Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 23 novembre 2011

La rappresaglia:undici licenziamenti

Lucia Fabi,   Angelino Loffredi

Abbiamo già scritto che la  SQUADRA DI CALCIO“ Annunziata “ era stata promossa a pieni voti al campionato di “ Promozione “ e che le partite seguitarono a giocarsi sul campo comunale di Ceccano.
Per tutta la durata del campionato 1952/ 53 il clima di sostegno cittadino e l’eccezionale connessione emotiva fra gli sportivi e la squadra si affievolirono, non era più come l’anno precedente, per via di una lunga serie di polemiche che accompagnarono la campagna acquisti e che riguardarono l’allenatore Uber Gradella, evidenziate dalla stampa locale e nazionale.
Il parco giocatori improvvisamente si trovò ingrossato da presenze di atleti provenienti dal nord Italia. Il dialetto sentito lungo le strade cittadine e nell’interno del campo di gioco non era più il ciociaro, familiare e rassicurante, ma il “ Cispadano “. Tanti giocatori nuovi giravano per Ceccano e scendevano in campo mentre non si vedevano giocare Bruni, Haghendofer, Facchini, Scagliarini, Ferri e Cerini, calciatori amati e che avevano fatto sognare gli sportivi ceccanesi, perché ceduti o dati in prestito ad altre squadre. Ma aldilà delle considerazioni emotive e affettive, dal punto di vista tecnico si può dire con certezza che non venne mai schierata una formazione tipo o dei titolari, vi fu invece una rotazione continua di giocatori, una altalena di presenze confuse e sconclusionate. Oggi si direbbe che aldilà di Giovannone, Gabriele e Guadagnoli tutti gli altri giocatori furono dei precari.
La squadra non avanzò in IV Serie, come auspicato da tutti, perché si qualificò solamente al secondo posto, preceduta dall’avversaria di sempre: il Sora.
Il 7 e 8 giugno si tennero le elezioni politiche che riconfermano la DC primo partito in Italia mentre le sinistre ( Pci e Psi ) nazionalmente ottennero un milione e mezzo di voti in più rispetto al 1948; non scattò, inoltre, la legge truffa e si aprì il declino politico di De Gasperi. In provincia di Frosinone vennero eletti: al Senato Cerica e Restagno, alla Camera Camangi, Fanelli e due comunisti: Silvestri ed il ceccanese Compagnoni.
Questo è il quadro complessivo, il contesto che emerge utile per comprendere meglio gli avvenimenti che ci avviamo a tracciare.
Nel mese di luglio si evidenziò un certo fermento nell’interno del saponificio: un tentativo, finalmente, di portare la rappresentanza sindacale ( Commissione Interna ) dentro l’opificio.
Romolo Battista, persona popolare e rispettata, ne fu il protagonista. E’ opportuno ricordare che veniva chiamato “ il capitano “ per il ruolo positivo e ammirevole svolto nella squadra calcistica locale prima e dopo la guerra. Inoltre era stato capo partigiano di una delle bande operanti a Ceccano e in quel luglio del 1953 era consigliere comunale, eletto nella lista del Pci.
Battista, dotato di un certo carisma, con l’on. Compagnoni, deputato e segretario provinciale della CGIL, preparò tutte le iniziative necessarie per far entrare il sindacato in fabbrica. Vennero stabiliti contatti ed emersero concrete disponibilità. Si individuarono anche le persone che dovevano essere candidate alla elezione per la Commissione Interna.
Quando ogni cosa sembrava risolta la mattina del 22 luglio la direzione aziendale annuncia i licenziamenti di 11 persone: otto uomini e tre donne.
Una vera rappresaglia.!
Sicuramente c’era stata una soffiata perché le persone colpite erano tutte coinvolte nell’iniziativa. Ovviamente fra queste c’era Battista ma anche persone che negli anni successivi caratterizzeranno la loro vita con un forte impegno politico: Betto Tomassi, Giovanna Palermo, Gino Tomassi, Marcella Mattone, Gaspare Maura, Paolo D’Avelli.
L’atto padronale risultò negativo, violento e illegale: undici persone con famiglia a carico vennero sbattute sul lastrico. Fu veramente una scelta crudele che ebbe una risposta tempestiva nella città. Il giorno successivo, infatti, la sezione del Pci, attraverso il giornale murale “ La voce del popolo” condannò la rappresaglia, invitò la popolazione a sostenere le famiglie dei licenziati e rilevò che Antonio Annunziata, non rispettando il contratto e le previste paghe salariali, sottraeva ogni anno 50 milioni di lire dalle tasche dei lavoratori.
Le iniziative si svilupparono ancora: la sera stessa del ventitre la giunta comunale esaminò la situazione, sostienne la richiesta dei lavoratori e condannò i licenziamenti. La domenica mattina del 26 la CGIL presso il “ Cinema Italia “ tenne una affollatissima assemblea cittadina ove l’onorevole Compagnoni illustrò la situazione, ricordando ai presenti i minorenni adibiti ai lavori pesanti, la mancata retribuzione degli straordinari, le pessime condizioni igieniche sul posto di lavoro e infine delineò le iniziative da prendere.
Il consiglio comunale nel pomeriggio del 30, pur convocato per approvare il bilancio, trovò il tempo per discutere i licenziamenti e formare una delegazione unitaria per andare a incontrare il commendatore.
L’incontro si tenne dopo le venti ma i modi bruschi e sprezzanti di Annunziata confermarono la volontà di costui a volere mantenere i licenziamenti. Fu un colpo durissimo. Una grave offesa al massimo organo di rappresentanza cittadina. Ma la città non si sfiduciò e non si arrese: il giorno dopo l’Amministrazione comunale invitò i commercianti del paese presso la palestra comunale. La CGIL spiegò la situazione, evidenziò quanto la città stava perdendo per la politica dei bassi salari e chiese un gesto di palese solidarietà.
Il giorno successivo tutti i commercianti ceccanesi raccolsero la sollecitazione e come atto di sostegno agli operai abbassarono le saracinesche delle botteghe dalle ore 11 alle 13.
Abbiamo provato a descrivere con una certe precisione atti e tempi della difesa dei lavoratori e con la stessa puntualità dobbiamo anche rilevare che in tutte queste occasioni non risultano presenti né la Cisl né la Uil, e nemmeno conosciamo le loro posizioni. E’ evidente che la scissione avvenuta nel 1948 ancora pesava e incideva duramente.
Il 3 agosto, la Cgil, forte di un consenso rilevato fuori dalla fabbrica e considerato che il padrone era irremovibile non ebbe altra scelta che proclamare lo sciopero aziendale.
Una scelta temeraria che si dimostrò fatale perché in tale circostanza avvenne l’irreparabile: tutti gli operai al suono della sirena entrarono in fabbrica, anzi qualcuno si avviò al lavoro prima del segnale d’ingresso.
Le paure e i timori, purtroppo, ebbero il sopravvento.
Una città mai domata dovrà registrare una cocente sconfitta, la più grave mai ricevuta, che peserà negativamente ancora per tanti anni. Ad otto anni dalla fine della guerra e dal ripristino delle libertà democratiche il sindacato non verrà riconosciuto, sarà ancora privo di legittimazione e lo stabilimento si appresta inevitabilmente ad essere chiamato “ Terra senza legge “



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