piano di gestione dell’ Autorità di Bacino dell’Appennino Meridionale si rileva che lo stato pessimo del fiume in termini sostanze tossiche presente nell’asta fluviale  è dovuto all’insufficiente  trattamento delle acque reflue. E’ noto come i depuratori siano gestiti da Acea, multi utility privata dell’erogazione idrica ,energetica e di altri servizi. Nel 2018 Acea  ha distribuito ai propri azionisti dividendi  milionari, forse sarebbe stato meglio togliere un po’ di soldi in saccoccia agli azionisti ed utilizzarli per ripristinare i depuratori oltre che ammodernare una rete idrica obsoleta. Ma come detto gli interessi del profitto sono inattaccabili. Pazienza se gli scarichi urbani finiscono direttamente nel Sacco!



Depurazione Industriale
Il Problema della mancata depurazione delle acque diventa ancora più grave se si considerano i reflui industriali. La vicenda del depuratore di Anagni è sintomatica: Questo mega impianto  regionale costato 20 milioni di euro non ha mai funzionato. Doveva servire per la depurazione dei reflui provenienti dalle aziende del distretto Asi,ma non ha mai funzionato, anzi   nel corso degli anni la struttura ha subito furti e danneggiamenti. Finalmente nel 2013 la Regione cede la gestione dell’impianto al consorzio Asi senza  però che nulla cambiasse. Tutto ciò nonostante sia  emersa sin dal 2015 la sussistenza di 88 scarichi industriali, con 17 milioni di metri cubi di acque non trattate sversate direttamente nel Sacco.  A oggi  la struttura non è ancora funzionante. A mio giudizio  la ragione vera perchè questa non  è mai entrata in funzione risiede nel fatto che ogni azienda per conferire i reflui nel depuratore dovrebbe pre-depurare le acque, procedura che costa soldi, intacca i profitti, diminuisce i dividendi azionari, per cui meglio sversare direttamente nel Sacco e al diavolo la salute dei cittadini. Recentemente è emerso che la schiuma che ha infestato il Sacco nel  dicembre scorso, non è stata causata da un incauto lavagista,  fandonia a cui molti  amministratori locali, hanno creduto e hanno fatto credere ai cittadini ,  ma da uno scarico industriale non depurato. 

Aziende sotto la direttiva Seveso
Per rimanere alle attività industriali, rimarchiamo il fatto che molte, troppe, aziende altamente inquinanti insistono nel nostro territorio. Attività così potenzialmente nocive da dover rispettare  la Direttiva Seveso, un insieme  protocolli di sicurezza da mettere in atto molto  costosi.  Infatti  alcune aziende hanno dei procedimenti penali in corso, proprio perchè accusate di non rispettare la direttiva Seveso, e se ciò non bastasse, non esiste un censimento delle fabbriche qualificate RIR (Rischio incidente rilevante). A questo dovrebbero provvedere, in collaborazione fra loro, Regione, Provincia e Comuni.  Ad oggi nulla è dato sapere, vedi mai che si dovesse intaccare il profitto di una compagnia fuori norma, che magari ha promesso di finanziare qualche campagna elettorale!

