Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 17 aprile 2020

Le povertà che ci sono e quelle che verranno


Il quadro di come la popolazione entra nella quarantena economica, quali soluzioni si stanno adottando, e quali povertà realisticamente dopo la crisi.


Luciano Granieri (testo dell'intervento esposto in video-conferenza  nell'ambito del programma di convegni organizzato dall'Associazione Culturalre "Oltre l'Occidente)

per partecipare ai prossimi convegni  cliccare sul seguente link https://meetingsemea5.webex.com/meet/oltreloccidente




Premessa sulla condizione di povertà
La narrazione neo liberista, in particolare quella diffusa da Milton Firedman e dai suoi allievi della scuola di Chicago, sosteneva che il  mercato era l’unico regolatore delle dinamiche sociali. Seguendo le leggi del mercato la povertà non sarebbe mai esistita, perché le grandi ricchezze avrebbero generato ricadute positive anche su tutta la popolazione, consentendo a tutti di vivere decentemente. Il postulato, palesemente falso è stato smentito dalla  grande crisi economica del 2007/2008, durante la quale la quale ci si rese  conto che i poveri esistevano davvero, emersero incontrovertibilmente.  La narrazione sulla bontà regolatrice del mercato non cambiò , ma non potendo più nascondere i poveri, si disse che la loro condizione era causa di una sciagurata condotta di vita, fatta di poca intraprendenza, di incapacità di competere e valorizzare il proprio capitale umano. Insomma essere poveri era ed è  una colpa.  Com’è noto alimentare il senso di colpa verso qualcuno significa tenerlo in proprio potere. Psicologicamente quindi chi non ha le sostanze necessarie per vivere oltre a subire le ingiurie di una vita grama è destinato anche a convivere con un grande senso di colpa.

Situazione economica pre crisi
 Lo stato di salute dell’economia italiana, ma in generale di quella europea era già molto precario prima della pandemia.  Il  2019 presenta un    calo della produzione industriale  dell’1,3% su base annua, un segno meno che non si registrava  dal 2014,  con una crescita del Pil irrisoria, allo 0,2%. Il tasso di povertà assoluta è pari al 6,4%, 1,6 milioni di famiglie non riescono a soddisfare i bisogni primari per vivere. Il tasso di povertà relativa, è pari al 15% 3,5 milioni di famiglie riescono con fatica a soddisfare i bisogni primari.  Al  calo del tasso di disoccupazione, attestato negli ultimi 5 anni, mediamente fra l’11% e il 12% si affianca un aumento degli occupati , dai circa 22milioni del 2014 ai  23,4 milioni a marzo del 2019. Una buona notizia se non fosse che  la crescita degli occupati non incide sul tasso di povertà, che rimane costante e, addirittura, si combina con uno  stato dell’economia comatoso come prima descritto (-1,3% di produzione industriale 0,2% di crescita del Pil) .



Sistema Sanitario
 Fra tagli e definanziamenti  sono stati sottratti al SSN 37 miliardi di euro.  Nel decennio 2010-2019, il finanziamento pubblico del SSN è aumentato complessivamente di € 8,8 miliardi   crescendo in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media pari a 1,07%. In altre parole, l’incremento del FSN nell’ultimo decennio non è stato neppure sufficiente a mantenere il potere di acquisto di tutto il sistema.  
Un  rapporto del Censis rileva che nel 2018  circa 20milioni di italiani hanno difficoltà a curarsi per l’impossibilità di pagarsi le prestazioni sanitarie : 12 milioni rinunciano completamente, 8 milioni s’indebitano.  Per farlo  2,8 milioni si vendono la casa.

Mancanza di alloggi.
Secondo un rapporto pubblicato dal Mef, nel 2018, 7 milioni è  il numero di alloggi vuoti  a fronte di  50.724 persone senza dimora. Hai voglia a raccomandare di rimanere a casa.   

Ma ci sono i ricchi
Secondo un rapporto di Banca d’Italia  i patrimoni privati ammontano a 9.743 miliardi di euro per beni e servizi dichiarati, cioè al netto dell’evasione fiscale. Di questi, 4.743 sono nella disponibilità del  solo 10% della popolazione italiana. Da uno studio dei ricercatori Matteo  Gaddi e Nadia Garbellini condotto per la fondazione Claudio Sabattini, che hanno analizzato i  bilanci delle più grandi aziende  italiane, risulta che le imprese del settore metalmeccanico hanno  una disponibilità finanziaria  pari a 99 miliardi (25 dei quali di liquidità immediata) quelle del settore chimico-tessile-gomma-plastica-energia  dispongono di 112 miliardi (32 di liquidità immediata), le imprese del settore cartaceo hanno capacità finanziarie di 7,8 miliardi (2 di liquidità immediata).  Molte di queste come la Brembo, la Persico,  la Tenaris  Dalmine, l’ABB sono situate in Lombardia e sono quelle che non hanno voluto chiudere per evitare il contagio.

