Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

domenica 17 novembre 2019

Un novembre di 61 anni fa con Billie Holiday a Milano

La storia del jazz come la storia di tutte le cose umane è fatta di piccoli grandi eventi, anniversari, ricordi. Di seguito un brano tratto dal libro Stasera Jazz di Arrigo Polillo, in cui   il più grande critico di jazz italiano, racconta quando, nel novembre di 61 anni, fa Billie Holiday fu a Milano. Un anniversario di poca importanza per i più ma di grande rilevanza per gli appassionati di jazz. Buona Lettura.
Luciano Granieri




Billie Holiday (protestata)

Arrigo Polillo

Billie Holiday capitò a Milano nel novembre del 1958, e cioè verso la fine della sua tribolatissima esistenza . E qui fu umiliata come non le era capitato mai nel corso della sua carriera di cantante.

Ebbe la disgrazia di essere scritturata da un impresario che trattava per lo più numeri d’attrazione per gli avanspettacoli  e più in generale per lo show business minore. Costui, che probabilmente non sapeva bene chi fosse, la mise nel cartellone del cinema Smeraldo (un teatrone  frequentato da un pubblico popolare) insieme a giocolieri, fantasisti e così via. C’era anche Fausto Cigliano.

Non so in quanti andammo ad ascoltarla la prima sera: certo eravamo in pochissimi, in teatro, a sapere chi fosse Billie Holiday. Gli altri del pubblico pensavano di trovarsi dinanzi a una delle tante fasulle “attrazioni internazionali” che negli spettacolini dello Smeraldo si sprecavano.

Per quanto ricordo, Billie contò pressappoco come faceva  sempre nei suoi ultimi dischi: non era più, beninteso, la favolosa “Lady Day” di Strange Fruit, ma era pur sempre una più che notevole cantante di jazz. Fatto sta che il pubblico non la capì affatto. Ecco come io riferii i fatti su “Musica Jazz”: “Quando è entrata in scena Billie Holiday e ha iniziato a cantare accompagnata dall’eccellente pianista  Mal Waldron e da un’orchestrina di fossa su cui è persino inutile infierire , è successo il finimondo. La voce acre, le inflessioni deliberatamente distorte di Billie sono state scambiate per il farfugliamento di un’avvinazzata:  si è capito subito che non sarebbe stato possibile giungere al termine del “numero” e men che meno della scrittura. Billie aveva appena terminato la quinta canzone che fu pregata, dal presentatore, di lasciare il palcoscenico (su cui non ricomparve più perché fu protestata): al pubblico fu detto che “non stava bene”.

I più accesi jazzofili milanesi non si dettero pace per quanto era accaduto. La sera dopo tre o quattro suoi ammiratori , tra i quali anch’io, si recarono all’Hotel Duomo, dove Billie era alloggiata, per confortarla in qualche modo e per offrirle qualche distrazione.

Lei ci fu riconoscente e accettò volentieri la nostra compagnia per la serata. L’accompagnammo alla Taverna Messicana a sentire un po’ di jazz nostrano; poi andammo tutti a casa di Mario Fattori, pubblicitario innamorato del jazz, a bere qualcosa e a chiacchierare.

Billie, si sa, era schiava delle droghe pesanti, e non era di grande compagnia: di tanto in tanto la sorprendevo a fissare intensamente il vuoto o qualche punto del muro. Spesso, ascoltando la musica degli altri (quella del complessino della Taverna Messicana, oppure di un disco di Sinatra, che volle ascoltare a casa di Fattori), la riprendeva subito per canticchiarla a sua volta, distorcendone la melodia in quella sua inconfondibile maniera. Per il resto rispondeva alle domande che le venivano rivolte, ma non faceva certo conversazione. Era una donna amara, risentita: non ricordo di averla mai vista sorridere.

Penso che sia stata quella sera un poco lugubre a dare a Fattori l’idea di organizzare per lei, insieme a Pino Maffei, uno spettacolo riparatorio a cui potesse assistere la fine creme  degli appassionati del jazz milanese. Comunque sia , pochi giorni dopo i due affittarono il Gerolamo, un minuscolo teatrino destinato per lo più-allora- agli spettacoli di marionette, e fecero  passare la voce fra gli amici.

Quella sera le strutture del teatrino furono messe a dura prova dalla folla che lo riempì:  eppure le balconate “a prova di bambino” ressero bene. Quanto a Billie,  s’impegnò a fondo, e diede uno splendido, commovente recital. Il pubblico le tributò ovazioni trionfali. In quel teatrino così piccolo ciascuno aveva l’impressione di poterla abbracciare. E sembrava volesse farlo.

Sei mesi dopo, o giù di li, ci giunse la notizia che Billie era morta, nel letto di un ospedale di New York. C’era un poliziotto a sorvegliarla, fuori dalla sua camera.


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