Dichiarazione della Commissione internazionale delle donne
della Lit-Quarta Internazionale
Il 25 novembre 1960, le sorelle Mirabal furono uccise perché affrontarono la dittatura di Trujillo nella Repubblica Dominicana, dopo 40 anni l’ONU ha decretato quella data come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Lungi dal rimanere nei calendari e nelle università, il 25 novembre è diventato un giorno di lotta per denunciare e richiedere ai governi e alla società misure concrete per garantire alle donne una vita senza violenza.
Il prossimo 25 novembre le donne non hanno nulla da festeggiare. Per prima cosa, perché il maschilismo e la violenza, lungi dal regredire, aumentano sistematicamente, ferendo sempre di più le donne. Le agenzie internazionali come l'Onu e l'Oms segnalano che 1 donna su 3 nel mondo ha subito violenza fisica e/o sessuale e 60.000 donne muoiono ogni anno, vittime di femminicidi; circa la metà di loro per mano del proprio partner o del capofamiglia.
In secondo luogo, circa 120 milioni di donne sono state vittime di abusi sessuali in un certo momento della loro vita, una situazione di violenza condivisa dalle donne che vivono nei Paesi ricchi e poveri. L'America Latina ha il più alto tasso di violenza sessuale contro le donne al di fuori di una relazione e il secondo più alto tasso da parte del partner attuale o dell’ex. Questa regione, tra l'altro, è la più violenta al mondo per le donne al di fuori di un contesto di guerra, secondo l'Onu.
Ma questo non significa che in altre parti del mondo siano al sicuro. Nell'Unione europea, metà delle donne ha subito un tipo di molestia sessuale da quando aveva 15 anni e, cosa ancora più grave, 1 europeo su 3 pensa che l'abuso sessuale sia giustificato in alcuni casi. Nell'Africa centrale e meridionale, il 40% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni e il 14% prima dei 15. In 34 Paesi, il matrimonio con la vittima è motivo di perdono in caso di abuso sessuale contro minori. Come si può vedere, la violenza contro le donne è endemica e dimostra il maschilismo radicato nella società e in tutto il mondo.
Lungi dal rimanere nei calendari e nelle università, il 25 novembre è diventato un giorno di lotta per denunciare e richiedere ai governi e alla società misure concrete per garantire alle donne una vita senza violenza.
Il prossimo 25 novembre le donne non hanno nulla da festeggiare. Per prima cosa, perché il maschilismo e la violenza, lungi dal regredire, aumentano sistematicamente, ferendo sempre di più le donne. Le agenzie internazionali come l'Onu e l'Oms segnalano che 1 donna su 3 nel mondo ha subito violenza fisica e/o sessuale e 60.000 donne muoiono ogni anno, vittime di femminicidi; circa la metà di loro per mano del proprio partner o del capofamiglia.
In secondo luogo, circa 120 milioni di donne sono state vittime di abusi sessuali in un certo momento della loro vita, una situazione di violenza condivisa dalle donne che vivono nei Paesi ricchi e poveri. L'America Latina ha il più alto tasso di violenza sessuale contro le donne al di fuori di una relazione e il secondo più alto tasso da parte del partner attuale o dell’ex. Questa regione, tra l'altro, è la più violenta al mondo per le donne al di fuori di un contesto di guerra, secondo l'Onu.
Ma questo non significa che in altre parti del mondo siano al sicuro. Nell'Unione europea, metà delle donne ha subito un tipo di molestia sessuale da quando aveva 15 anni e, cosa ancora più grave, 1 europeo su 3 pensa che l'abuso sessuale sia giustificato in alcuni casi. Nell'Africa centrale e meridionale, il 40% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni e il 14% prima dei 15. In 34 Paesi, il matrimonio con la vittima è motivo di perdono in caso di abuso sessuale contro minori. Come si può vedere, la violenza contro le donne è endemica e dimostra il maschilismo radicato nella società e in tutto il mondo.
