Il quadro di come la popolazione entra nella quarantena
economica, quali soluzioni si stanno adottando, e quali povertà realisticamente
dopo la crisi.
Luciano Granieri (testo dell'intervento esposto in video-conferenza nell'ambito del programma di convegni organizzato dall'Associazione Culturalre "Oltre l'Occidente)
per partecipare ai prossimi convegni cliccare sul seguente link https://meetingsemea5.webex.com/meet/oltreloccidente
Premessa
sulla condizione di povertà
La narrazione neo liberista,
in particolare quella diffusa da Milton Firedman e dai suoi allievi della
scuola di Chicago, sosteneva che il
mercato era l’unico regolatore delle dinamiche sociali. Seguendo le
leggi del mercato la povertà non sarebbe mai esistita, perché le grandi
ricchezze avrebbero generato ricadute positive anche su tutta la popolazione,
consentendo a tutti di vivere decentemente. Il postulato, palesemente falso è
stato smentito dalla grande crisi
economica del 2007/2008, durante la quale la quale ci si rese conto che i poveri esistevano davvero,
emersero incontrovertibilmente. La
narrazione sulla bontà regolatrice del mercato non cambiò , ma non potendo più
nascondere i poveri, si disse che la loro condizione era causa di una
sciagurata condotta di vita, fatta di poca intraprendenza, di incapacità di
competere e valorizzare il proprio capitale umano. Insomma essere poveri era ed
è una colpa. Com’è noto alimentare il senso di colpa verso
qualcuno significa tenerlo in proprio potere. Psicologicamente quindi chi non
ha le sostanze necessarie per vivere oltre a subire le ingiurie di una vita
grama è destinato anche a convivere con un grande senso di colpa.
Situazione
economica pre crisi
Lo stato di salute dell’economia italiana, ma
in generale di quella europea era già molto precario prima della pandemia. Il 2019
presenta un calo
della produzione industriale dell’1,3%
su base annua, un segno meno che non si registrava dal 2014, con una crescita del Pil irrisoria, allo 0,2%.
Il tasso di povertà assoluta è pari al 6,4%,
1,6 milioni di famiglie non riescono
a soddisfare i bisogni primari per vivere. Il tasso di povertà relativa, è pari
al 15% 3,5 milioni di famiglie
riescono con fatica a soddisfare i bisogni primari. Al calo del tasso di disoccupazione, attestato
negli ultimi 5 anni, mediamente fra l’11% e il 12% si affianca un aumento degli
occupati , dai circa 22milioni del 2014 ai
23,4 milioni a marzo del 2019. Una buona notizia se non fosse che la crescita degli occupati non incide sul
tasso di povertà, che rimane costante e, addirittura, si combina con uno stato dell’economia comatoso come prima
descritto (-1,3% di produzione industriale 0,2% di crescita del Pil) .
Sistema Sanitario
Un rapporto del Censis rileva che nel 2018 circa 20milioni
di italiani hanno difficoltà a curarsi per l’impossibilità di pagarsi le
prestazioni sanitarie : 12 milioni
rinunciano completamente, 8 milioni s’indebitano. Per farlo
2,8 milioni si vendono la casa.
Mancanza di alloggi.
Secondo un rapporto
pubblicato dal Mef, nel 2018, 7 milioni
è il numero di alloggi vuoti a fronte di
50.724 persone senza dimora.
Hai voglia a raccomandare di rimanere a casa.
Ma ci sono i ricchi
Secondo un rapporto
di Banca d’Italia i patrimoni privati
ammontano a 9.743 miliardi di euro
per beni e servizi dichiarati, cioè al netto dell’evasione fiscale. Di questi, 4.743 sono nella disponibilità del solo 10% della popolazione italiana. Da
uno studio dei ricercatori Matteo Gaddi
e Nadia Garbellini condotto per la fondazione Claudio Sabattini, che hanno
analizzato i bilanci delle più grandi
aziende italiane, risulta che le imprese
del settore metalmeccanico hanno una
disponibilità finanziaria pari a 99 miliardi (25 dei quali di
liquidità immediata) quelle del settore
chimico-tessile-gomma-plastica-energia
dispongono di 112 miliardi (32 di
liquidità immediata), le imprese del settore cartaceo hanno capacità
finanziarie di 7,8 miliardi (2 di
liquidità immediata). Molte di
queste come la Brembo, la Persico, la
Tenaris Dalmine, l’ABB sono situate in
Lombardia e sono quelle che non hanno voluto chiudere per evitare il contagio.
Il lavoro non rende liberi ma poveri.
Il quadro che si ricava da questi dati mostra
un Paese in cui il lavoro è talmente sottopagato da non permettere di vivere
dignitosamente, non consentendo a molti di curarsi o anche di avere un tetto
sopra la testa. Di contro esiste un
èlite di grandi imprenditori e titolari di fondi speculativi che ha nella propria disponibilità migliaia
di miliardi di capitali che si alimentano di ulteriore speculazione finanziaria
, ma sono del tutto improduttivi, cioè, non sono investiti nell’economia reale.
