Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 29 gennaio 2013

Il programma elettorale del Pcl per le regionali


Partito Comunista dei Lavoratori 
Sez. di Roma “Vito Bisceglie” via Calpurnio Fiamma, 136 00173 Roma


 Il PCL si presenta alle elezioni regionali come forza autonoma e alternativa ai due schieramenti di centro-destra e di centro-sinistra.


Il nostro programma è apertamente anticapitalista. È il programma di un partito che si batte per un Governo dei lavoratori. Ciò non significa ignorare i temi “amministrativi” locali. Significa affrontarli in una logica di classe. Una logica che non parte dalla cosiddetta “compatibilità” degli obiettivi con l’attuale quadro istituzionale e sociale. Ma che parte dalle esigenze concrete dei lavoratori e di tutti gli sfruttati per rivendicare un’alternativa di società e di potere.
L’ambito regionale, nelle sue particolarità sociali e politiche, è solo lo specifico luogo di articolazione di questo programma generale.
NO AL “FEDERALISMO”  DEI GOVERNATORI
Tutte le forze politiche, senza eccezione, accettano il sistema istituzionale dei governatorati regionali (il sistema che ha favorito il proliferare di personaggi come l’Assessore lombardo Zambetti e il Consigliere laziale Fiorito). Un sistema che il progetto “federalista” mira a rafforzare ulteriormente, nel nome della “democrazia” e dell’“avvicinamento delle istituzioni” al popolo. Il PCL rifiuta questo sistema e la retorica ipocrita che l’accompagna. I governatorati sono una forma di presidenzialismo, che subordina il Consiglio regionale al potere del governatore grazie anche al sistema elettorale maggioritario. Non solo non realizzano la “democrazia” e il potere del popolo, ma concentrano tutti i poteri essenziali nelle mani del Presidente a scapito della rappresentanza democratica e del controllo popolare. Lo strapotere ventennale dei tanti Formigoni, Errani, Bassolino —coi noti risvolti nepotistici, clientelari, mal-affaristici—  è anche l’espressione del presidenzialismo regionale. La battaglia democratica contro i progetti dei poteri forti, sostenuti sia dal PDL, sia dal PD, è inseparabile dalla battaglia contro il presidenzialismo dei governatori. Come sul piano nazionale, anche sul piano regionale, il PCL rivendica un sistema elettorale pienamente proporzionale e il rifiuto di ogni subordinazione delle assemblee elettive al potere esecutivo.

ABBATTERE I PRIVILEGI DEI CONSIGLIERI REGIONALI
Tutte le forze politiche, senza eccezione, accettano i privilegi economici e istituzionali dei Consiglieri regionali, che talvolta sono addirittura superiori a quelli dei parlamentari nazionali (vedi le buonuscite). Il progetto federalista - votato in Parlamento da PDL, Lega e Di Pietro e sostenuto dal PD – ha, nei fatti, rafforzato ulteriormente questi privilegi. Il PCL respinge e denuncia questi benefici, (che, non a caso, nel Lazio ha visto come protagonista il trogloditismo politico della destra federale di Fiorito) che sono una forma della separazione dello Stato borghese dalla maggioranza della società. Nessun eletto deve godere di un privilegio economico e giuridico rispetto al suo elettore, tanto sul piano nazionale, quanto sul piano locale. Per questo rivendichiamo che lo stipendio di un parlamentare nazionale, come di un consigliere regionale, non possa superare i 2.000 euro netti. E che le consistenti risorse economiche così risparmiate vengano destinate alle esigenze del mondo del lavoro e dei disoccupati.
