Il pronto soccorso di Frosinone assomiglia ogni giorno di più ad un girone infernale. Fuori, il piazzale è intasato dalle ambulanze ferme in attesa di ricevere indietro la barella trattenuta per mancanza di lettighe su cui adagiare i malati in attesa di trattamento. Dentro impera un quadro di indegna disumanità, fatto di malate e malati in promiscuità con gli occhi spaventati e dispersi, in attesa che qualche medico, o infermiere possa, non dico curarli, ma quanto meno ascoltarli. Lo stesso personale sanitario in servizio, numericamente insufficiente, in preda a stress, rimbalza da una barella all’altra, da una sedia ad un’altra, con gli occhi fuori dalle orbite per cercare di trattare quanti più pazienti possibile. Uno sforzo che, per quanto encomiabile, resta insufficiente perché insufficiente è il personale sanitario .
Cittadinanzattiva Tribunale per i diritti del malato di Frosinone,
ha redatto una serie di proposte (vedi qui) utili a decongestionare il pronto soccorso
dell’ospedale Fabrizio Spaziani . Fondamentalmente tali proposte si basano su
tre direttrici: la prima riguarda l’assunzione di ulteriore personale sanitario; la seconda è inerente ad un miglior
coordinamento dei punti di primo soccorso, per lo più gestiti dai medici di
famiglia, allo scopo di renderli funzionali
al trattamento diretto delle patologie
meno gravi (codici verdi); la terza concerne una maggiore dotazione di posti letto allo
scopo di agevolare e rendere più brevi i tempi di ricovero.
In realtà la bolgia del pronto soccorso non
riguarda solo l’ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone, ma coinvogle gran parte degli ospedali del Lazio. Dal San
Camillo, al Pertini, al Santa Maria Goretti di Latina, le scene sono le stesse
di Frosinone. Dunque il problema investe
inevitabilmente la gestione della Regione Lazio, e del commissario Zingaretti.
Un pronto soccorso in crisi è sintomo forte di un ospedale in crisi. E non
potrebbe essere diversamente perché, in nome di un commissariamento decretato
per rientrare di un debito abnorme, contratto per lo più dalla gestione di Francesco
Storace, nell’era Zingaretti si sono persi 3.600 posti letto, chiusi 16
ospedali con una diminuzione del personale pari al 14% per il blocco turn-over.
Ribadisco: senza il personale i pronti soccorso non funzionano.
Ma siamo sicuri che
un depauperamento così deciso del servizio ospedaliero pubblico regionale
riesca a realizzare un’economia di esercizio significativa tanto da portarci
fuori dal commissariamento? Voglio ricordare che l’annuncio dell’uscita dal
regime commissariale ci viene propinato da Zingaretti ogni volta che è in vista
qualche tornata elettorale. L’ultima dichiarazione in merito rivelava che la
fine del commissariamento si sarebbe realizzata nel dicembre 2018. Ipotesi
ovviamente caduta nel vuoto.
E’ peraltro facile rientrare dei soldi
tagliando i servizi, ma così il sistema muore, i pazienti muoiono. Altresì la
salvaguardia della salute dei cittadini è un diritto costituzionalmente riconosciuto
per ottemperare il quale i concetti
prettamente economici di credito e debito non dovrebbero minimamente essere
contemplati. Ma anche volendo affrontare la questione sul campo strettamente
economico ,che brutalmente non tiene conto del servizio erogato, i conti non tornano.
Lo stazionamento della ambulanze vuote fuori dal pronto soccorso in attesa di vedersi
restituita la barella, ha un costo notevole, siamo sicuri che
assumere personale sanitario per rendere più PRONTO il SOCCORSO liberando
immediatamente le ambulanze costi di più? Ancora, e qui vengo ad un caso strettamente
legato all’ospedale di Frosinone, i pazienti ricoverati con frattura del femore, con altri traumi ossei, o
neurologici che hanno necessità di riabilitazione motoria post operatoria sono costretti a
rimanere in ospedale in attesa che si
liberi un posto presso i centri di riabilitazione privati accreditati. Infatti
le strutture interne all’ospedale dedicate alle cure riabilitative sono state chiuse per mancanza di personale.
Mediamente la degenza di attesa è di dieci giorni. Calcolando che un giorno di
ricovero costa mille euro, ogni malato incide sul sistema sanitario pubblico
per diecimila euro solo per attendere che si liberi un posto nella struttura
riabilitativa privata. Moltiplicando il
tutto per una decina di pazienti al mese
si arriva ad un costo di circa 100mila euro , un milione e duecentomila euro l’anno.