Rifiuti
Altro capitolo i rifiuti: Nel 2015 l’Unione Europea  ha comminato al nostro Paese   sanzioni per 218 infrazioni in materia di discariche abusive . 32 sono nel Lazio, 27 nella Provincia di Frosinone. Interessano 85 comuni sui  91 della Provincia . In base all’ultimo rapporto ISPRA,  alcuni residui di metalli nel fiume Sacco non possono che derivare da rifiuti nocivi interrati ad oggi non ancora localizzati. Un discorso particolare riguarda la discarica di Via Le Lame  nella zona industriale di Frosinone. Una superficie di 4 ettari  con 650.000 metri cubi di rifiuti. La bonifica di questo sito si è già mangiata 8 milioni di euro. Nonostante ciò ne è stato ordinato il sequestro perché a seguito di un’ispezione dell’Arpa si è rilevato che  la discarica ancora produce inquinamento da percolato e che lo stesso percolato è inquinato da metalli pesanti. La recente vicenda dell’incendio della fabbrica di stoccaggio, smaltimento e trattamento rifiuti, della Mecoris a Frosinone può essere indicativa di ciò che solitamente  accade ad impianti simili: Analizzando la determina autorizzativa provinciale in base alla quale è stato concesso alla Mecoris di operare, risulta che la quantità di rifiuti dichiarata  da stoccare  annualmente, 2890 ton, è appena al di sotto del limite,  superato il quale, per essere autorizzata  è necessaria una Valutazione d’Impatto Ambientale da Parte della Regione una procedura troppo lunga e non priva d’incertezze. Considerando però il  monte rifiuti che viene trattato, fra smaltimento e trattamento , 30.000  tonnellate, lo stoccaggio dichiarato sembra essere basso. Poi come avviene spesso  per  aziende simili alla Mecoris, quando i rifiuti ammassati superano e di molto il limite autorizzato si sviluppa un incendio che avvelena tutta la zona circostante e provoca danni alla salute dei cittadini.  Alle conferenze dei servizi indette dalla Provincia per dare seguito all’autorizzazione, Asl e Comune di Frosinone, pur invitate,  non si sono presentati, esercitando la prerogativa del  silenzio assenso. Eppure stavano autorizzando un impianto che trattava ben 57 tipologie di rifiuti pericolosi con limiti di stoccaggio, come visto, poco  coerenti . Il sindaco di Frosinone, in qualità di responsabile della tutela della  salute dei cittadini, come sancito nel TUEL, avrebbe dovuto inviare un proprio tecnico alla conferenza dei servizi , perché la questione va oltre le autorizzazione urbanistiche e di servizio, competenza unica dell’ente in questo frangente, ma  riguarda direttamente la salute dei cittadini tema di diretta responsabilità del sindaco stesso .  Sarà un caso che il Primo Cittadinio  di Frosinone, esercitando la sua professione di avvocato, difende proprio la Mecoris in un procedimento in cui la stessa è accusata di conferimento illecito presso la discarica di Colle Fagiolara di Colleferro?     Al problema  rifiuti la Regione Lazio sta provando a dare soluzione con l’adozione del  piano rifiuti, deciso con un colpevole ritardo di due anni . La pianificazione, però, al di là degli aspetti organizzativi, con la determinazione degli Ato , l’autosufficienza degli stessi nella gestione del ciclo dei rifiuti, e l’obbiettivo di raggiungere il 70% di raccolta differenziata entro il 2025, a mio giudizio,  non risolve la questione. Quella della mancanza di impianti di servizio, di stoccaggio, i quali non potranno essere a carico degli enti locali, impossibilitati a causa del patto di stabilità interna a spendere neanche un centesimo, ma dovranno essere costruiti e gestiti da enti privati, ai quali come più volte sottolineato interessa il profitto e non la salute dei cittadini.

Situazione sanitaria
Ed è proprio la tutela della salute  l’ultima ma non meno importante questione della crisi ambientale della Valle del Sacco. Considerando l’area Sin, si rileva che da Falvaterra fino a Colleferro, ossia l’area centro-nord della Provincia, esiste un solo Ospedale ,il Fabrizio Spaziani di Frosinone, per il resto parliamo di presidi sanitari, ambulatori, case della salute. Tutta la prevenzione, l’attività diagnostica e riabilitativa è in mano ai privati,  nonostante il nuovo modello di politica sanitaria  europea denominato Health 2020, stipulato dai 53 paese facenti parte della Regione Europea dell’OMS,    sancisca che il  sistema  sanitario pubblico  deve potenziarsi in zone ad alto tasso d’inquinamento   per curare più efficacemente  le patologie derivanti dalla crisi ambientale.



