La panedemia ha ripreso a galoppare. C’era d’aspettarselo, come da previsione di medici e specialisti . Siamo prossimi al collasso sanitario e sociale. Non ha senso, e questo dovremmo averlo imparato, stabilire una priorità fra economia e salute . E’ un gatto che si morde la coda. Se sto male non posso lavorare, e dunque non guadagno, se non lavoro non ho la possibilità di vivere in salute correndo maggiori rischi di contagio. La realtà è che tutela di salute e lavoro, per quanto si faccia finta di non capirlo, sono sulla stessa barca, la barca della dignità umana. Per tutelare entrambe servono soldi, tanti soldi e subito.
Nulla sarà come prima, ed infatti è peggio.
La prima fase dell’epidemia ci ha mostrato che i 110 miliardi, tutti a debito, stanziati dal Governo in risposta alla prima crisi da Covid-19 sono stati oltre che insufficienti, anche spesi male. Nel decreto rilancio ci si poneva l’obiettivo di aumentare i posti letto per terapia intensiva e sub intensiva di 4.900 unità, in modo da portare la dotazione completa a 12.450. Ad oggi, secondo quanto dichiarato dal commissario per l’emergenza sanitaria Arcuri le terapie intensive e sub intensive attivate in più sono 1.449. Poco meno di un terzo di quanto previsto. Non è tutto. C’è anche da rilevare che la già scarsa disponibilità di personale sanitario, falcidiata da continui tagli alla sanità pubblica, è peggiorata ulteriormente. Infatti nonostante le Regioni abbiano provato ad assumere operatori sanitari , il rapporto tra anestesisti-animatori, pari a 2,5 per posti letto, prima del Covid, è sceso, oggi a 1,6. Se già era insufficiente in condizioni normali, quando si denunciavano la mancanza di 4.000 operatori, figuriamoci adesso.
Neanche l’obiettivo di rafforzare la medicina di base territoriale ha sortito alcun effetto. L’inadeguatezza della disponibilità dei medici di famiglia, pochi e male equipaggiati, il numero del tutto insufficiente delle squadre di sanitari incaricati del trattamento domiciliare dei pazienti affetti da Covid, le USCA (Unità speciali di continuità assistenziali), ben al di sotto delle 1.200 previste, certificano il fallimento anche su questo fronte.
Al disastro sanitario si aggiunge quello sociale. Gli aiuti elargiti sono andati, manco a dirlo, per lo più, a chi non ne aveva bisogno, fornendo liquidità a soggetti ed imprese la cui solidità economica non era stata per nulla scalfita dal lockdown. Le misure a sostegno del reddito si sono disperse nei mille rivoli di uno stato sociale devastato dalla condizionalità, fornendo supporti una tantum, o limitati nel tempo, comunque insufficienti. Non a caso il numero dei nuovi poveri è aumentato considerevolmente. Non è mai venuto in mente di pianificare, finalmente, forti misure universali di sostegno al reddito, nonostante il fallimento dell’attuale welfare certificato in modo inconfutabile dalla pandemia. Dunque la lezione non è servita e oggi ci troviamo nella condizione di dover pianificare, per forza di cose, un blocco delle attività che, è inutile nasconderlo, da parziale diverrà totale, in presenza di un’organizzazione sanitaria per nulla migliorata.
