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7milioni e mezzo di lavoratori, giovani, donne, hanno ragionato con la testa ed espresso il loro rifiuto della legge sul “taglio dei parlamentari”. Eraun risultato per nulla scontato, se consideriamo le premesse politiche e le condizioni reali in cui si è svolto il referendum.
La legge è stata votata alla Camera da tutti i partiti di maggioranza e opposizione (553 sì, 14 no e 2 astenuti); il voto è stato ampiamente condizionato dalla demagogia populista, dalla menzogna e dalla frode; le forze socialdemocratiche, riformiste e opportuniste, che si sono opposte per motivi elettoralistici alla legge taglia-parlamentari, non hanno informato le masse sulla natura reazionaria della legge e non hanno fatto nulla per mobilitarle.
Poteva verificarsi un risultato diverso nelle condizioni di debolezza ideologica e politica del proletariato, che oggi è immobilizzato, disorganizzato e diviso dalla politica riformista e populista, dalle burocrazie collaborazioniste di sindacati e associazioni?
Se consideriamo il dato registrato dai NO e aggiungiamo il 47% dell’elettorato che si è astenuto, non vi è stato alcun plebiscito populista. Una minoranza di elettori/trici ha dato il suo consenso a questa legge, mettendo in luce la contraddizione esistente fra la politica dei partiti borghesi e le ampie masse.
Il M5S che ha fatto di questa legge il suo cavallo di battaglia elettoralistico, sui temi dell’efficienza e del risparmio, ha ben poco da gioire. Saranno i primi a essere estromessi dal parlamento, dopo aver reso i loro servizi. Anche gli opportunisti vedranno acuirsi la loro crisi, poiché perdono la speranza di rientrare in parlamento.
In generale, la borghesia incassa la classica vittoria di Pirro. Il risultato è un segno della sua debolezza. La classe dominante sega il ramo su cui da decenni è seduta. Con l’ulteriore vaporizzazione della rappresentanza politica si approfondisce il solco fra classi sfruttate/oppresse e istituzioni borghesi. Aumenteranno le spinte all’“autonomia differenziata” e i conflitti fra organi e poteri dello Stato ma, autolegittimandosi con questo voto, accelererà anche il processo di restrizione delle stesse libertà democratico-borghesi e gli spazi di agibilità politica per chiunque si oppone al sistema di sfruttamento.
Come comunisti, denunciamo la progressiva trasformazione reazionaria dello Stato perché non siamo indifferenti al regime politico in cui si svolge la lotta fra le classi e non sottovalutiamo l’importanza delle leggi e delle misure reazionarie che la classe dominante e i loro partiti (tutti uniti) adottano. La trasformazione reazionaria dello Stato non si fermerà alla legge taglia-parlamentari, che è un aspetto di questo processo.
Smascheriamo i piani reazionari e autoritari, indicando la rivoluzione socialista quale unica alternativa alla dittatura borghese venduta come “efficiente” democrazia parlamentare al servizio esclusivo dei capitalisti e dei ricchi.
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