NO ALL’ASSISTENZIALISMO PUBBLICO DEL PROFITTO PRIVATO. PER UN VERO SALARIO AI DISOCCUPATI
Tutte le giunte regionali, e tutte le forze di governo, dispongono trasferimenti di denaro pubblico alle imprese private (la maggioranza guidata della Polverini anche nelle tasche dei singoli consiglierisic!): a sostegno di ‘ristrutturazioni’ antioperaie, delocalizzazioni, ecc. Il combinarsi della crisi capitalistica con il progetto “federalista ha esteso ulteriormente l’assistenzialismo verso le imprese da parte dei governi regionali. L’espansione dei bilanci regionali nel nord, vero obiettivo del federalismo leghista, si è tradotto, nelle stesse regioni settentrionali, in nuovi travasi di risorse pubbliche verso il profitto privato e le sue speculazioni sul territorio mentre, nelle regioni del Sud, ulteriormente impoverite, in un’ancor più marcata dipendenza dal capitale malavitoso delle organizzazioni criminali. Insomma, un formicaio o meglio, potremmo dire, “un formigoni” All’opposto, il PCL rivendica l’azzeramento dei trasferimenti pubblici al profitto privato e l’esproprio, senza indennizzo, delle aziende che licenziano. Le risorse economiche così risparmiate saranno utilizzate per assumere a tempo indeterminato i precari che lavorano in Regione e per finanziare un salario per i disoccupati in cerca di lavoro. Il PCL rifiuta il federalismo leghista, a cui oppone il controllo sociale dei trasferimenti pubblici agli enti locali, proporzionali alle necessità popolari e all’abbattimento delle disuguaglianze territoriali.
OCCUPARE, REGIONE PER REGIONE, TUTTE LE AZIENDE CHE LICENZIANO. PER IL BLOCCO GENERALE DEI LICENZIAMENTI
Tutte le regioni italiane sono investite da una drammatica crisi sociale legata alla chiusura delle aziende e ai relativi licenziamenti. Tutte le forze di governo, regione per regione, si occupano nel migliore dei casi di intercedere presso il governo nazionale per chiedere “aiuti” a favore dei padroni bancarottieri che operano nel “proprio” territorio, per cogestire passaggi di proprietà, per amministrare gli effetti sociali delle “inevitabili” chiusure di aziende. In qualche caso dispongono piccole elemosine per i lavoratori colpiti, al fine di “ammortizzare” la loro espulsione dal lavoro, e mostrare “buon cuore” per scopi elettorali. All’opposto, il PCL si occupa di promuovere, regione per regione, l’unificazione e la radicalizzazione della resistenza sociale. In ogni regione si contano aziende presidiate o occupate dai lavoratori, in uno scenario di drammatica frammentazione e di crescente disperazione. Il PCL si batte per coordinare le lotte in corso; per generalizzare l’occupazione operaia di tutte le aziende che licenziano; per istituire una cassa di resistenza a sostegno delle lotte; per favorire un’autentica ribellione sociale contro il profitto capitalistico. Per le sinistre “assessorili”, le Regioni sono solo ambiti istituzionali per accordi di governo con i partiti borghesi. Per il PCL sono un terreno di lotta di massa contro la borghesia, i suoi partiti, i suoi governi.
BASTA COI CLANDESTINI”?: PERMESSO DI SOGGIORNO A TUTTI I MIGRANTI. PER LA SICUREZZA SUL LAVORO E SUL TERRITORIO DEI LAVORATORI ITALIANI E DEI MIGRANTI
Tutte le forze politiche di governo —destra, centro, sinistra—  hanno varato e votato negli ultimi 15 anni leggi antimigranti. Il passato governo Berlusconi-Bossi ha rafforzato questa legislazione odiosa, istituendo il reato di immigrazione clandestina, e combinandola col tentativo di “istituzionalizzare” un’organizzazione para-militante xenofoba (le ronde padane). Lo scopo è fomentare la guerra tra poveri a tutto vantaggio dei ricchi e delle fortune elettorali leghiste. Il risultato è l’ulteriore precipitazione delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di proletari migranti, sempre più ricattati e ricattabili dai propri padroni, oggetto di aggressioni e deportazioni in caso di ribellione (vedi quanto accaduto a Rosarno), e per di più “usati”, mediante il ricatto del permesso di soggiorno, come strumento di pressione sui lavoratori italiani per peggiorare le condizioni di vita di quest’ultimi. Il PCL si oppone e si opporrà, regione per regione, a questa politica schiavista. Rivendica il permesso di soggiorno per tutti i lavoratori migranti come unica vera soluzione dell’immigrazione “clandestina”, a vantaggio degli stessi lavoratori italiani. Rivendica l’introduzione del reato di sfruttamento del lavoro nero di italiani e migranti: perché siano gli sfruttatori a finire in galera, non le loro vittime. Rivendica la formazione di strutture unitarie di controllo operaio e popolare sul territorio a tutela della sicurezza di lavoratori italiani e migranti: contro l’inosservanza delle norme di sicurezza sul lavoro, contro le minacce xenofobe, contro le aggressioni della malavita, contro gli abusi quotidiani delle cosiddette “ forze dell’ordine” (fuori e dentro le galere), contro l’evasione fiscale dei padroni.