La violenza del sistema contro le donne
Le aggressioni fisiche e psicologiche, i femminicidi, le violenze (compresa la violenza correttiva contro Lgbti) e altre forme di molestia; mutilazioni genitali, matrimoni forzati e tratta di persone a scopo di sfruttamento sessuale sono i tipi più comuni di violenza contro le donne. Ma è importante sottolineare che la violenza si presenta in molte forme: qualsiasi comportamento (azione o omissione) di discriminazione, aggressività o coercizione causata dal semplice fatto che la vittima è una donna e che causa danno, morte, vergogna, limitazione fisica, sessuale, morale, psicologica, sociale, politica o ristrettezza economica o perdita patrimoniale, sia nella sfera privata che in quella pubblica, è una violenza contro le donne.
Allo stesso modo, tra tutte le violenze commesse contro le donne, la principale è quella del sistema stesso. Il capitalismo decadente impone un peggioramento delle condizioni di vita per la classe operaia e il degrado dei rapporti umani, conseguenza di questo sistema, portano come risultato ad un approfondimento del maschilismo e della violenza, rendendo le donne lavoratrici le principali vittime. I governi e i politici borghesi lungi dall’invertire questa situazione, la aggravano con i loro piani di stabilizzazione che attaccano i diritti sociali e lavorativi, creando disoccupazione e precarietà, riducendo la spesa sociale, rendendo più flessibili i diritti e la privatizzazione dei servizi.
L'insieme dei lavoratori ha sentito gli effetti della crisi economica, ma le conseguenze per le lavoratrici sono particolarmente crudeli perché la combinazione di oppressione e sfruttamento, che le pone già così in una situazione di disuguaglianza nella società, le trasforma nell'obiettivo preferito degli attacchi, facendo delle donne povere, delle donne di colore e delle immigrate rifugiate quelle che soffrono di più. L'attuale crisi umanitaria e le sue conseguenze per le rifugiate sono la prova inalienabile che il capitalismo decadente non risolve la disuguaglianza tra uomini e donne, ma la approfondisce.
L'atteggiamento indifferente da parte di tutti i governi, o dei politici borghesi (molti dei quali coinvolti persino in scandali di violenza e molestie) nel proteggere i diritti di donne e ragazze, non può essere visto come una semplice superficialità. La loro mancanza di volontà politica e la loro connivenza hanno a che fare con il fatto che il capitalismo beneficia della violenza e dell'oppressione per dividere i lavoratori e sottometterli ancora più al servizio dello sfruttamento di tutta la classe e del super-sfruttamento di interi settori di essa, come le donne. Non vi è una prova più chiara di ciò come il fatto che anche se le donne governano (Dilma, Cristina, Bachelet, Merkel), la violenza aumenta.
La violenza sociale, il peggior tipo tra l'altro, condanna le donne lavoratrici, i loro bambini e le loro famiglie alla fame, alle malattie e alla povertà, ma non è denunciata dalle Nazioni Unite o dalle agenzie dell'imperialismo che sono abili nelle statistiche, perché è causata proprio dal sistema capitalista che difendono e sostengono. In questo senso, la lotta contro la violenza sessista, se non è unita alla lotta contro lo sfruttamento capitalista, è condannata a essere sconfitta, perché è funzionale al sistema e non sarà mai presa sul serio da coloro che detengono il potere, siano essi uomini o donne.
Le aggressioni fisiche e psicologiche, i femminicidi, le violenze (compresa la violenza correttiva contro Lgbti) e altre forme di molestia; mutilazioni genitali, matrimoni forzati e tratta di persone a scopo di sfruttamento sessuale sono i tipi più comuni di violenza contro le donne. Ma è importante sottolineare che la violenza si presenta in molte forme: qualsiasi comportamento (azione o omissione) di discriminazione, aggressività o coercizione causata dal semplice fatto che la vittima è una donna e che causa danno, morte, vergogna, limitazione fisica, sessuale, morale, psicologica, sociale, politica o ristrettezza economica o perdita patrimoniale, sia nella sfera privata che in quella pubblica, è una violenza contro le donne.
Allo stesso modo, tra tutte le violenze commesse contro le donne, la principale è quella del sistema stesso. Il capitalismo decadente impone un peggioramento delle condizioni di vita per la classe operaia e il degrado dei rapporti umani, conseguenza di questo sistema, portano come risultato ad un approfondimento del maschilismo e della violenza, rendendo le donne lavoratrici le principali vittime. I governi e i politici borghesi lungi dall’invertire questa situazione, la aggravano con i loro piani di stabilizzazione che attaccano i diritti sociali e lavorativi, creando disoccupazione e precarietà, riducendo la spesa sociale, rendendo più flessibili i diritti e la privatizzazione dei servizi.
