Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 4 settembre 2010

LA GELMINI VUOLE LA GUERRA? L’AVRA’


di Fabiana Stefanoni  dei coordinamenti di lotta dei precari della scuola.



Sciopero ad oltranza per piegare il governo!



 
“Rassegnatevi”: è questa la risposta che la Gelmini ha dato ai precari della scuola che hanno perso il posto. Sono almeno 65 mila i lavoratori della scuola a tempo determinato a cui a settembre non è stato rinnovato il contratto di lavoro. Altrettanti dovranno accontentarsi di uno stipendio ridotto o, nella migliore delle ipotesi, di sedi di lavoro più disagiate. Ma, soprattutto, per loro non esistono più prospettive di assunzione. La Gelmini lo ha detto con chiarezza: non ci sono soldi per assumere 200 mila precari. Ovvio, rispondiamo noi. Il governo ha preferito dirottare le risorse verso altri lidi: gli incentivi alla Fiat di Marchionne, le spese di guerra, il sistema degli ammortizzatori sociali utile a congelare (temporaneamente) la protesta operaia. Non è un caso che la Gelmini abbia lodato le scelte di Marchionne: un modo per ricordare, se ce ne fosse bisogno, che stanno entrambi dalla stessa parte della barricata.
 
16 mila assunzioni in ruolo: l’ultima briciola che cade dal tavolo
10 mila docenti e 6500 lavoratori Ata (personale tecnico-amministrativo e bidelli): sono queste le ultime assunzioni in ruolo nella scuola pubblica italiana. Una miseria, se si considera che sono più di 200 mila i precari che, saltuariamente (con supplenze annuali o di pochi mesi), lavorano nelle scuole. Per tutti gli altri non resta che la precarietà eterna, oppure la disoccupazione. La “riforma” Gelmini ha preso il via due anni fa, con lo smantellamento del sistema dell’istruzione elementare: ora entra in vigore la ristrutturazione dell’istruzione secondaria, con il taglio di decine di ore di insegnamento settimanali in tutti gli istituti. Per le tasche dello Stato si tratta di un grosso risparmio, che ricade sia sulle spalle degli studenti (che vedranno un drastico scadimento dell’offerta didattica) sia sulle spalle dei lavoratori della scuola.
Di fronte a questo sfacelo, sono ignobili i commenti rilasciati dalle direzioni di Cisl e Uil: ancelle del governo Berlusconi, che hanno avuto il coraggio di parlare pubblicamente di “grande risultato” in riferimento alle misere assunzioni. Un “grande risultato” che pesa sulle spalle di decine di migliaia di precari che hanno perso il posto di lavoro. Invece, la direzione della Cgil - che si pone, in questa fase, all’opposizione e chiama alla mobilitazione – ha fino ad oggi scambiato le parole coi fatti, limitandosi a scioperi dimostrativi e centellinati e rifiutandosi di dare vita a proteste incisive persino quando esisteva la disponibilità da parte dei lavoratori (ricordiamo, a titolo di esempio, che la Cgil si è rifiutata di proclamare lo sciopero degli scrutini di giugno “per non disturbare studenti e famiglie”). Parallelamente sul versante del sindacalismo di base – diviso anche nella scuola in mille rivoli - manca ad oggi un fronte combattivo e unitario.
Nonostante si tratti di una categoria molto frammentata, da parte dei lavoratori della scuola non è mancata la costruzione di mobilitazioni significative. I primi scioperi generali della scuola, all’indomani dell’insediamento dell’attuale governo, sono stati molto partecipati: centinaia di migliaia di lavoratori in piazza sono stati traditi dalle direzioni sindacali, che non hanno voluto prolungare la lotta preferendo, a livelli diversi (seduti a fianco del ministro Gelmini nel caso di Cisl e Uil, da interlocutori esterni nel caso della Cgil), usare le buone maniere col governo. Similmente, sono sorti in tutta Italia coordinamenti di lotta dei precari della scuola, coordinamenti e assemblee autoconvocate degli insegnanti, presidi permanenti sotto gli uffici scolastici. L’assenza di una direzione in grado di trasformare questi momenti di lotta in una mobilitazione ad oltranza ha permesso al governo di segnare, per ora, un punto a suo favore: i tentativi estremi e disperati da parte dei precari di cercare almeno un po’ di visibilità con scioperi della fame e altre azioni simboliche non permetteranno di respingere i tagli e i licenziamenti.
 
