Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 28 dicembre 2013

La menzogna delle attuali proposte per il lavoro

Luciano Granieri

La legge di stabilità appena licenziata  è aspramente criticata da sindacati e  Confindustria perché le risorse destinate alla riduzione del cuneo fiscale sono esigue.  Secondo le parti sociali un centinaio di euro in più in busta paga per i lavoratori e la stessa cifra di sgravi  fiscali per le imprese,  non sono sufficienti a far partire la crescita la cui conseguenza diretta dovrebbe essere un miglioramento delle condizioni economiche e il relativo aumento dell’occupazione. 

 In un Paese dove i salari sono fra i più bassi d’Europa  e la loro ulteriore compressione serve  a  sostituire la svalutazione monetaria come strumento utile a rendere la aziende competitive all’estero ed ad incentivare le esportazioni , neanche 300 o 400 euro in più in busta paga servirebbero a mettere in moto un processo tale da produrre una crescita occupazionale.  Neanche il job act di Renzi,  che pur nella sua genericità,  comunque prevede una maggiore flessibilità in uscita, escludendo dalle protezioni dell’art.18,  per tre anni,  i nuovi assunti, è utile a creare occupazione. In altri Paesi dove è consentito il licenziamento senza giusta causa, l’occupazione è in calo così come da noi. 

Se non  si esce dalla logica neoliberista del “MERCATO DEL LAVORO” non esiste alcun artificio utile a creare occupazione.  Il primo obbiettivo dell'ultraliberismo è quello di creare accumulazioni di capitale e profitti sempre più ingenti.  Una delle più importanti fonti necessarie ad alimentare profitti, oltre alle speculazioni finanziarie,   è  il   plusvalore determinato dalla forza lavoro. L’obbiettivo è di sottrarre sempre maggiori quote di questo plusvalore da lavoro   per destinarlo  alla generazione del profitto.  Con tale logica al lavoratore rimarrà poco o nulla della ricchezza che produce.  E’ quindi necessario per la prassi liberista il permanere  della disoccupazione e del  lavoro precario.  

Se il lavoro è una merce, questo sottostà alle regole della domanda e dell’offerta. E’ interesse  della casta  ultra  liberista che l’offerta di lavoro   sia sempre e comunque di molto inferiore alla domanda di occupazione,    in modo  da creare una dinamica contrattuale sempre più favorevole all’offerta.  La  compressione dei diritti sul lavoro  non ha come primo obbiettivo quello di abbassare i costi di produzione  per aumentare la competitività sul mercato, ma quello di aumentare la quota di plusvalore da destinare al profitto. Se si da per assodato il contesto capitalista e neoliberista, nessun provvedimento, nessun programma potrà essere pianificato per creare occupazione.  

E’ necessario smetterla di pensare al “MERCATO DEL LAVORO” .  Bisogna ritornare a considerare il LAVORO come un diritto naturale necessario a donne e uomini per vivere un’esistenza dignitosa.  Se l’offerta di occupazione  è limitata rispetto alla domanda, allora è necessaria una redistribuzione del lavoro esistente in modo da soddisfare completamente  la domanda. Lavorare meno, lavorare tutti  a parità di salario. Questa potrebbe essere una prima risposta. 

Prevedere la diminuzione delle ore di lavoro, un  ampio utilizzo del part-time, magari con un contributo dello Stato consistente nel farsi carico di una parte del salario  del lavoratore part-time in modo  tale che l’azienda, che usufruisce delle prestazioni di questi addetti,  non abbia l’onere di pagare il salario per intero.  Alla redistribuzione del tempo di lavoro si dovrebbe affiancare la creazione di nuovo lavoro. In tal senso si potrebbero  individuare settori  diversi bisognosi della creazione  di  beni e servizi. 

Settori come la sanità, la scuola, i servizi agli anziani, ai bambini, ai disabili, sono in continua emorragia di addetti. Blocco del turn-over, chiusura di strutture sociali, scuole, ospedali,  sono all’ordine del giorno. In quest’ambito  si potrebbero creare enormi opportunità occupazionali. Un altro settore che ha fame di addetti è quello relativo alla salvaguardia del territorio. L’Italia, come è noto e come ogni giorno le cronache non smettono di ricordare, è un paese ad alto rischio idrogeologico e sismico. Ma un programma di tutela del territorio non esiste.  Un altro campo potrebbe riguardare la ristrutturazione di immobili in degrado per destinarli ad alloggi popolari anche in questo caso si potrebbe creare occupazione. E’ evidente che i nuovi occupati in questi settori, dovrebbero essere assunti dallo Stato.  

Tutto ciò quanto ci costa?  La domanda sorge spontanea.  Contributi alle aziende che assumono part-time per la quota eccedente la metà del salario, nuove assunzioni dirette,  sicuramente avrebbero un costo notevole. Ma i soldi si possono trovare.  Ad esempio togliendo i contributi alla sanità e alla scuola privata, destinando   alla tutela del territorio i fondi delle grandi opere,  aumentando  la tassazione sulle rendite finanziarie, sui grandi patrimoni e sui profitti della speculazione finanziaria. 

Inoltre molte risorse potrebbero arrivare da una seria lotta all’evasione fiscale, da una maggiore tassazione a carico delle agenzie pubblicitarie, da una drastica riduzione delle spese militari.  Anche una rideterminazione della spesa sociale potrebbe liberare risorse. Ad esempio la rimodulazione degli assegni familiari, pensioni di invalidità. Prestazioni che oggi vengono erogate a tutti ma dalle quali si potrebbero escludere le famiglie più ricche.  Il  risparmio ottenuto potrebbe risultare cospicuo. 

E’ evidente che in questo modo si disinnesca il ricatto neoliberista e dunque tali misure non saranno mai adottate in un ambito che considera ineluttabili le regole del mercato.  Quindi l’azione  primaria che sta alla base di queste politiche a favore del lavoro è rovesciare il regime ultraliberista. Qualsiasi organizzazione  e movimento, sindacale o politico, che propone programmi  a favore del lavoro senza partire da un contrasto al liberismo e al capitalismo non è credibile.  Tutte le proposte che oggi sono sul tavolo  esplicandosi in un contesto liberista, più o meno mitigato da un improponibile controllo della politica, non sono assolutamente credibili, sanno di grande presa in giro. 


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