Domenica scorsa 27 ottobre 2019 si è svolto presso Piazza
Garibaldi l’incontro dibattito "Giornata per la Vita Terre Avvelenate”. Un evento, organizzato dall’associazione
“Spazio Arte Rigenesi” di Fabiana Fattori e Riccardo Spaziani, in si è ragionato sul degrado della Valle del Sacco e della città di Frosinone in particolare. Oltre
ai relatori, appartenenti ad associazioni che si occupano delle problematiche
socio-ambientali del territorio, hanno fornito il loro decisivo, dissacrante e ironico
contributo gli attori del teatro di strada Guglielmo Bartoli, Milena
Frantellizzi, e il giovane maestro di giocoleria Elia Bartoli. A tutti loro va
un grande ringraziamento, perché il grave problema dell’inquinamento nel nostro
territorio va affrontato in modo sistematico. Svegliarsi solo quando va a fuoco un’azienda di
stoccaggio e smaltimento rifiuti, o quando compare la schiuma nel fiume Sacco o
in concomitanza di mefitici miasmi
provenienti dalle discariche, per poi dimenticarsi del problema è riduttivo e
nocivo . Di seguito il contenuto del mio intervento al dibattito al
quale ho avuto l’onore di partecipare grazie all’invito di Riccardo e Fabiana che ringrazio ancora.
L'attrice Milena Frantellizzi (alias Marianicola) insieme al moderatore Francesco Notarcola |
La piaga della Valle
del Sacco, il degrado globale della
nostra provincia, in termini d’inquinamento, tutela della salute, qualità della
vita puntualmente, condannano il nostro territorio ad occupare i primi posti fra i luoghi in
cui si vive peggio. Periodicamente il tema assurge all’onore delle cronache a
seguito di qualche evento particolare, poi si ritorna nel limbo. C’è l’incendio
della Mecoris? Per un po’ di tempo
si parla delle emissioni nocive nell’aria della nostra città, poi tutto passa
in cavalleria. Compare la schiuma nel
fiume Sacco? S’intensificano le ricerche dell’untore della acque per non
vedere che l’inquinamento dell’asta fluviale è cronico, sedimentato nel tempo,
e non basta perseguire, per quanto sia
giusto, il lavagista che ha sversato sapone nell’acqua per risolvere il
problema. Arrivano i rifiuti da Roma, odori mefitici di diffondono nell’aria? Per
qualche settimana le pagine dei giornali e i
social media si riempiono del più che giustificato rifiuto del
territorio a diventare la discarica d’Italia,
ma la possibilità di una diversa gestione della raccolta e dello smaltimento
dell’immondizia viene considerata in
modo sommario.
Un argomento che viene poco
affrontato, ma secondo me è di fondamentale importanza riguarda l’urbanizzazione selvaggia. Osserviamo attentamente la nostra città. Frosinone è invasa da colate
di cemento in continua espansione. Nell’ultimo
rapporto Ispra, si rileva che nel 2018 a fronte di un consumo di
suolo provinciale del 7% e
regionale dell, 8,1% Frosinone spicca per un clamoroso e
devastante 29%. Per consumo di suolo s’intende la
concentrazione di insediamenti abitativi, di attività industriali, produttive in aree definite.
L’abnorme cessione di spazi verdi al cemento comporta l’aumento della velocità
di scorrimento delle acque verso i fiumi, l’annullamento dell’effetto filtro del terreno
sugli inquinanti, la drastica diminuzione dell’effetto di assorbimento del
particolato da parte degli alberi . Per contro si genera un
incremento dei reflui nocivi, l’immissione in atmosfera di aria
inquinata generata dagli scarichi delle autovetture, degli impianti di
riscaldamento , dalle industrie , il tutto amplificato se in
queste aree gli impianti di depurazione idrica e controllo
delle emissioni sono insufficienti e non
si applicano le direttive di sicurezza sulle emissioni degli insediamenti
industriali ad alto impatto ambientale. Il risultato di questo scempio si deve alla completa cessione della
pianificazione urbanistica pubblica agli
interessi dei fondi di speculazione immobiliare e all’urbanistica contrattata.
Vi invito a
fare un giro per la città. Andate a De Matthaeis in Via Tiburtina. Di fronte all’ufficio postale è in costruzione una
lottizzazione di due stabili con offerta
di appartamenti e locali adibiti a utilizzo commerciale. Se vi girate dall’altro lato della strada ci sono negozi che stanno chiudendo palazzi in
cui su quasi ogni balcone si legge la scritta “Vendesi o Affittasi” . Viene
dunque da chiedersi che vantaggio c’è ad asfaltare spazi verdi
per costruire alloggi e negozi quando la
città si sta spopolando e le attività
commerciali stanno chiudendo? Nessuno
per i cittadini, ma ciò arreca molti vantaggi per i detentori di patrimoni nei fondi immobiliari i quali speculano sul
fluttuare del valore degli immobili, sulle modificazioni delle destinazioni
d’uso. Per non parlare dell’edilizia
contrattata per cui un Comune, impossibilitato a causa del patto di stabilità interna, ad investire in
opere utili alla cittadinanza. Per provvedere alla sistemazione di una piazza
deve interessare l’edilizia privata che,
in cambio del lavoro, potrà disporre di ampie parti di città dove costruire palazzoni e mega strutture.