Arriva il Covid-19
In tessuto sociale devastato
dalla diseguaglianza s’innesta la pandemia e gli effetti sono devastanti .
Secondo una stima di Banca d’Italia in due mesi d’emergenza altre 260mila famiglie sono entrate in povertà
e si prevede che tale numero potrà arrivare a 360mila se la crisi perdurerà ancora. Il tasso di disoccupazione potrebbe
raggiungere il 20% a fronte di una perdita per le imprese prevista attorno ai
470 miliardi. Si prevede una diminuzione
del Pil al 9%
I
nuovi eroi.
Sono assurte alle cronaca,
con l’aurea di nuovi eroi, oltre agli operatori della sanità pubblica, indicati
come fannulloni e raccomandati prima del virus, i lavoratori del terzo settore,
in particolare quelli operanti nei comparti socio sanitari (operatori delle RSA e assistenza
domiciliare) I lavoratori della grande distribuzione, della filiera
farmaceutica e alimentare, della logistica le cui condizioni precarie non consentono di avere delle
retribuzioni decenti , né hanno una disponibilità di DPI sufficiente rischiando il contagio proprio e degli altri
La
classe operaia è viva.
Molto operai nelle
fabbriche, sono in cassa integrazione,
oppure sono carne da macello, costretti a recarsi in aziende che non producono
beni indispensabili ma colpevolmente tenute aperte, per il volere di una classe imprenditoriale
elitaria dominante politicamente e
famelica di profitto. Grazie agli scioperi spontanei indetti fin dall’inizio di marzo poi, ma solo poi, assecondati dal CGIL, CISL E UIL, gli operai sono riusciti ad ottenere almeno
il DPCM del 21 marzo in cui il governo
elencava le aziende che avrebbero dovuto chiudere e quelle che avrebbero potuto
proseguire . Nonostante ciò ancora oggi, sempre secondo lo studio della fondazione
Claudio Sabattini, 4,5 milioni di operai
vanno a lavorare con il rischio di contagiarsi e
contagiare gli altri in stabilimenti che
non producono beni indispensabili e tutti concentrati per lo più nelle province
di Bergamo, Brescia e Lodi.
Gli
ammortizzatori sociali.
Coloro i quali rimarranno
senza lavoro, in attesa che l’attività riprenda, potranno ricorrere alla CIG (ordinaria, straordinaria ed in deroga) .
Ma questo provvedimento riguarda gli
addetti che hanno una costanza nel
rapporto di lavoro. In caso di licenziamento intervengono i sussidi di
disoccupazione Naspi e Dis-coll a protezione dei titolari di un lavoro con continuità contributiva. Per questi
soggetti . Il Cura Italia destina una miseria: 1,35 miliardi sulla cassa
integrazione ordinaria; 0,34
miliardi per rimpinguare i soldi già stanziati per la cassa integrazione straordinaria e 3,3
miliardi per estendere la platea e la durata della cassa integrazione in
deroga. 2,86 miliardi determineranno finanzieranno l’indennità di 600 euro, una tantum, destinata a professionisti ai lavoratori
autonomi, ai co-co-co, ai lavoratori stagionali e quelli del turismo.
Gente
in mezzo al guado
La pandemia ha gettato nel dramma molte persone rimaste in mezzo al guado. Chi aveva gli ammortizzatori in scadenza non
avrà né il lavoro che aveva perso, né il rinnovo di Naspi o Dis-coll oppure i
tirocinanti, stagisti, le partite iva e i parasubordinati esclusi dal bonus di
600 euro.
Gli
invisibili.
Soprattutto il Covid-19 ha
fatto emergere gli invisibili, quelli che compaiono e scompaiono fra un fast
job, qualche ritenuta d’acconto, e un lavoro in nero, più quelli immersi nel sommerso , senza alcun
diritto o protezione sociale sempre sottoposti al ricatto del
licenziamento. E’ il “nero” che tiene in piedi l’economia
reale, vale 211 miliardi il 12,1% del
Pil. I fantasmi che reggono il sistema
saranno destinati al degrado sociale alla povertà assoluta, privi di
ogni protezione. Non dispongono neanche del
reddito di cittadinanza visto che per paura che la loro precarietà illegale venisse alla luce
non hanno fatto domanda. Essi correranno
il serio rischio di non poter mantenere la casa in cui abitano finendo in mezzo alla strada, alla faccia
dell’obbligo di restare a casa.
I
braccianti nei campi.
Altri invisibili si sono
resi visibili grazie alla loro mancanza, mi riferisco agli immigrati sfruttati
nei campi, i quali non possono raggiungere i campi per la chiusura dei flussi dei lavoratori
stagionali causa pandemia e nessuno li
vuole sostituire a retribuzioni da sfruttamento. Si propone di mandare quelli che percepiscono
il reddito di cittadinanza o i cassaintegrati.
Protezioni
sociali insufficienti.
