Il successo ottenuto da Fridays for Future, il modo con cui
ha posto all’attenzione della
collettività l’emergenza ambientale è indubbiamente positivo, anche per il
richiamo all’urgenza sulla risoluzione di un problema che le oligarchie
finanziarie e politiche hanno sempre trascurato e snobbato. Le une perché
lesivo delle prerogative speculative del capitale, le altre perché poco
spendibile, almeno fin ad oggi, nell’acquisizione del consenso.
Uno dei meriti
di tutti i movimenti ambientalisti sfociati nelle rivendicazioni dei giovani di
Fridays for Future è proprio quello di aver imposto nelle tematiche di acquisizione del consenso la
difesa dell’ambiente. Non è un caso che i movimenti verdi, in tutti i Paesi europei, ad eccezione
dell’Italia, hanno conseguito significativi successi elettorali, e la lotta
alla devastazione ambientale è entrata con maggior vigore nei programmi di
partiti e governi, compreso il nostro.
Tutto ciò non può che suscitare soddisfazione, ma una politica contro i
cambiamenti climatici così come i vari green deal promessi dai governi europei
è veramente realizzabile? Cominciamo col
dire che la golden rule, in
base alla quale svincolare dal patto di stabilità investimenti per la difesa dell’ambiente, è un provvedimento
soltanto enunciato. Infatti nello scorso vertice informale dell’Ecofin si è
stabilito che ogni stanziamento orientato alla salvaguardia ambientale deve
essere compreso nel fondo per gli
investimenti strategici già a stanziati a suo tempo. Per l’Italia è di 10,6 miliardi. Se si vuole, i soldi si prendano li, ovviamente
definanziando altri progetti ricadenti nello stesso fondo. Nessun sforamento
del patto di stabilità quindi, tanto più che nei 29 miliardi stanziati nel Def,
nonostante le roboanti dichiarazioni, nulla c’è per il green deal .
Ma l’indicazione
più significativa su quanto e come si possa realizzare una rivoluzione verde ci viene dal
“Sole 24 ore” . Il giornale di Confindustria
in un articolo del 21 settembre scorso ribadiva
che: “ una violenta decarbonizzazione dei
portafogli mondiali rischia di destabilizzare il sistema finanziario
internazionale. Quindi sì agli investimenti green, ma con regole chiare su cosa
significhi essere “verde” e senza creare scossoni troppo forti nell’abbandono
degli asset legati ai combustibili fossili” In poche parole: cari governanti
baloccatevi pure col “verde” basta che non intacchiate i profitti delle multinazionali e rimaniate
compressi sotto il giogo del debito. Fine dei giochi.
Nella pratica - fino a
quando un solo kilowatt prodotto con i combustibili fossili costerà anche mezzo
centesimo in meno dello stesso kilowatt prodotto con le energie rinnovabili, fino a quando lo
smaltimento attraverso discarica ed incenerimento di un chilo di rifiuti costerà anche solo
mezzo centesimo in meno di uno smaltimento ottenuto con procedure di riciclo e riuso,
fino a quando un’azienda dall’attività impattante riterrà l’uso di impianti di
depurazione un costo a detrimento del profitto - nessuna rivoluzione verde potrà
mai partire.
Ma nella situazione in cui
siamo, e la mobilitazione di Fridays For Future, ce lo ha ricordato, non
possiamo aspettare oltre. La decarbonizzazione
delle fonti di energia va attuata subito con conseguente ed inevitabile
decarbonizzazione dei portafogli mondiali . Chi se ne frega di destabilizzare il sistema
finanziario internazionale se bisogna salvaguardare la salute nostra e del
pianeta. Perché in fin dei conti questi famigerati portafogli appartengono solo
a pochi individui i quali stanno accumulando enormi profitti operando in quelle 100 grandi aziende
(compagnie petrolifere, energetiche, estrattive di carbone e gas) che da sole
sono responsabili del 70% delle emissioni globali.
Quindi ciò che bisogna fare
è una rivoluzione vera. E’ cioè necessario trasformare tutti i settori economici
esistenti e crearne di nuovi. Bisogna
smantellare gli impianti di estrazione dei combustibili fossili, chiudere le
discariche, spegnere gli inceneritori, modificare i prodotti tecnologici
eliminando l’obsolescenza programmata, ripensare gli imballaggi e il packaging
verso soluzioni completamente riciclabili.
Un’operazione distruttiva certamente
ma che apre alla nuova strada. La via che prevede l’implementazione e
l’efficientamento delle fonti energetiche rinnovabili , l’incremento della
produttività e dell’affidabilità delle centrali eoliche e solari attraverso
modelli informatici avanzati. Occorre realizzare
reti informatiche di coordinamento e
ottimizzazione della filiera di smaltimento dei rifiuti, fra
raccolta differenziata, trattamento a freddo e riuso.
Tutto ciò bisogna farlo
ora e non aspettare i comodi dei
detentori dei portafogli finanziari. Ma per iniziare questa rivoluzione è fondamentale togliere dalle mani dei privati tutta la materia. E’ un processo che non deve prevedere profitti, ma gli
investimenti devono essere finalizzati esclusivamente alla piena funzionalità
del sistema. Non un solo Kilowatt di energia rinnovabile, non un solo chilo di
immondizia riciclata, deve creare guadagni privati , ma deve assicurare ai
cittadini un mondo ed una vita più sana.
Servono tanti soldi è vero, (la Cina
ad esempio nel piano quinquennale 2010-2015 per l’energie rinnovabili ha stanziato
1.500 miliardi di dollari il 5% del Pil). Non siamo la Cina ma ipotizzando
investimenti pari al 5-6% del nostro Pil
le risorse potrebbero essere significative. La domanda è sempre la stessa: dove trovare
tutta questi soldi?
Ad esempio con l’istituzione di banche pubbliche per gli
investimenti. Attraverso la quale raccogliere finanziamenti a tasso zero e a
lungo termine. Non c’è nulla di strano già la Bce acquista titoli pubblici a
lungo termine a tassi negativi, quindi
non si vede perché sia così peregrina l’idea di acquistare titoli verdi
a tasso zero. Certo una tale massa di denaro "aggratis" andrebbe a finanziare
progetti importanti di riconversione
ecologica anziché alimentare la
speculazione finanziaria delle banche private, ma è un aspetto del tutto
secondario, anzi è cosa buona e giusta .
In più una robusta tassazione delle
rendite finanziarie, dei grandi patrimoni immobiliari, un’armonizzazione del
sistema contributivo uguale per tutta
Europa con l’eliminazione dei paradisi fiscali, potrebbe aiutare.
Al di la
dell’aspetto finanziario sarebbe auspicabile che anche i cittadini, attraverso
comitati civici, con la collaborazione del mondo scientifico, partecipassero
fattivamente alle decisioni in materia di riconversione ecologica, in modo da
essere coprotagonisti dei provvedimenti che interessano direttamente il proprio
benessere.
E’ utopia? Forse, ma come ci ricorda tutto il mondo scientifico e i giovani di Fridays for Future è un’utopia necessaria alla nostra sopravvivenza e a quella
del pianeta.
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