Con tutti questi soldi, comprensivi anche dei risparmi sui costi di convenzione e di
trasporto della ambulanze dall’ospedale alla clinica privata, non si riuscirebbe
a gestire una struttura riabilitativa
all’interno dell’ospedale considerato
che ci sono diverse palazzine della Asl in disuso?
Rimanendo alla Asl di Frosinone, la mobilità
passiva, cioè il costo dei malati che decidono di curarsi in altra Asl, incide
mediamente per quattro milioni l’anno. E’ così malsano ipotizzare l’utilizzo di quei quattro milioni per dotare l’ospedale di personale numericamente e professionalmente adeguato in modo da evitare che i pazienti vadano a
curarsi da un’altra parte?
Attenzione!
perché la mobilità passiva investe tutto il Lazio. Il saldo fra i malati che
decidono di trasferirsi in un’altra regione
e quelli che invece arrivano qui da fuori è in negativo per circa 225 milioni l’anno. Quanto personale e si potrebbe assumere con
225 milioni? Altro che blocco del turn-over. Dunque la gestione aziendale non è
poi così efficace. Forse era meglio il vecchio SSN in cui la tutela della
salute non rispondeva a dinamiche aziendali, ma doveva semplicemente essere
assicurata a tutti nel miglior modo possibile?
Sembrerebbe così, ma a questa narrazione
manca un pezzo. Un elemento decisivo per
capire quali sono i veri obiettivi del sistema .
Posto che la Regione commissariata non possa mettere soldi fino a che non rientrerà dei
debiti, anzi per questa situazione è costretta a chiudere ospedali, a rendere i
pronti soccorso dei luoghi di pena , come si spiega il finanziamento di duemilioni e
seicentomila euro al Campus Biomedico di
proprietà dell’Opus Dei? Oppure i 23 milioni elargiti al Policlinico Gemelli,
anch’esso una struttura non propriamente pubblica ma di proprietà di una
fondazione facente capo al Vaticano? Come si spiega la chiusura dei consultori
pubblici e il contemporaneo finanziamento
dell’ ospedale pediatrico Bambin Gesù,
anch’esso di proprietà della Santa Sede? Fra l’altro una parte della mobilità
passiva regionale è indirizzata proprio vero il Bambin Gesù ed il Gemelli,quindi
verso uno stato estero.
La ragione è evidente. Riguarda la inarrestabile strategia
ormai pienamente attiva volta alla privatizzazione della sanità pubblica e delle
sue strutture. Il commissariamento, i debiti, la gestione allegra delle Asl, gli
sprechi, sono dinamiche che fanno capo ad
un unico obiettivo, quello di dimostrare che il pubblico è inefficiente e
sprecone, mentre il privato è virtuoso ed eccellente.
Come giustificare altrimenti
la vendita da parte della Regione Lazio dell’Ospedale San Giacomo,in pieno
centro storico, per la cifra in saldo 61 milioni di euro, ad una società privata che lo vuole trasformare
in un polo alberghiero? Eppure quell’ospedale,
se riqualificato e ristrutturato garantirebbe almeno 27.000 accessi l’anno .
Anche
all’interno degli ospedali stessi molti servizi di estrema importanza, come il
Cup ed il ReCup, sono affidati alla gestione privata, attraverso cooperative che
vessano i propri dipendenti con stipendi da fame,privandoli dei più elementari
diritti sul lavoro. A Frosinone è esternalizzato pure il servizio di consegna delle cartelle
cliniche e il comparto amministrativo che s’incarica di redigere le buste
paga degli infermieri spesso sbagliandole.
Analizzando la questione sotto quest’ottica si capisce come le decisioni della politica, e
in questi caso anche del commissario Zingaretti , siano asservite agli
interessi delle lobby finanziarie e ai centri di potere come il Vaticano, i
quali hanno individuato nella messa a
valore della tutela della salute un business enorme a cui non possono e non
vogliono rinunciare.
Le proposte che abbiamo redatto saranno realizzabili solo
se contemporaneamente si procederà alla ripublicizzazione completa del servizio
sanitario, tornando ai principi di universalità della legge 833 del ’78, togliendo
la sanità dalle voraci fauci della grande imprenditoria privata. Per fare
questo però è necessaria la politica, è fondamentale che il sistema sanitario
non solo torni ad essere completamente pubblico, ma soprattutto sia controllato
dai cittadini i quali devono riappropriarsi
del sistema di cura della salute di
tutti. E’ una missione difficile, ma è l’unica
che potrebbe evitare il tracollo di un sistema che fino ad oggi è considerato fra i più efficienti del mondo.
*Testo dell'intervento effettuato durante il convegno organizzato da Cittananzattiva TDM di Frosinone sullo stato del pronto soccorso dell'ospedale Fabrizio Spaziani.
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