Il lavoro non rende liberi ma poveri.
 Il quadro che si ricava da questi dati mostra un Paese in cui il lavoro è talmente sottopagato da non permettere di vivere dignitosamente, non consentendo a molti di curarsi o anche di avere un tetto sopra la testa.  Di contro esiste un èlite di grandi imprenditori e titolari di fondi speculativi  che ha nella propria disponibilità migliaia di miliardi di capitali che si alimentano di ulteriore speculazione finanziaria , ma sono del tutto improduttivi, cioè, non sono  investiti nell’economia reale.



Arriva il Covid-19
In tessuto sociale devastato dalla diseguaglianza s’innesta la pandemia e gli effetti sono devastanti . Secondo una stima di Banca d’Italia in due mesi d’emergenza altre 260mila famiglie sono entrate in povertà e si prevede che tale numero potrà arrivare a 360mila se la crisi perdurerà ancora.  Il tasso di disoccupazione potrebbe raggiungere il 20% a fronte di una perdita per le imprese prevista attorno ai 470 miliardi.  Si prevede una diminuzione del Pil al 9%
I nuovi eroi.

Sono assurte alle cronaca, con l’aurea di nuovi eroi, oltre agli operatori della sanità pubblica, indicati come fannulloni e raccomandati prima del virus, i lavoratori del terzo settore, in particolare quelli operanti nei comparti socio sanitari  (operatori delle RSA e assistenza domiciliare) I lavoratori della grande distribuzione, della filiera farmaceutica e alimentare, della logistica le cui condizioni  precarie non consentono di avere delle retribuzioni decenti , né hanno una disponibilità di DPI sufficiente  rischiando il contagio proprio e degli altri

La classe operaia è viva.
Molto operai nelle fabbriche,  sono in cassa integrazione, oppure sono carne da macello, costretti a recarsi in aziende che non producono beni indispensabili ma colpevolmente tenute aperte,  per il volere di una classe imprenditoriale elitaria dominante politicamente  e famelica di profitto. Grazie agli scioperi spontanei  indetti fin dall’inizio di marzo poi,  ma solo poi, assecondati dal CGIL, CISL E UIL,   gli operai sono riusciti ad ottenere almeno il DPCM del 21 marzo in cui  il governo elencava le aziende che avrebbero dovuto chiudere e quelle che avrebbero potuto proseguire . Nonostante ciò ancora oggi,  sempre secondo lo studio della fondazione Claudio Sabattini,  4,5 milioni di operai vanno a   lavorare con il rischio di contagiarsi e contagiare gli altri  in stabilimenti che non producono beni indispensabili e tutti concentrati per lo più nelle province di Bergamo, Brescia e Lodi.



Gli ammortizzatori sociali.
Coloro i quali rimarranno senza lavoro, in attesa che l’attività riprenda,  potranno ricorrere alla  CIG (ordinaria, straordinaria ed in deroga) . Ma questo  provvedimento riguarda gli addetti  che hanno una costanza nel rapporto di lavoro. In caso di licenziamento intervengono i sussidi di disoccupazione Naspi e Dis-coll a protezione dei  titolari di  un lavoro con continuità contributiva.  Per questi  soggetti . Il Cura Italia  destina una miseria: 1,35 miliardi sulla  cassa integrazione ordinaria; 0,34 miliardi per rimpinguare i soldi già stanziati per la cassa integrazione straordinaria  e 3,3 miliardi per estendere la platea e la durata della cassa integrazione in deroga.  2,86 miliardi determineranno finanzieranno  l’indennità di 600 euro, una tantum, destinata a professionisti ai lavoratori autonomi, ai co-co-co, ai lavoratori stagionali e quelli del turismo. 
Gente in mezzo al guado
La  pandemia ha gettato nel dramma  molte persone rimaste  in mezzo al guado.  Chi aveva gli ammortizzatori in scadenza non avrà né il lavoro che aveva perso, né il rinnovo di Naspi o Dis-coll oppure i tirocinanti, stagisti, le partite iva e i parasubordinati esclusi dal bonus di 600 euro. 

Gli invisibili.
Soprattutto il Covid-19 ha fatto emergere gli invisibili, quelli che compaiono e scompaiono fra un fast job, qualche ritenuta d’acconto, e un lavoro in nero, più  quelli immersi nel sommerso , senza alcun diritto o protezione sociale sempre sottoposti al ricatto del licenziamento.  E’ il “nero” che tiene in piedi l’economia reale, vale 211 miliardi il 12,1% del Pil. I fantasmi che reggono il sistema   saranno destinati al degrado sociale alla povertà assoluta, privi di ogni protezione.  Non dispongono neanche del reddito di cittadinanza   visto che per paura che la loro  precarietà illegale venisse  alla luce   non hanno fatto domanda. Essi  correranno il serio rischio di non poter mantenere la casa in cui abitano  finendo in mezzo alla strada, alla faccia dell’obbligo di restare a casa.

I braccianti nei campi.
Altri invisibili si sono resi visibili grazie alla loro mancanza, mi riferisco agli immigrati sfruttati nei campi, i quali non possono raggiungere i campi  per la chiusura dei flussi dei lavoratori stagionali causa pandemia  e nessuno li vuole sostituire a retribuzioni da sfruttamento.  Si propone di mandare quelli che percepiscono il reddito di cittadinanza o i cassaintegrati.

