Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 16 luglio 2012

Have a good trip, Jon, on the highway star

Luciano Granieri


Era il natale del 1974, da bambino tredicenne scartare i regali sotto l’albero era ancora un momento magico e atteso,  in particolare quell’anno.  Infatti mio cugino, sentendomi picchiare per tutta l’estate su scatoloni e ghirbe di plastica con bacchette improvvisate cercando di tenere il tempo su “Eppur mi son scordato di te" della Formula tre, capì che già covava dentro di me un ‘anima rock blues . Mi promise quindi un regalo diverso dai soliti giochi o peggio dai ritiriti maglioni di mia zia. Non volle dirmi nulla e quella notte  sotto l’albero trovai un pacchetto  diverso dal solito. Aprii e dentro c’erano tre Lp, tre incisioni fantastiche: Per un amico della PFM, Caranvanserai  di Carlos Santana e Who do we think we are dei Deep Purple. I  tre dischi erano stupendi ,   ma quando misi sul piatto Who do we think we are, che fra l’altro sfoggiava una copertina molto natalizia, alle prime note saltai dalla sedia. In particolare quando  iniziò un blues molto “IGNORANTE”  dal titolo “Place in line” capii che quella era la mia musica  e da li sarebbe iniziato il percorso di grande appassionato di rock,  blues, jazz e della world music in generale. In “Place in Line”  mi colpì molto l’assolo del tastierista, un musicista formidabile, forse uno dei migliori esecutori all’organo Hammond. Il suo nome era Jon Lord.  Jon ,   insieme a Ritchie Blackmoore, alla chitarra, allo straordinario mancino Ian Paice alla batteria, a Roger Glover al basso, poi sostituito da Glenn Hughes,  al  leggendario vocalist Ian Gillan ,sostituito in seguito da Dave Coverdale, fu autore della colonna sonora della mia adolescenza  . Dei Deep Purple  divorai tutti i dischi  in particolare consumai sul piatto dello stereo   i classici “In Rock” “Fireball” Machine Head”,  fra le cui tracce figurava l’immortale “Smoke on the water”,  e  il live “Made in Japan” . In tutti quei brani ascoltati e riascoltati all’infinito l’Hammond di Jon Lord era sempre una sorpresa, nei suoi assolo si scopriva sempre qualcosa di nuovo, un fraseggio, una sviata, un glissato.  Putroppo   con tristezza e malinconia oggi apprendiamo che Jon Lord è deceduto . Il tastierista co-fondatore dei Deep Purple si è spento  a 71 anni in ospedale a Londra per le complicazioni di un embolia polmonare . Quando se ne va un musicista è sempre molto triste, ma quando se ne va un artista  i cui fraseggi, hanno segnato i  minuti e le ore della tua vita,  un musicista le cui note ti facevano pavoneggiare  con i   compagni di scuola, ti hanno fatto conquistare una ragazza (Child in time), sono state il veicolo  per  trasmettere a tuo figlio il sacro fuoco della musica, allora senti il vuoto. Un vuoto sordo, è come se ti portassero via un pezzo della tua storia personale.  Ora Jon non c’è più ma resta la sua straordinaria musica,  la sua stupefacente sensibilità blues , i suoi virtuosismi impressionanti ma mai ridondanti o eccessivi.   Vogliamo ricordarlo con due contributi. Il primo è un raccolta dei suoi assoli più significativi, il secondo vede Jon  impegnato con i compagni di tante battaglie i Deep Purple, nella line Up composta da Ian Paice alla batteria, Ritchie Blackmoore  alla chitarra, Glenn Hughes al basso e voce, Dave Coverdale  voce. Il brano è il deflagrante “Burn”. Thank you for all Jon




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