L'insieme dei lavoratori ha sentito gli effetti della crisi economica, ma le conseguenze per le lavoratrici sono particolarmente crudeli perché la combinazione di oppressione e sfruttamento, che le pone già così in una situazione di disuguaglianza nella società, le trasforma nell'obiettivo preferito degli attacchi, facendo delle donne povere, delle donne di colore e delle immigrate rifugiate quelle che soffrono di più. L'attuale crisi umanitaria e le sue conseguenze per le rifugiate sono la prova inalienabile che il capitalismo decadente non risolve la disuguaglianza tra uomini e donne, ma la approfondisce.
L'atteggiamento indifferente da parte di tutti i governi, o dei politici borghesi (molti dei quali coinvolti persino in scandali di violenza e molestie) nel proteggere i diritti di donne e ragazze, non può essere visto come una semplice superficialità. La loro mancanza di volontà politica e la loro connivenza hanno a che fare con il fatto che il capitalismo beneficia della violenza e dell'oppressione per dividere i lavoratori e sottometterli ancora più al servizio dello sfruttamento di tutta la classe e del super-sfruttamento di interi settori di essa, come le donne. Non vi è una prova più chiara di ciò come il fatto che anche se le donne governano (Dilma, Cristina, Bachelet, Merkel), la violenza aumenta.
La violenza sociale, il peggior tipo tra l'altro, condanna le donne lavoratrici, i loro bambini e le loro famiglie alla fame, alle malattie e alla povertà, ma non è denunciata dalle Nazioni Unite o dalle agenzie dell'imperialismo che sono abili nelle statistiche, perché è causata proprio dal sistema capitalista che difendono e sostengono. In questo senso, la lotta contro la violenza sessista, se non è unita alla lotta contro lo sfruttamento capitalista, è condannata a essere sconfitta, perché è funzionale al sistema e non sarà mai presa sul serio da coloro che detengono il potere, siano essi uomini o donne.
Per la fine della violenza maschilista e dello sfruttamento capitalista
Ma questa situazione di violenza sulle donne non si è prodotta invano, al contrario, ha generato un'enorme risposta e ha perfino contribuito a spingere l'intera classe lavoratrice a combattere contro i governi e i loro attacchi. Le strade stanno diventando sempre più il luogo dove sostenere con forza il grido delle donne contro il maschilismo, la violenza e la perdita dei diritti, diventando il motore di nuove lotte.
È essenziale serrare i ranghi attorno a questo movimento e promuoverlo, così come Lit-CI chiamiamo l'intera classe lavoratrice a marciare insieme alle donne per chiedere la fine della violenza, del maschilismo e dello sfruttamento capitalista, fermi nella comprensione che per unificare la classe e mettere le donne sullo stesso piano nella lotta contro lo sfruttamento capitalista, tutti i lavoratori (donne e uomini) devono collocarsi in modo deciso contro il maschilismo e la violenza.
Basta con la violenza contro le donne! La lotta contro il maschilismo e tutte le forme di oppressione è una lotta di tutta la classe operaia!
Ma questa situazione di violenza sulle donne non si è prodotta invano, al contrario, ha generato un'enorme risposta e ha perfino contribuito a spingere l'intera classe lavoratrice a combattere contro i governi e i loro attacchi. Le strade stanno diventando sempre più il luogo dove sostenere con forza il grido delle donne contro il maschilismo, la violenza e la perdita dei diritti, diventando il motore di nuove lotte.
È essenziale serrare i ranghi attorno a questo movimento e promuoverlo, così come Lit-CI chiamiamo l'intera classe lavoratrice a marciare insieme alle donne per chiedere la fine della violenza, del maschilismo e dello sfruttamento capitalista, fermi nella comprensione che per unificare la classe e mettere le donne sullo stesso piano nella lotta contro lo sfruttamento capitalista, tutti i lavoratori (donne e uomini) devono collocarsi in modo deciso contro il maschilismo e la violenza.
Basta con la violenza contro le donne! La lotta contro il maschilismo e tutte le forme di oppressione è una lotta di tutta la classe operaia!
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