Proposte
In conclusione. Per la bonifica del Sin sono stati stanziati 53 milioni di euro, ma è assolutamente inutile avviare una bonifica se prima non si annullano le fonti d’inquinamento. Il che significa, costringere Acea a sistemare i depuratori urbani rinunciando a qualche dividendo in più. Vuol dire fare in modo che i Comuni non siano costretti, per rispettare il patto di stabilità interna, a cedere alla speculazione immobiliare la pianificazione urbanistica che non sarà certo rispettosa delle esigenze collettive  e della tutela del territorio. Anzi liberando i Comuni dal giogo di un debito - che hanno contribuito a provocare solo in minima parte - questi potrebbero disporre di  risorse per finanziare corpose campagne di modernizzazione degli impianti di riscaldamento, concedendo contributi, veramente significativi ai cittadini  -non l’attuale elemosina -per l’adozione di sistemi  ad emissione zero.  E' necessario chiudere quelle aziende la cui attività incontrollata produce inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo e riqualificarle verso produzioni green. Imporre una moratoria sull’apertura di attività che abbiano anche solo il minimo rischio di provocare inquinamento. Pianificare una politica industriale che favorisca l’adozione d’impianti per il trattamento a freddo e il riciclo completo dei rifiuti, tale da eliminare totalmente discariche e attività dal rischio d’inquinamento elevatissimo. Per fare questo però è necessario che tutta la materia torni in mano pubblica. Non può, per sua indole naturale, la voracità privata essere rispettosa dei diritti dei cittadini. Dunque che si espropriano senza indennizzo quelle fabbriche che inquinano e si provveda a riqualificarle verso attività non inquinanti sotto il controllo dello Stato o ancora meglio dei lavoratori. Si liberino gli enti locali dal giogo del debito, non creato dai cittadini ma dalla speculazione finanziaria, in modo che essi possano fare politiche a favore della collettività, in primis per  la tutela dell’ambiente. Ci si batta per sottrarre alle mire del profitto privato il servizio sanitario. La gestione del territorio, delle sue risorse, dei servizi necessari alla  sopravvivenza, tutela della salute, controllo del ciclo dei rifiuti e della risorsa idrica deve tornare di competenza pubblica , ancora meglio se attraverso  sistemi di gestione partecipata che coinvolgano anche i cittadini. E’ un programma sovversivo? No è l’applicazione della Costituzione, che pur consentendo  l’attività privata, la vincola all’utilità sociale e vieta ad essa di recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana  (Art 41.) Consente poi (Art.43) di espropriare le aziende che non rispettano tali prescrizioni per porle sotto il controllo dei lavoratori.  Non ci sono i soldi?  Non è vero. Se si adottasse un programma di fiscalità progressiva, anch’essa prevista dalla Costituzione,  per  cui chi più ha più paga,  se si mettesse in campo una seria lotta all’evasione le risorse si troverebbero. Ma se ancora non bastasse, si dovrebbe riportare la Cassa Depositi e Prestiti, oggi di fatto governata  da fondazioni di banche private ed erogatrice di prestiti a tassi e condizioni  di mercato , alla sua funzione principale di banca pubblica d’investimenti . Il cui scopo è  finanziare, attraverso prestiti agevolati e lungo termine,  le attività di utilità pubblica degli  enti locali come programmi di riqualificazione ambientale e progetti pubblici di green economy.

Conclusioni
Tutto questo processo dovrebbe coinvolgere in una pianificazione inclusiva  e propositiva  le istituzioni a vari livelli (Regione, Provincia e Comuni) e  i cittadini. E’ stato disarmante assistere a seguito dell’incidente  della Mecoris, al patetico scarico di responsabilità fra Regione, Provincia e Comune.  Se tutto ciò che attiene alla salute ed al benessere dei cittadini, non ritorna ad essere controllato  dei cittadini e dalle istituzioni che li rappresentano, continueremo a morire di profitto e la Valle del Sacco non fa eccezione.






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