Fonti di stampa riportano la bozza di un
“decreto legge” che il Consiglio dei Ministri si appresta a deliberare su
proposta del Ministro dell’interno, recante “disposizioni urgenti in materia di
ordine e sicurezza pubblica”.
Fermo restando che costituisce una grave
scorrettezza annunziare un “decreto legge” e pubblicarne il testo prima che la
procedura sia stata portata a termine, trattandosi di un espediente rivolto a
condizionare la libertà di autodeterminazione del Governo e del Presidente
della Repubblica, quello che allarma non è la violazione del galateo
istituzionale, ma i contenuti gravemente incostituzionali che fanno apparire il
decreto come un atto sovversivo dei valori che la Costituzione ha posto a
fondamento della Repubblica italiana.
Innanzitutto gli invocati presupposti di
straordinaria necessità ed urgenza sono frutto di una evidente falsificazione
ideologica della realtà dal momento che la pressione migratoria dei flussi
provenienti dal Mediterraneo si è
ridotta negli ultimi due anni del 98%, mentre, sotto il profilo
dell’ordine pubblico, l’unica urgenza deriva dalla recrudescenza dei crimini
d’odio per i quali non viene proposta alcuna forma di contrasto.
Nel merito, l’art. 1 del decreto
introducendo una sanzione inconcepibile per tutte le imbarcazioni che si
trovino in condizione di effettuare operazioni di soccorso in acque
internazionali, impone nella sostanza di pagare un “riscatto” variante da 3.500
a 5.500 euro per ogni naufrago tratto in salvo. In pratica la norma pone un
divieto di salvataggio dei naufraghi in alto mare, malgrado un richiamo
apparente al rispetto della Convenzioni internazionali sul diritto del mare. Si
tratta di una disposizione che non può avere altro effetto che quello di
favorire la morte per annegamento dei profughi che tentano di attraversare il
Mediterraneo con mezzi di fortuna.
Una normativa simile non è mai stata emanata
negli ordinamenti democratici; soltanto nella Germania dell’est sono state
emanate delle disposizioni che favorivano l’uccisione di coloro che tentavano
di passare irregolarmente la frontiera. Tali normative non hanno impedito la
condanna dei responsabili politici di quello Stato, confermata dalla Corte
europea dei diritti dell’uomo (con la sentenza Krenz del 22 marzo 2001).
Le modifiche al Codice della
Navigazione, con il conferimento al Ministro dell’interno di competenze
specifiche del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e del codice di
procedura penale, con l’attribuzione alla Procura distrettuale della competenza
per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, si prestano ad
una censura di incostituzionalità per la loro palese irragionevolezza. Così come si prestano alle medesime censure
le norme che introducono modifiche al codice penale, alle disposizioni a tutela
dell’ordine pubblico ed al Testo unico di pubblica sicurezza, dove vengono
addirittura raddoppiate le sanzioni previste dal legislatore fascista.
Costituisce, inoltre, una novità
assoluta ed inconcepibile l’istituzione di un Commissario straordinario del
Governo, proposto dal Ministro dell’interno, che intervenga nell’organizzazione
degli uffici giudiziari, che in base all’art. 110 della Costituzione spetta al
Ministro della Giustizia.
Le norme in parola realizzano un’anomala
concentrazione di poteri in capo al Ministro dell’Interno, che è anche il Capo
di un partito politico, turbando gravemente i delicati equilibri istituzionali
che presidiano le competenze statuali in materia di giustizia, difesa e
sicurezza. Esse difficilmente potrebbero passare il vaglio di legittimità della
Corte costituzionale; tuttavia di fronte a delle disposizioni che mettono in
pericolo la vita di centinaia o migliaia di persone, le garanzie
dell’ordinamento devono essere anticipate: è necessario che nel Consiglio dei
Ministri si giunga ad una votazione per distinguere le responsabilità di
ciascuno ed è fondamentale il ruolo
di controllo del Presidente della Repubblica che può rifiutarsi di emanare un
provvedimento così oltraggioso per i valori repubblicani, come avvenne in
passato per il c.d. “decreto Englaro”.
Massimo
Villone, Silvia Manderino, Alfiero Grandi, Mauro Beschi, Domenico Gallo,
Antonio Pileggi, Alfonso Gianni, Pietro Adami, Antonio Esposito, Giovanni
Palombarini, Maria Agostina Cabiddu, Armando Spataro, Giovanni Russo Spena,
Livio Pepino,
Francesco Baicchi, Antonio Caputo.
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