“Il quartiere non è il
massimo, vie larghe e palazzoni qui non abita nessuno di famoso” Così comincia il brano “Clan Banileu” inciso nel 1996 dei Modena City Ramblers .
Altri
tempi. Però il quartiere popolare di Colleferro Scalo, in particolare L.go Don
Nicola Fontana, assomiglia all’immagine resa della canzone. Anche se in qualcosa differisce. E’ vero quel quartiere
non è il massimo, ma le vie non sono così larghe, ed ai palazzoni si
sostituiscono edifici bassi, due o tre piani al massimo, dove il colore
scrostato delle facciate, diverso
da fabbricato a fabbricato , rivela quanto gli interventi di manutenzione si perdano nella notte dei tempi.
Soprattutto non è vero che li non abita nessuno di famoso. Le donne di Colleferro Scalo sono famose,
eccome se lo sono!
Hanno vinto un riconoscimento prestigioso. Il premio “ Donne, Pace e Ambiente “ intitolato alla
prima donna africana insignita di un premio Nobel, la biologa Wangari
Maathai. Riconoscimento attribuito loro
dall’associazione “A Sud” e
consegnato l’otto marzo scorso presso La Casa Internazionale delle Donne.
Il merito di queste donne è incommensurabile e ,dico io, difficilmente emulabile. Sono loro che da quel quartiere, situato all’ingresso dell’unica via
d’accesso ai due inceneritori che la Regione Lazio vuole
riattivare, guidano il presidio teso a bloccare la rimessa in funzione di queste
letali ciminiere. Arnesi che aggraverebbero irreparabilmente la già
compromessa situazione ambientale di Colleferro e tutta la Valle dl Sacco, devastata dalla discarica di Colle Fagiolara , dalla ex BDP,
oggi fabbrica d’armi Avio, dal Cementificio.
Il movimento “Rifuitiamoli” costituitosi per
condurre la battaglia contro i velenosi impianti destinati a bruciare rifiuti, è guidato da
queste donne. Il presidio, che sabato scorso ha tagliato il traguardo dei 300
giorni, ha vissuto momenti di tensioni, quando attivisti e cittadini hanno
bloccato i camion che portavano l’immondizia agli inceneritori.
Di fatto ad
oggi gli impianti sono fermi . Infatti i grandi bruciatori, entrati nella strategia
di alienazione pubblica e privatizzazione di società e strutture controllate dalla Regione , a
seguito del bando di vendita emesso dai vertici regionali andato deserto, non hanno trovato un compratore. Nessun
privato ha osato interessarsi ad impianti la cui funzionalità è stata bloccate dalla lotta popolare.
Ma il quartiere di Colleferro Scalo,
non è solo contrasto alla devastazione
ambientale, è anche portatore di un
modello di rapporti sociali basato su solidarietà e condivisione. Un modello di salvaguardia del proprio territorio fatto di partecipazione
popolare. Ciò che tra la fine del
vecchio secolo e l’inizio del nuovo, aveva contraddistinto il movimento no global, poi
soffocato nel sangue dalla forze del disordine ingaggiate dai signori dell’ultraliberismo
.
Democrazia e bilancio partecipato, molti fra noi ricorderanno quella stagione. Ebbene fatevi una passeggiata a Colleferro Scalo,
troverete un parco giochi, dove i tronchi degli alberi sono abbelliti da
coperte fatte a maglia proprio dalle donne di “Rifiutiamoli”. Andate li fra le case
dove le porte e le finestre sono sempre aperte anche su stanze
come il bagno, ambiente degno della massima privacy, quasi a condividere l’aspetto più intimo della
propria vita.
Parlate con la gente di Colleferro Scalo! Vi troverete a discutere
non solo di ambiente, ma di politica vera, quella basata sulla partecipazione
reale delle persone alle decisioni inerenti il proprio quartiere, la propria
città, il proprio Paese. Parlate con loro, sono disposte ad ascoltarvi ad
accogliere suggerimenti, a dare consigli.
Sono ambiziose le donne e gli uomini di Colleferro Scalo?
Certamente, infatti stanno progettando la costituzione di un movimento che, partendo dalle lotte per l’ambiente, possa
estendersi all’organizzazione di un
sistema di gestione collettiva, condivisa
e partecipata del territorio. Questa è la politica, il resto è fuffa.
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