BASTA COL BUSINESS DELLA SALUTE. PER UNA SANITA’ INTERAMENTE PUBBLICA SOTTO CONTROLLO POPOLARE
La Sanità rappresenta il crocevia del potere regionale e la voce dominante del bilancio delle regioni. Tutte le forze politiche, senza eccezioni, accettano e/o gestiscono da decenni, sul piano locale, le politiche sanitarie nazionali e il sistema di fondo che le presiede: tutele e regalie alla sanità privata (ecclesiastica e laica), ticket e tagli sistematici alla sanità pubblica, clientelismi sfacciati e blocco delle assunzioni, esternalizzazioni e appalti, ricorso allegro ai derivati finanziari e all’indebitamento progressivo con le banche, giro vorticoso di corruzione e mazzette bipartisan (dalla Lombardia alla Puglia, passando per Abruzzo, Lazio e Calabria). Il PCL denuncia queste politiche perché respinge ogni forma di subordinazione della salute al profitto. Il PCL rifiuta l’attuale “patto per la salute” concordato tra governo nazionale e governi regionali di ogni colore (riduzione della spesa sanitaria regionale e nuove tasse regionali sui redditi popolari). Rivendica l’annullamento unilaterale del debito pubblico delle regioni verso le banche e le imprese farmaceutiche; l’abolizione di ogni finanziamento pubblico alla sanità privata e il carattere pubblico dell’intero sistema sanitario, col relativo esproprio, senza indennizzo, delle cliniche private; l’abolizione dei ticket e di ogni forma di mercato all’interno della sanità pubblica (vedi sistema intramoenia) e attorno ad essa (sistema degli appalti); l’estensione della sanità pubblica sul territorio, a partire dalla presenza diffusa degli ambulatori, col rifiuto di ogni “taglio sulla salute”; il ripristino di tutte le strutture sanitarie falcidiate negli anni passati dai governi regionali di centro-sinistra e centro-destra, a partire dai piccoli ospedali; l’estensione del servizio sanitario nelle regioni del Sud per evitare la migrazione sanitaria nel Nord di decine di migliaia di malati (coi relativi costi individuali e pubblici per le regioni meridionali); l’estensione dell’assistenza sanitaria agli anziani, residenziale e domiciliare; la ripresa delle assunzioni di personale medico e paramedico, a garanzia della qualità del servizio sanitario e delle condizioni di lavoro dei dipendenti; il carattere elettivo e revocabile dei direttori sanitari da parte dei lavoratori del settore, la cancellazione di ogni loro privilegio economico; un controllo sociale e popolare sul servizio sanitario da parte di lavoratori e utenti, quale condizione decisiva di svolta.