La morale, come
diceva una pubblicità di un tempo, è sempre quella. Quando l’interesse della
speculazione privata prevale sul bene pubblico, i cittadini vanno
inevitabilmente incontro crollo della
qualità della vita. Per tornare alle città, come Frosinone, ma anche gli altri
insediamenti urbani della Valle del Sacco, bisogna ricordare come rimanga critica la
depurazione delle acque reflue. 58 Sono i depuratori mal funzionanti o per
nulla funzionanti, guarda caso gestiti tutti da Acea che preferisce elargire
dividendi milionari ai propri azionisti, anziché sistemare i depuratori urbani ed impedire che gli scarichi fognari vadano
direttamente nei fiumi.
Quali le soluzioni? Restituire la città ai loro veri
padroni, i cittadini. Eliminare il patto di stabilità interna, odiosa
conseguenza del fiscal compact, velenoso lascito dei trattati imposti dalla Ue,
in modo che ogni Municipio possa
disporre di finanze proprie o, al limite, ricorrere a
finanziamenti da banche pubbliche
d’investimento – altra istituzione che manca e Dio sa quanto sarebbe benedetta
-per gestire direttamente i servizi alla città in primis quelli destinati alla
tutela ambientale. La quota dei Comuni sul debito pubblico, che è ormai
arrivato a 2400 miliardi, è pari all 1,8% e allora perché questi devono subire
tagli draconiani per ammanchi che non
hanno prodotto, se non in minima parte?
Inoltre
i soldi gestiti dalle amministrazioni
comunali , in collaborazione con
associazioni di cittadini, aggiungo io, sarebbero anche spesi meglio. Riporto un esempio del clamoroso spreco di denaro pubblico stanziato a favore dell’incremento di energia
verde. Per la diffusione delle energie
rinnovabili lo Stato Italiano stanziò degli incentivi a favore di chi avesse voluto installare un sistema
fotovoltaico. Il “conto energia”
così si chiamava l’agevolazione partita nel 2006 e interrotta nel 2013. Prevedeva una quota di contributo per ogni kw di energia prodotta con
sistemi fotovoltaici, per la durata del ciclo di vita di un impianto, che mediamente è
di 25 anni. Di fatto gli ultimi utenti che hanno usufruito di questi
incentivi , installando impianti nel 2013, acquisiranno il bonus fino al 2038. Il problema vero è che essendo l’agevolazione
legata all’energia prodotta, più grande
era l’impianto, più alta era la somma ricevuta, hanno usufruito quindi di questi sgravi, solo banche e grandi aziende, le prime perché
hanno finanziato importanti strutture in
cambio della cessione dell’incentivo, le
seconde perché hanno costruito vere e proprie centrali, talmente imponenti
, da consentire di vendere l’energia prodotta ricavandone profitto, ed avere un
rendimento finanziario sicuro per 25 anni. Il tutto dal 2006 ad oggi, ed anche
in futuro, ha e avrà un costo per le finanze pubbliche di 6,7 miliardi l’anno.
Se da allora e fino alla scadenza degli incentivi quei 6,7 miliardi l’anno fossero stati dati ai
Comuni , si sarebbero potuti pianificare programmi di riqualificazione
energetica urbana pubblica attraverso il finanziamento totale o parziale
(da definire in base al reddito) di
impianti fotovoltaici a favore degli alloggi residenziali , o edifici di proprietà comunale, le scuole ad
esempio. Oppure si sarebbero potuti finanziare piani di riconversione elettrica
della mobilità urbana.
Ecco perché, tornando alla Valle del Sacco, mi preoccupa il destino di quei 53 milioni destinati alla bonifica, visto che la
loro gestione, affidata alla Regione
Lazio, vedrà incarichi importanti di coordinamento attribuiti ad enti esterni ed aziende private, come la Pricewaterhouse Cooper Advisor Spa, o la Ecoter Srl per carenza di personale regionale dedicato, queste le motivazioni
dell’ente.
Non vi è stato alcun coinvolgimento del Coordinamento dei Sindaci della Valle del Sacco , del resto questo organismo, creato ad hoc, si è
disgregato visto che ad alcuni sindaci non interessa granchè della salute dei
propri cittadini a cominciare da quello di Frosinone . Fortunatamente il
commissario incaricato all’attuazione delle azioni di bonifica ha convocato le
associazioni di cittadini come Retuvasa, che da tempo si occupano della Valle del
Sacco, per coinvolgerle ed informarle sui piani di azione.
Visti i precedenti sembra
una discreta apertura. Allora facciamo appello a loro e a tutti i cittadini , affinchè controllino scrupolosamente il destino di
questi 53 milioni di euro. E’ fondamentale perché troppe volte soldi investiti per la collettività hanno finito per arricchire
qualcuno, peggiorando, anziché migliorarle, le condizioni di vita dei cittadini. E noi
cittadini della Valle del Sacco saremmo anche stanchi di subire il degrado della nostra salute e dalla qualità
della vita in genere, dopo aver visto passare milioni e milioni di euro
sprecati o spesi per ingrassare i soliti potentati politico-finanziari.
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