Gli aiuti dall’Europa
di Ventotene
Tanto per cambiare servono soldi e tanti. Almeno 600 miliardi di euro subito! Dove li prendiamo? Facciamoci aiutare dell’Unione Europea, quella sociale prefigurata a Ventotene. Il Recovery Fund lasciamolo perdere. Quei soldi arriveranno a babbo morto. Prendiamo il prestito dal Mes. 36 miliardi (in realtà 22 perché 14 li abbiamo aggiunti nella recente ricapitalizzazione dell’istituto) di pannicelli caldi a tassi d’interesse agevolati. Prima di accedere alla linea della “Banca Mes”, però, dobbiamo pretendere che l’Europa, quella di Ventotene, sospenda gli effetti del :” REGOLAMENTO (UE) N. 472/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2013 sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria”.Una norma in cui all’art.18 si legge: È opportuno conferire al Consiglio il potere di adottare raccomandazioni sull'adozione di misure correttive a carattere precauzionale e sulla predisposizione di un programma di aggiustamento macroeconomico, il potere di approvare i programmi di aggiustamento macroeconomico, il potere di adottare decisioni sulle principali condizioni che il MES o il FESF progettano di inserire a titolo precauzionale fra quelle richieste per la concessione dell'assistenza finanziaria (-) il potere di raccomandare l'adozione di misure correttive agli Stati membri nell'ambito della sorveglianza post-programma”. Tradotto: per avere i soldi del Mes, il consiglio europeo ci detta le condizioni necessarie al programma di aggiustamento macro economico durante il corso del prestito (tagli a sanità, scuola, privatizzazioni varie dei servizi, smembramento dello stato sociale ), e decide le misure correttive post-finanziamento, nel caso in cui i programmi pianificati si siano rivelati insufficienti (ulteriori tagli).
Attenzione! Non sto parlando di condizionalità, come l’impegno esclusivo dei fondi per la sanità, o i vari memorandum, quelle si concordano direttamente con il Mes che, giova ribadirlo, è una banca, e, come tale, fa gli interessi dei creditori. Qui si tratta del regolamento a cui devono sottostare tutti i Paesi dell’area euro che chiedono un prestito alle istituzioni finanziarie europee (Mes: Meccanismo europeo di stabilità, Mesf: Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, Fesf : Fondo europeo di stabilità finanziaria) o ad un'altra istituzione finanziaria internazionale pertinente, quale il Fondo monetario internazionale (FMI).
A dirla tutta anche l’erogazione dei 127 miliardi di prestito presom nell’ambito del Recovery Fund, ci obbliga al rispetto del regolamento UE 472/2013. Non è un caso che nessun Paese dell’Unione abbia usufruito, o intenda usufruire, dei soldi del Mes. Addirittura Spagna e Portogallo hanno rinunciato alla parte di prestiti compresa nel Recovery Fund. Nessuno è disposto a cedere la propria autonomia finanziaria al controllo dei tagliatori della UE. Però se si abolisse il regolamento 472/2013 in nome dell’Europa di Ventotene, il discorso potrebbe essere praticabile. Ma come detto i 36 miliardi del Mes sarebbero quisquilie. Hai voglia ad arrivare a 600 mila euro!
Affidamento protetto
al mercato finanziario
Si potrebbe però percorrere un’altra via. Cioè reperire i fondi emettendo titoli di Stato direttamente sul mercato finanziario. Tutto ciò , però, dopo aver preteso l’aiuto della BCE, sempre in nome dell’Europa di Ventotene, per contenere i tassi d’interesse al fine di metterci al riparo dalla speculazione finanziaria. Come? Impegnando la Banca Centrale Europea ad acquistare i titoli invenduti, o comunque un’ingente stock di obbligazioni, per ogni emissione, direttamente dallo Stato, così come una volta faceva la Banca d’Italia con il Tesoro. In questo modo potremmo ottenere i soldi necessari subito, senza cedere la sorti della nostra politica economica agli ultraliberisti che trafficano dietro le consorterie della UE.
E già che ci siamo. Perché non approfittare della pandemia per sospendere, o abolire, l’art.63 del TFUE, quello in cui sono : ” vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi”. Così, tanto per tornare a riprenderci un po’ di quei profitti milionari che, i pochi ma ricchi, possessori di rendite finanziarie, sottraggono al fisco spostando con un click, in trenta secondi, i propri capitali nei paradisi fiscali. Si tratta di 120 miliardi di evasione all’anno circa il 12% del Pil con il quale si potrebbe rimettere in piedi la sanità, la pubblica istruzione, oltre che il welfare. Avanzerebbero pure un bel po’ di denari per investimenti pubblici finalizzati al rilancio dell’economia e del lavoro.
Non dovrebbe essere molto difficile ottenere queste modifiche ai trattati nell’Europa di Ventotene. Ma esiste l’Europa di Ventotene? O è un sordido imbroglio?
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