Ad amplificare l’aumento
della povertà diffusa contribuisce un sistema di protezione sociale del tutto
inadeguato. Il welfare attuale non tiene
conto della frammentazione del flusso di reddito dovuto alla precarietà del
lavoro. Soprattutto lega la prestazione
sociale solo ed esclusivamente all‟ occupazione. Le forme indirette di sostegno al reddito ,
tramite l‟erogazione di servizi pubblici e di pubblica utilità, sono venute
meno a seguito dei processi di privatizzazione delle imprese fornitrici dei
beni primari (sanità,trasporto, comunicazione, acqua, gas luce ecc). Il nostro
sistema di welfare rende l‟Italia uno dei paesi meno attrezzati a far fronte ai
problemi sociali. La la mancanza di un disegno complessivo diretto
alla protezione sociale, ha partorito un sistema dualistico composto da
soggetti provvisti di coperture assicurative-contributive (insiders) e soggetti per nulla provvisti di tutele
assistenziali (outsiders). Il
nostro obsoleto welfare è fondato su un insieme di istituti categoriali (
assegni sociali, integrazioni al minimo, pensioni di invalidità , assegni al
nucleo familiare) erogati a favore di specifiche tipologie di soggetti. La condizione di povertà da sola non è
sufficiente per avere accesso a misure assistenziali. Le tutele
disponibili fanno riferimento a casualità ben definite (inabilità al lavoro,
anzianità, famiglie numerose).
Gli
strumenti insufficienti per uscirne
In
Italia
Siamo dunque dentro uno
tsunami che potrebbe provocare disordini sociali inimmaginabili se, come è
quasi certo, la crisi si prolungherà. Il guaio è che le misure messi in campo
rischiano di peggiorare la situazione. Il Cura
Italia, già citato, può arrivare a
25 miliardi in debito. Sfrutta la temporanea
sospensione del patto di stabilità. Nel
cura Italia ci sono tre miliardi per la sanità e altri 10 per il lavoro con le
modalità che abbiamo descritto gli strumenti messo in campo sono temporanei, destinati a
soggetti che dopo la crisi rimarranno senza nulla. La Germania ha messo in campo uno stanziamento di 156miliardi di cui un
terzo (circa 50 miliardi) sarà destinato alla sanità. Una volta finita
l’emergenza quei 25 miliardi provocheranno un peggioramento nel rapporto
debito/pil con susseguente ripetizione di programmi di austerity, con grave
nocumento per la sanità pubblica. Anche il provvedimento sulla liquidità per le imprese non è altro
che l’attivazione di prestiti versi le aziende con garanzie da parte dello
Stato. Altro debito che in caso d’insolvenza dei richiedenti privati diventerà pubblico l’importo complessivo sarà di 200 miliardi.
In
Europa
I provvedimenti europei sono una presa in
giro. Il SURE, una sorta di cassa
integrazione europea, prevede di reperire sui
mercati finanziario prestiti per 100miliardi
da trasferire ai vari istituti previdenziali,
il programma obbliga ogni stato a
fornire garanzie per 25 miliardi e può
usufruire annualmente solo del 5% della
quota globale, vale a dire 10miliardi
l’anno, un’inezia che comunque ci costerà in interressi. I finanziamenti della Banca Europea per gli investimenti avverranno attraverso un fondo a cui gli stati
membri parteciperanno con 25miliardi a
garanzia. Lo scopo è
reperire sui mercati capitali fino a 200 miliardi altri
prestiti, altri debiti, che in caso d’insolvenza toccherà allo Stato pagare .
Sul Mes stendiamo un velo pietoso, ricorrendo ai quei 36 miliardi senza
condizionamenti solo per la sanità, comunque si provocherà un aumento del
debito pubblico che determinerà nuovi programmi di tagli ai servizi ed in
particolare proprio alla sanità. Ciò è
reso chiaro da quanto è scritto nel quadro normativo del Mes: La linea di credito sarà disponibile fino alla fine dell’emergenza, dopo
gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici,
coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo”. In pratica gli interventi messi in campo per
contrastare la crisi, attiveranno altro debito e di conseguenza altra austerità
e ulteriore aumento della povertà.
Cosa
serve.
600
miliardi di euro subito.
Da reperire fuori dalla
gabbia delle banche e dal mercato finanziario.
Bisognerebbe attingere a quel tesoro di patrimoni privati (9.743
miliardi) attraverso un prelievo fiscale
progressivo dal 10% al 20% . Si libererebbero automaticamente
1.500 miliardi di euro, utili per
risolvere la crisi, ricostruire il sistema sanitario nazionale pubblico e
strutturare uno stato sociale che pesi di più sulla fiscalità generale anziché
solo sui redditi da lavoro, in modo da finanziare un reddito universale vero. Pianificare
un piano d’investimenti pubblici in settori produttivi innovativi con
l’erogazione di salari decenti Oltre che rafforzare il terzo settore con gli enti
locali di prossimità, i Comuni i quali
potranno prendersi cura degli anziani, dei poveri, dei senza dimora, secondo le
necessità territoriali. Bisogna farlo ora. I soldi ci sono.
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