il contributo di Attac
Italia verso una manifestazione nazionale e oltre
La crisi della democrazia, in Europa e nel
nostro Paese, sta subendo un ulteriore avvitamento. A fronte di un' Unione
Europea totalmente avvinghiata al dogma delle politiche liberiste e di
austerità, la frustrazione sociale per il drammatico peggioramento delle
condizioni di vita diviene sempre più terreno di coltura -e, spesso, approdo di
governo- di formazioni politiche che fanno del sovranismo identitario e del
nazionalismo razzista l'orizzonte della propria azione.
Assistiamo così ad un tragico teatro, all'interno del quale
viene messa in scena una singolar tenzone fra avversari che sembrano
combattersi con asprezza, ma dentro un copione prestabilito di
rafforzamento del dominio delle elite economico-finanziarie, che
reclamano rassegnazione alle politiche di espropriazione di diritti, beni
comuni e democrazia.
Il governo Lega-5Stelle, insediatosi dopo le
elezioni del 4 marzo scorso, è da questo punto di vista un esempio evidente:
nato dalla socializzazione del rancore -sia esso prodotto dal cittadinismo
meritocratico' dei 5Stelle, sia esso prodotto dall''individualismo
proprietario' della Lega- dopo aver riempito i mass media di roboanti
dichiarazioni contro le politiche di austerità, ha di fatto canalizzato la
frustrazione sociale verso il razzismo e la guerra contro i poveri.
Lega e 5Stelle non sono ovviamente arrivati
all'improvviso; hanno occupato uno spazio, lasciato vuoto per decenni, da una
sinistra variamente articolata che, grazie all'interiorizzazione totale della
dottrina liberista e alle conseguenti politiche portate avanti, ha minato alle
fondamenta il proprio blocco sociale, fino a determinare la propria scomparsa
dalle istituzioni e la propria ininfluenza nella società.
Ciò a cui stiamo assistendo è, a nostro avviso, un'ulteriore
tappa della trappola del debito, che, dopo aver contributo, grazie alle
politiche liberiste e di austerità, all'enorme spostamento di ricchezza
collettiva nelle mani delle lobby finanziarie e dei ceti alti della società,
oggi interviene come arma di disciplinamento sociale.
E che necessita di autoritarismo per imporre la
rassegnazione sociale all'inevitabilità delle politiche d'austerità (“c'è il
debito, non ci sono i soldi”) e che necessita del razzismo
per canalizzare la frustrazione sociale per l'”impossibile” cambiamento (“se
i soldi non ci sono, prima gli italiani”).
Sembra un terreno abbondantemente arato che, giorno dopo
giorno, ci fa assistere attoniti al peggioramento delle relazioni sociali, al
superamento della soglia di dignità, all'emergere di un fascismo sempre meno
strisciante.
Tuttavia, la società italiana è attraversata da un
altro paradosso. Il numero di donne e uomini che, dentro la loro
quotidianità sociale, mettono in campo lotte, pratiche ed esperienze che
suggeriscono un altro orizzonte e un altro modello, non è mai stato così ampio
come in questi ultimi anni; contemporaneamente, questo insieme di donne e di
uomini non ha mai inciso così poco sull'agenda politica come in questi medesimi
anni.
E' come se la rassegnazione all'inevitabilità
della trappola del debito avesse ridimensionato anche il loro orizzonte e
l'azione compiuta da ciascuno di essi, pur essendo anche molto radicale dentro
l'esperienza specifica, avesse smesso di essere considerata parte di un sogno
collettivo per una società diversa.
E' a questo variegato mondo di esperienze,
dalle lotte per i diritti sociali a quelle di sostegno ai migranti, dalle
battaglie contro la precarietà alle esperienze di mutualismo conflittuale,
dalle lotte contro le grandi opere a quelle per la riappropriazione sociale dei
beni comuni, dalle esperienze di una diversa agricoltura e produzione alle
realtà di autogoverno urbano e sociale, che vorremmo rivolgerci per porre le
medesime domande che attraversano anche noi:
E' questa la società che vogliamo?
Possiamo assistere al drastico peggioramento delle
condizioni di vita e delle relazioni sociali senza provare a mettere in campo
un nuovo protagonismo collettivo?
Possiamo sottrarci alla finta contrapposizione fra
establishment e sovranismo reazionario non con l'esilio, ma con uno scarto di
lato e un salto in avanti?
Noi
pensiamo di si e per questo rispondiamo positivamente alla proposta lanciata da
Il Manifesto per una manifestazione nazionale a settembre contro il razzismo.
Perchè tuttavia non rimanga un evento tanto fondamentale
quanto episodico, crediamo sia utile porre a tutti noi un ulteriore domanda:
Perchè non provare a costruire luoghi di confronto e
di convergenza delle lotte, delle vertenze, delle esperienze e delle pratiche
alternative, che si prefiggano, nelle forme, nei tempi e nei modi che da questi
usciranno, un appuntamento nazionale di incontro, per dire tutte e tutti
assieme:
“Fuori dalla trappola
del debito, dal razzismo e dalla precarietà,
diritti, beni comuni e
democrazia per tutti”?
Non sappiamo se sarà possibile, né quale potrà essere
l'approdo.
Ma abbiamo deciso di riprendere a camminare e vorremmo farlo
tutte e tutti assieme.
Con la consapevolezza di non voler mai rinunciare a cambiare
lo stato di cose presenti e di voler riaprire l'orizzonte delle possibilità.
D'altronde, anche il loro potere, che pur appare feroce, è
profondamente fragile. Perchè dura solo finchè dura la nostra rassegnazione.
ATTAC ITALIA
a tutte le realtà
interessate ad approfondire queste riflessioni e proposte, chiediamo di
segnalarsi scrivendo a segreteria@attac.org
Nessun commento:
Posta un commento