Protezioni sociali insufficienti.
Ad amplificare l’aumento della povertà diffusa contribuisce un sistema di protezione sociale del tutto inadeguato. Il welfare attuale   non tiene conto della frammentazione del flusso di reddito dovuto alla precarietà del lavoro. Soprattutto lega  la prestazione sociale solo ed esclusivamente all‟ occupazione. Le  forme indirette di sostegno al reddito , tramite l‟erogazione di servizi pubblici e di pubblica utilità, sono venute meno a seguito dei processi di privatizzazione delle imprese fornitrici dei beni primari (sanità,trasporto, comunicazione, acqua, gas luce ecc). Il nostro sistema di welfare rende l‟Italia uno dei paesi meno attrezzati a far fronte ai problemi sociali. La   la mancanza di un disegno complessivo diretto alla protezione sociale, ha partorito un sistema dualistico composto da soggetti provvisti di coperture assicurative-contributive (insiders) e soggetti per nulla provvisti di tutele assistenziali (outsiders). Il nostro obsoleto welfare è fondato su un insieme di istituti categoriali ( assegni sociali, integrazioni al minimo, pensioni di invalidità , assegni al nucleo familiare) erogati a favore di specifiche tipologie di soggetti. La condizione di povertà da sola non è sufficiente per avere accesso a misure assistenziali. Le tutele disponibili fanno riferimento a casualità ben definite (inabilità al lavoro, anzianità, famiglie numerose).



Gli strumenti insufficienti per uscirne

In Italia
Siamo dunque dentro uno tsunami che potrebbe provocare disordini sociali inimmaginabili se, come è quasi certo, la crisi si prolungherà. Il guaio è che le misure messi in campo rischiano di peggiorare la situazione. Il Cura Italia, già citato,  può arrivare a 25 miliardi in debito.  Sfrutta la temporanea sospensione del patto di stabilità.  Nel cura Italia ci sono tre miliardi per la sanità e altri 10 per il lavoro con le modalità che abbiamo descritto gli strumenti  messo in campo sono temporanei, destinati a soggetti che dopo la crisi rimarranno senza nulla. La Germania ha messo in campo uno stanziamento di 156miliardi di cui un terzo (circa 50 miliardi) sarà destinato alla sanità. Una volta finita l’emergenza quei 25 miliardi provocheranno un peggioramento nel rapporto debito/pil con susseguente ripetizione di programmi di austerity, con grave nocumento per la sanità pubblica. Anche il provvedimento sulla liquidità per le imprese non è altro che l’attivazione di prestiti versi le aziende con garanzie da parte dello Stato. Altro debito che in caso d’insolvenza dei  richiedenti privati diventerà pubblico  l’importo complessivo sarà di 200 miliardi.

In Europa
 I provvedimenti europei sono una presa in giro. Il SURE, una sorta di cassa integrazione europea, prevede di reperire sui  mercati finanziario prestiti per 100miliardi da trasferire ai vari istituti previdenziali,  il programma obbliga  ogni stato a  fornire garanzie per 25 miliardi e può usufruire annualmente solo  del 5% della quota globale, vale a dire 10miliardi l’anno, un’inezia che comunque ci costerà in interressi. I finanziamenti della Banca Europea per gli investimenti   avverranno attraverso un fondo a cui gli stati membri parteciperanno con 25miliardi a garanzia.  Lo scopo  è  reperire sui mercati capitali fino a 200 miliardi   altri prestiti, altri debiti, che in caso d’insolvenza toccherà allo Stato pagare . Sul Mes stendiamo un velo pietoso, ricorrendo ai quei 36 miliardi senza condizionamenti solo per la sanità, comunque si provocherà un aumento del debito pubblico che determinerà nuovi programmi di tagli ai servizi ed in particolare proprio  alla sanità. Ciò è reso chiaro da quanto è scritto nel quadro normativo del Mes: La linea di credito sarà disponibile fino alla fine dell’emergenza, dopo gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici, coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo In pratica gli interventi messi in campo per contrastare la crisi, attiveranno altro debito e di conseguenza altra austerità e ulteriore aumento della povertà.


Cosa serve.

600 miliardi di euro subito. 
Da reperire fuori dalla gabbia delle banche e dal mercato finanziario.  Bisognerebbe attingere a quel tesoro di patrimoni privati (9.743 miliardi)  attraverso un prelievo fiscale progressivo  dal 10% al 20%   . Si libererebbero automaticamente 1.500  miliardi di euro, utili per risolvere la crisi, ricostruire il sistema sanitario nazionale pubblico e strutturare uno stato sociale che pesi di più sulla fiscalità generale anziché solo sui redditi da lavoro, in modo da finanziare un reddito universale vero. Pianificare un piano d’investimenti pubblici in settori produttivi innovativi con l’erogazione di salari decenti Oltre che rafforzare il terzo settore con gli enti locali di prossimità, i  Comuni i quali potranno prendersi cura degli anziani, dei poveri, dei senza dimora, secondo le necessità territoriali. Bisogna farlo ora. I soldi ci sono.

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