NO AL FINANZIAMENTO PUBBLICO DELLA SCUOLA PRIVATA. PER UN’ISTRUZIONE INTERAMENTE PUBBLICA E LAICA SOTTO IL CONTROLLO DI LAVORATORI, INSEGNANTI, STUDENTI
Tutte le amministrazioni regionali hanno proceduto negli anni alla gestione dei tagli all’istruzione pubblica, e alla parallela corresponsione di crescenti risorse pubbliche alla scuola privata (confessionale e laica). I nuovi tagli massicci a scuola e università previsti dall’attuale governo (taglio alle spese di gestione ordinaria, aumento del numero di alunni per classe, riduzione del monte ore didattico, espulsione dei precari, abbassamento dell’obbligo scolastico) coinvolgono le giunte regionali in un ulteriore appesantimento dell’attacco alla scuola, combinato con un salto del processo di privatizzazione della pubblica istruzione (vedi Fondazioni). Il PCL si oppone su tutta la linea a queste politiche, perché respinge ogni forma di subordinazione dell’istruzione al profitto. Rivendica l’abrogazione dei finanziamenti pubblici a scuole e università private nella prospettiva di un’istruzione interamente pubblica e laica; il rifiuto della cosiddetta  “razionalizzazione della rete scolastica” intesa come pratica di tagli a fini di “risparmio” (chiusure e accorpamenti di istituti scolastici); l’estromissione di imprese e banche dall’amministrazione di istituti scolastici e università e un massiccio investimento pubblico nell’istruzione; la riduzione del numero di alunni per classe (tetto massimo 20 alunni), a garanzia della qualità didattica e dell’occupazione; un’opera generale di risanamento dell’edilizia scolastica, a garanzia delle condizioni di sicurezza; il carattere elettivo e revocabile dei presidi; un controllo sociale e popolare su scuola e università da parte innanzitutto dei lavoratori della scuola e dell’insieme della popolazione scolastica.
NO AL TAGLIO DEI TRENI REGIONALI E PENDOLARI. PER UN CONTROLLO OPERAIO E POPOLARE SULLE FERROVIE
Tutte le amministrazioni regionali sono state coinvolte in questi anni nell’operazione di demolizione del servizio ferroviario, in concertazione con le Ferrovie dello stato e il ministero dei trasporti. L’attuale progetto di Alta Velocità su un gruppo selezionato di linee “di lusso”, in concorrenza d’affari con la parallela iniziativa privata a guida Montezemolo, sta moltiplicando le chiusure di tratte ferroviarie regionali, e determina il forte rincaro di un servizio pubblico sempre più ridotto e scadente, e sempre meno sicuro. Il PCL rivendica la difesa del servizio ferroviario come servizio pubblico e popolare; un forte investimento di risorse pubbliche nella qualificazione delle ferrovie dello stato; il ripristino di tutte le tratte tagliate, a partire dalle linee dei pendolari; l’estensione del servizio ferroviario nel Meridione; la ripresa di consistenti assunzioni di personale ferroviario quale condizione necessaria per la riqualificazione del servizio, la sua sicurezza, la sua vivibilità per lavoratori e utenti; il carattere elettivo e revocabile dei dirigenti delle ferrovie da parte dei lavoratori del settore, e la cancellazione dei loro privilegi; un controllo operaio e sociale sull’intero servizio ferroviario ( qualità, copertura territoriale, costi, sicurezza).
NO AL NUCLEARE E ALLA PRIVATIZZAZIONE DELL’ ACQUA. PER UN PIANO DI RISANAMENTO AMBIENTALE, SOTTO CONTROLLO POPOLARE
Tutte le giunte regionali hanno partecipato negli anni al saccheggio del proprio territorio, in veste di comitati d’affari di interessi privati: speculazioni, abusivismi, dissesto idrogeologico, inquinamento ambientale sono il lascito di queste politiche, con costi sociali enormi e autentici crimini. Oggi, il nuovo “piano casa” del governo all’insegna di una più libera licenza speculativa; il piano di privatizzazione dell’acqua; i progetti di “alta velocità” e soprattutto il programma di ritorno massiccio all’energia nucleare, prevedono un più diretto intervento dell’esecutivo nazionale nella gestione del territorio , un ancor più marcata subordinazione dei governi regionali alla volontà del governo, un salto di qualità dello scontro ambientale in Italia. Il PCL si oppone al saccheggio dell’ambiente e della salute nel nome del profitto. Rivendica un piano di riassetto idrogeologico del territorio, a partire dal Sud, con un forte investimento di risorse pubbliche sotto controllo popolare; la nazionalizzazione della grande industria edilizia, senza indennizzo, quale condizione necessaria di una svolta radicale nella politica abitativa e nel rapporto col territorio; il carattere interamente pubblico del servizio idrico, e un piano di riparazione della rete idrica nazionale; il rifiuto degli impianti nucleari, in ogni regione, con l’organizzazione di una radicale opposizione di massa al loro insediamento; un massiccio investimento di risorse pubbliche nelle energie rinnovabili, sotto controllo pubblico.