La truffa degli ammortizzatori sociali
Oltre al danno la beffa: la Gelmini, provocatoriamente, ha definito i portavoce delle lotte dei precari “gente che fa politica”. Non solo: facendo leva sul luogo comune degli “insegnanti fannulloni” ha addirittura insinuato, riferendosi agli accordi tra Stato e Regioni, che i precari spesso preferiscano l’indennità di disoccupazione a un posto di lavoro. Non tutti avranno capito questo riferimento, ma è presto spiegato. La Gelmini si riferisce al cosiddetto “contratto di disponibilità”, declinato in modo parzialmente diverso da Regione a Regione. Si tratta di una sorta di cassa integrazione al ribasso, con cui Stato e Regioni si impegnano a offrire – per qualche mese e solo a una ristretta fascia di precari che hanno perso il posto di lavoro - una rendita mensile di poche centinaia di euro, il punteggio che serve per mantenere il posto nelle graduatorie, la priorità nelle chiamate per le supplenze, i contributi pensionistici. In cambio, il precario che firma il contratto (che è facoltativo) si impegna a essere letteralmente a disposizione dello Stato e delle Regioni: non potrà rifiutare incarichi di supplenza che gli verranno conferiti nella sua provincia (anche se, per ipotesi, la supplenza dovesse essere a centinaia di chilometri da casa) e dovrà svolgere ogni attività che gli venga proposta dalla Regione. Si tratta di una truffa: come la cassa integrazione nelle fabbriche è un mezzo utile solo a procrastinare la fine del lavoro, similmente questo contratto non è altro che l’anticamera della disoccupazione. Tra l’altro i precari che potranno accedervi sono solo una piccolissima percentuale di quelli che hanno perso il posto di lavoro.
 
Solo lo sciopero ad oltranza può piegare il governo
Accanto alle provocazioni non mancano le ipocrisie dei partiti della cosiddetta opposizione (borghese). Il segretario del Pd Bersani si è presentato ai presidi dei precari garantendo la sua solidarietà: fingendo di dimenticare che, ai tempi del governo Prodi, il decreto che portava il suo nome è quello che ha trasformato, ben prima dell’avvento della Gelmini, le scuole pubbliche in “fondazioni di diritto privato”, aprendo la strada agli attuali processi di privatizzazione; fingendo di dimenticare che il primo piano di licenziamenti di massa dei precari della scuola (40 mila) è stato varato dal ministro Fioroni, cioè dal ministro dell’Istruzione del governo Prodi (col voto a favore dei vari Vendola, Ferrero, di Pietro); fingendo di dimenticare che se oggi 180 mila precari possono essere lasciati a casa senza nemmeno una lettera di licenziamento è grazie al fatto che nessun governo di nessun colore si è preoccupato di assumere in ruolo questo esercito di precari. Sappiamo anche che i precedenti piani di ristrutturazione della scuola pubblica italiana targati centrosinistra (come quello a firma Berlinguer) non erano per niente diversi, nella sostanza, dall’attuale “riforma” Gelmini.
E’ importante che dalle lotte dei precari della scuola sia bandita l’illusione che qualche risposta possa venire dai partiti del centrosinistra: basti citare le prese di posizione degli amministratori locali del Pd contro il recente sciopero degli scrutini di giugno per capire che le parole contro i tagli alla scuola pubblica sono solo una recita a scopo elettorale. La crisi del capitalismo induce la borghesia a tagliare la spesa pubblica per fare cassa e preservare i profitti: nessuna soluzione contro i tagli potrà venire dai partiti del centrosinistra che quella borghesia si candidano a rappresentare in alternanza col centrodestra.
C’è una sola strada percorribile ed efficace per respingere i tagli: è la strada della lotta e dello sciopero ad oltranza. L’esempio ci viene dal  SUDAFRICA
: anche là, come in Italia, lo sciopero nei servizi pubblici è soggetto a forti limitazioni. Tuttavia, da giorni e settimane i lavoratori del pubblico impiego sono in sciopero, anche contro leggi e normative. Sappiamo che una mobilitazione di questo tipo potrà aver luogo solo se ci sarà una partecipazione di massa e, soprattutto, solo se la spinta propulsiva verrà dalle fabbriche. Il compito che ci dovremo porre in questo autunno sarà quello di costruirla.

2 commenti:

  1. Caro storico.
    La compagna Fabiana Stefanoni indica , se leggi bene l’intervento, dove di sarebbero potuti recuperare i fondi per non ridurre la scuola al collasso: Il finanziamento della Fiat, attraverso gli eco incentivi, che ha portato grossi dividendi nelle tasche degli azionisti senza produrre alcun vantaggio per gli operai, e le spese di guerra. In relazione a quest’ultime basti solo citare la decisione del governo ratificata l’8 aprile del 2009 di acquistare 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter al costo di 12,9 miliardi di euro, si tratta di aerei di attacco che possono trasportare anche ordigni nucleari. E che diavolo ce ne facciamo? Aggiungo inoltre che applicando semplicemente il dettato costituzionale in cui all’art 34 è enunciato il principio per cui “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.” E’ possibile recuperare fondi dalle elargizioni fatte alle scuole private compresi gli 800 milioni di euro pubblici regalati alla scuola della molgie di Bossi , la “scuola libere dei popoli padani”. I soldi come vedi si sarebbero potuti trovare

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