Solange Cavalcante. Fonte Alias del 70 giugno 2014
Questa è la storia di un ragazzo brasiliano combattente, un
eroe meticcio, erede della fierezza di un immigrato anarchico italiano e della
madre guerrigliera africana. La sua vita si spezzò nel ’69, in un agguato
organizzato dalla polizia politica, proprio il giorno in cui avrebbe assistito
ala trionfo del suo Corinthians.
Sono diventate famose le immagini del ragazzo brasiliano che
balla davanti ai poliziotti, durante gli scontri della cosiddetta “revolta
do vinagre” (la rivolta dell’aceto,
che allieva i gas lacrimogeni), scoppiata nel 2013 per ottenere migliori
condizioni di vita. Il nemico, armato e furibondo sparò e per poco il ragazzo
non ci rimase secco. Non si sa perché danzasse
quel ragazzo . Non è sempre facile capire il comportamento del popolo
brasiliano , che ride gioca anche quando ha paura. E ogni tanto ci sorprende con
attitudini ancora più strane . In questi giorni che precedono l’attesissimo
Mondiale di calcio, per esempio, la gente scende in piazza gridando a
squarciagola : “Nao vai ter Copa!” (questa Coppa non s’ha da fare). Boicottano
l’evento. Proprio loro, quelli che il calcio…. Da Casa e Catapecchie di
Gilberto Freyre ai Tristi tropici di Levi-Strauss ci hanno provato in tanti e ci
provano ancora a spiegare l’essenza brasiliana. Ma mettiamo il caso che quell’atteggiamento
giocoso davanti al tragico possa essere spiegato a partire dalla storia di uno
di loro, nato avventurosamente nel 1911 da una famiglia povera di Salvador di
Bahia. Uno il cui padre era un immigrato emiliano, operaio e anarchico, e la
mamma un fiera discendenti degli africani Houssà- tra coloro che dettero fuoco
a Salvador nel 1853, per farla finita con la schiavitù. Si chiamava Carlos , il
piccolo e pur di tenerlo buono, affinchè non scappasse a giocare a pallone, la
mamma una volta dovette legare la gambetta scalciante del ragazzino
alla gamba del tavolo. “Non farlo mai più, dona Rita”, qualcuno la
rimproverò. “Se lo tiene legato, lui non sarà mai libero, per il resto della
vita”.Alla mamma prese un colpo e lo slegò subito. Meglio il pallone, piuttosto
che non esser libero. No. Carlos doveva studiare, diventare un dottore ed esser
felice. Sembrava proprio nato per esserlo. Andava al mare, ballava a carnevale
vestito da donna, scriveva poesie e giocava a calcio, innamorato pazzo della
squadra del Corinthians, fondata da operai anarchici nella lontana San Paolo
del Brasile . E più studiava, più andava al mare, più giocava a calcio, più
Carlos diventava bello e ammirevole. Ma era anche diventato comunista. E questo
certa gente non riusciva a capirlo. Carlos incominciò da leader studentesco: e
fu messo in galera . Se ne fece così tanti di anni che finì col perdersi la
gioventù –ma la sua storia era la stessa di tanti ragazzi neri in Basile. Poi,
da quadro dell’allora clandestino
Partito
comunista , tornò dentro un’altra volta
, e subì una buona dose di tortura. In
carcere Carlos non si annoiava: insegnava inglese, giocava a calcio e…
sorrideva. Finalmente fuori, nel 1964 fu eletto deputato per il Pc – non più
clandestino – insieme al compagno Jorge
Amado, che di Carlos scrisse: “ Denbtro
di lui, la tenerezza e l’ira”. Ma l’ira se c’era, era solo quella di voler
sconfiggere il capitalismo, tutto qua. Un giorno Carlos, negro cristiano e
comunista, conobbe un’ebrea, bianca, di nome Clara. Appunto. Ma nel 1948 il Pc
fu messo di nuovo al bando, e i promessi sposi dovettero rimanere promessi, poiché
da latitanti, non sarebbe stato mai concesso loro di presentarsi in comune per
sposarsi. Dicono che Carlos pianse una
sola volta nella vita, e fu quando Nikita Krushev denunciò i crimini di Stalin,
era il 1956. Ma no, niente disperazione. Juscelino Kubitschek era diventato presidente
del Brasile , e chissà, magari JK avrebbe fatto uscire il Pc dalla clandestinità. Si ?No. Poi arrivò Janio Quadros, e la sua rinuncia.
E poi Joao Goulart e la crisi per il suo insediamento. Che emozione. Si parlava si respirava un grande cambiamento
sociale, nonostante la rabbia dei militari covasse sotto la cenere. Enorme era la confusione sotto il cielo, e quindi…
Niente. Non si fece in tempo ad organizzarsi . Il 31 marco del ’64 il golpe.
Carlos e Clara erano diventati i primi nella lista dei ricercati dal regime
militare. Latitanti e clandestini ricominciava tutto di nuovo. Ma ora nella
lotta armata. Ogni tanto Carlos riappariva da qualche parente , di nascosto,
tornato da un’azione di guerriglia. C’era stato il sequestro dell’ambasciatore statunitense , qualche espropriazione
nelle banche… Erano tempi duri: uccidere o morire. Nascosto a San Paolo con Clara,
nonostante tutto, Caros continuava a sorridere a scrivere poesie. Quando
poteva, giocava a pallone, facendo innamorare tutti, con la sua bella figura
del colore marron-dorato. La sera del 4 novembre 1969, quella in cui finisce la
storia, Carlos aveva pensato di andare
vedere il derby Corinthians vs Santos, allo stadio Pacaembu.Il
Corinthians non vinceva mai contro
Pelè e lui soffriva … Doveva anche
incontrarsi in gran segreto con due frati domenicani, impegnati come lui nella
lotta contro il regime . Carlos Marighella, il guerrigliero Marighella, l’eroe meticcio, erede della fierezza di un
immigrato anarchico italiano e della madre guerriera africana, fu crivellato di
colpi dalla polizia politica che gli aveva
teso un’imboscata, proprio mentre la sua squadra, finalmente, vinceva per 4 a
1. Quanto gli sarebbe piaciuto potersi
godere quel risultato. Che peccato, Marighella , perdere così quella partita. E
allora. Questi ragazzi che scendono in piazza in Brasile, alla vigilia del Mundial? Sembra strano che se la giochino perché non ci
si la Coppa. Gridano che non ci sarà nessuna Coppa finchè non ci saranno
diritti uguali per tutti. E mentre lottano, sorridono e ballano. Danzano
davanti ai poliziotti armati. Son proprio strani questi brasiliani.
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