PER UN PIANO DI OPERE SOCIALI, REGIONE PER REGIONE, FINANZIATO DA GRANDI PROFITTI, RENDITE, PATRIMONI. PER UN PIANO DI OCCUPAZIONE E DI RINASCITA ,A PARTIRE DAL SUD, SOTTO IL CONTROLLO DI COMITATI POPOLARI
La battaglia per questo programma è inseparabile dallo sviluppo della mobilitazione operaia e popolare. Il PCL propone a tutte le sinistre politiche e sindacali, a tutte le associazioni ambientaliste e popolari, di promuovere, regione per regione, un censimento capillare delle necessità inevase delle classi subalterne sul territorio, e un relativo piano di rinascita ( risanamento edilizio, sicurezza degli edifici scolastici, riparazione della rete idrica, bonifica dei terreni inquinati e dell’amianto, sviluppo della rete ferroviaria, riassetto del territorio..), sino a comporre per questa via una piattaforma nazionale di lotta. Proponiamo che il censimento delle necessità del territorio avvenga attraverso la convocazione pubblica di assemblee popolari e si combini con la formazione di comitati popolari, quali strumenti di autorganizzazione di massa, e il loro progressivo coordinamento. Proponiamo che il “piano di rinascita” quantifichi, per ogni voce, le esigenze di nuove assunzioni e di nuovo lavoro, a vantaggio dei disoccupati e al servizio della società. Proponiamo che il piano di rinascita quantifichi, voce per voce, le esigenze di spesa e le possibili fonti di finanziamento: abbattimento delle spese militari, soppressione dei privilegi istituzionali, abrogazione dei privilegi ecclesiastici, tassazione progressiva dei grandi profitti, rendite, patrimoni, abolizione dei trasferimenti pubblici alle grandi imprese e alle banche. Il piano di rinascita del territorio, a partire dal Sud, può divenire uno strumento di egemonia del movimento operaio sulle domande delle masse popolari, sottraendole al populismo o al richiamo clientelare. E’ un terreno essenziale di lotta per la formazione di un blocco sociale anticapitalistico
PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI
Tutte le forze politiche presentano, regione per regione, “programmi di amministrazione” della realtà esistente. Il PCL presenta un programma di rovesciamento di questa realtà.  Questo programma è e sarà inconciliabile con ogni formula di centrosinistra e con ogni localismo. La sua realizzazione implica la rottura complessiva del quadro sociale ed istituzionale esistente, a partire dalla completa autonomia del movimento operaio e popolare da ogni partito borghese e da ogni governo borghese, nazionale e locale. Solo un governo dei lavoratori potrà portare a compimento questo programma di alternativa anticapitalista. Il PCL partecipa alle elezioni- nazionali, europee, regionali- per presentare questo programma, estendere la sua riconoscibilità ed influenza nelle lotte in corso, favorire l’organizzazione attorno ad esso di un più vasto settore d’avanguardia della classe lavoratrice e dei giovani. Eventuali eletti del nostro partito, ad ogni livello, sarebbero solo una cassa di risonanza della lotta per un governo dei lavoratori. Tutti gli altri partiti vedono nella presenza istituzionale e nell’inserimento nei governi borghesi il fine ultimo della propria politica. Il PCL assume come fine della propria politica la conquista del potere da parte dei lavoratori e la costruzione di un altro Stato.

Nessun commento:

Posta un commento