Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 24 novembre 2011

E' morto Paul Motian la faccia armonica del ritmo.

Luciano Granieri



 Mi sarebbe piaciuto scrivere di PAUL MOTIAN del suo modo particolare e ipnotico di suonare la batteria, ma colpevolmente non sono riuscito a trovare uno spazio fra le web pages  di questo blog. Eppure Paul Motian  è uno dei maestri del nostro strumento e mi dispiace molto parlarne solo oggi in occasione della sua morte.  Infatti Paul ci ha lasciato il 22 novembre scorso. E’ deceduto  a 80 anni al Mount Sinai Hospital di New York a seguito delle complicazioni di una  malattia al midollo osseo che lo aveva colpito.  Paul era un batterista, un musicista e un compositore veramente particolare. Ha attraversato tutta la storia del jazz dal post bop  fino all’avanguardia, influenzando e caratterizzando con il suo stile il sound di ogni  musicista con cui ha collaborato. Thelonius Monk, Lennie Tristano, Keith Jarret , ma soprattutto Bill Evans, sono i grandi pianisti cui ha messo a disposizione il suo drumming raffinato .  Il trio  con Bill Evans al pianoforte e Scott LaFaro al contrabbasso, ha segnato una epoca storica della musica afroamericana, compresa  fra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. Nel 1966 dopo una breve parentesi a fianco   del pianista Paul Bley,  Motian iniziò una lunga collaborazione con una altro mostro sacro, Keith Jarret.   Incise per l’etichetta ECM   con il quartetto del pianista di Allentown, fino al 1977.   In quel periodo suonò  anche   con molti musicisti della scuderia  ECM , fra i quali,  il contrabbassista Charlie Haden  e la pianista Carla Bley. Il drumming di Paul Motian era veramente particolare  perché travalicava dai confini ritmici. La ricerca di Motian andava oltre il tempo. Dalla sua batteria, scaturivano sonorità dai colori tenui. Preziose figure disegnate sui piatti, l’uso mirabile delle spazzole, l’alternanza di sequenze secche con pause e rullate  sinuose contribuivano a trasformare la sua batteria quasi in uno strumento armonico.  Ricordo lo strana sensazione che provai nel sentirlo dal vivo.  Era il 1983 al mitico Music Inn di Roma. Paul era alla testa del suo trio con Bill Frisell alla chitarra e Joe  Lovano  al sax tenore, altri due straordinari musicisti che con lui hanno contraddistinto quel periodo con  improvvisazioni memorabili. Capii immediatamente che la predisposizione a seguire le performance di Paul doveva essere diversa da chi si appresta ad ascoltare un batterista. Non erano  controtempi, o particolari alternanze ritmiche ad attirare l’attenzione, ma la raffinatezza del suono che scaturiva da quei tamburi e da quei cimbali.  In quell’ora e mezza di musica mi ritrovai  avviluppato in un susseguirsi di figure armoniche in cui la batteria era la sublime protagonista . Per ricordare Paul ho scelto due brani che ritengo significativi.
Il primo è "Alice in Wonderland", registato al Village Vanguard  di New York, nel 1961 con il trio storico composto dallo stesso Motian,  Bill Evans al pianoforte e Scott LaFaro al contrabbasso. (Ho la fortuna di possedere i dischi in vinile  del concerto) 
Il secondo è How deep is the ocean, siamo a Umbria jazz nel 1995 e Paul Motian suona con Bill Frisell alla chitarra, Marc Johnson al contrabbsasso, Lee Konitz al sax alto e Joe Lovano al tenore.
Good vibrations a tutti ricordando questo straordinario musicista. 



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