Ceccano 1 maggio 2019. Deposizione di Rose per commemorare i morti sul lavoro. |
Dopo il 25 aprile viene il primo maggio.
Coraggio eroi penta
leghisti siamo al “due” la vostra
sofferenza è finta. Voi che non avete nè
storia (se non una revisionista e fascista
riscrittura né di destra, né di sinistra, come voi amate dire) né memoria, soffrite maledettamente quando la storia,
quella vera, fa riemergere certe
conquiste sociali e civili ottenute grazie a lotte dure, cruente ma condivise. Mi riferisco alla liberazione del 1945 e la manifestazione di Chicago del 1 maggio 1867 in cui si
festeggiava l’ottenimento delle otto ore lavorative giornaliere. Chi condivide solo i ricordi su Facebook cosa volete ne sappia della memoria storica?
A dire il vero la ricorrenza del primo maggio comincia ad essere una sofferenza
anche per chi come me contrappone i valori socialisti e comunisti alla criminalità fascista e liberista . Una sofferenza causata dal fatto che questa data, con il procedere degli anni, si è ridotta più a commemorare caduti su cantieri e fabbriche,
anziché festeggiare il lavoro come
promozione della dignità umana. Non è un
caso che nella mattinata del primo maggio
scorso eravamo a Ceccano con l’ANPI a deporre rose sulla stele che ricorda i morti ceccanesi sul lavoro . Nel pomeriggio doverosa è stata la partecipazione ad
Isola del Liri alla presentazione del libro di Paolo Ceccano “Il 1° Maggio a sinistra del fiume Liri , storie del corteo di Isola
Liri”. Un prezioso volume di testimonianze fotografiche e di storie dei cortei
del 1 maggio tenuti nel passato in
quella che veniva definita la Manchester d’ Italia.
Commemorazione delle
vittime e memoria del bel tempo che fu,
a questo è ridotto il primo maggio?
Neanche il concertone di Piazza San Giovanni è
più lo stesso. A farla da padrone il rap,
stile musicale di lotta per autonomasia è vero, ma oggi reso innocuo dal business. Però in fondo è meglio così. Anche
questa ipocrisia è giusto che finisca. La kermesse organizzata dal CGIL, CISL e
UIL, inizia nel 1990.
Già 6 anni prima il protocollo Scotti aveva introdotto i
contratti a termine. Iniziava l’era della riduzione del costo e della dignità del lavoro. Il clamore del
primo concertone organizzato dalla "triplice" non scongiurò la legge del giugno ’90 sulla
limitazione del diritto di sciopero. Nel 1996 i Modena City Ramblers, che dal
palco cantavano Contessa, non impedirono a CGIL CISL e UIL di sponsorizzare l’accordo
per il lavoro redatto il 24 settembre dello stesso anno. Il viatico definitivo
all’approvazione del pacchetto Treu del
giugno 1997 in cui la dignità dei
lavoratori, attraverso l’introduzione
del lavoro interinale, l’estensione dei contratti a termine e di formazione
lavoro, venne completamente svenduta ai
padroni. A questa seguì la
privatizzazione del collocamento e il predominio della chiamata individuale su
quella numerica.
Dopo la mega
manifestazione contro l’abolizione dell’articolo 18 indetta da Cofferati nel
marzo del 2002, gli stessi sindacati si
fecero turlupinare dal governo Berlusconi con la legge Biagi in cui, grazie
alla modifica che rendeva legale e libero il trasferimento del ramo d’azienda e
l’ammissibilità della somministrazione della mano d’opera, le grandi aziende poterono eludere le tutele
dell’art.18 formando tante piccole attività con meno di 15 dipendenti cui l’obbilgo
di reintegro per licenziamento ingiusto non era applicabile.
Nel 2011 mentre
Neri Marcorè guidava dal palco di San
Giovanni la pattuglia dei cantanti resistenti, CGIL, CISL e UIL nulla avevano
da obiettare al decreto Sacconi che sanciva, di fatto, la fine
del contratto collettivo dei lavoratori. Nella normativa era prevista la possibilità per le aziende di stipulare accordi
in deroga avendo mano libera su temi
come licenziamento, modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro -con ampia
libertà di ricorrere alle collaborazioni
coordinate continuative e a progetto-
Nel 2012 irrompe la legge Fornero che elimina la
causale obbligatoria per le aziende che intendono ricorrere ai contratti a tempo determinato per la durata di un anno. Normativa resa ancora più penalizzante dal ministro renziano Poletti e , ad oggi, leggermente mitigata da
Di Maio con il decreto dignità che reinserisce la causala solo dopo il primo
anno di precariato . Per non parlare del jobs act. La resa
definitiva dei lavoratori alle imprese decretata dal governo Renzi.
L’abolizione
totale delle tutele dell’art.18, per altro bollata come incostituzionali dalla
Consulta, non ha smosso minimamente Cisl e Uil, mentre la Cgil ha rinunciato
alla protesta di piazza imbarcandosi
nella vicenda del referendum abrogativo del jobs act. Un quesito referendario scritto talmente male da essere rigettato
dalla Corte Costituzionale lasciando i lavoratori senza lotta né giustizia
sociale .
Questi signori, i riformisti e il corporativismo sindacale loro
sodale, ancora al 1 maggio 2019 continuano a lamentare la perdita di dignità del
lavoro , le inesistenti tutele per la sopravvivenza dei lavoratori. Se la prendono con il governo giallo-verde fautore delle
peggiori politiche antisociali.
Forse sarebbe bene che anche i sedicenti
riformisti facessero esercizio di memoria. Si renderebbero conto che se oggi siamo
tornato allo schiavismo e al lavoro a cottimo la responsabilità più grave è la
loro . Non c’è futuro senza memoria? Appunto. Affidarsi ancora a gente smemorata
non è umano ma diabolico. E non c’è da stupirsi se oggi siamo alla mercè dei
penta- fascio-leghisti.
Dal palco di Bologna Landini invocava, per l’ennesima
volta, l’unità sindacale. E’ sacrosanto.
Mai come in questi tempi servirebbe un
movimento sindacale forte e unito a difesa dei lavoratori. Ma senza la memoria di come si è arrivati a questa deriva
schiavista, senza fare i conti con il passato ed operare una decisa inversione
di tendenza su come si è operato negli ultimi quarant’anni, il prossimo primo
maggio sarà l’ennesimo rituale fondato sull’amarcord e la commemorazione delle
vittime sul lavoro.
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