Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Oggetto: per cessare di commettere errori marchiani nella
politica mediterranea, per uscire dalla subalternità ai criminali sofismi del
discorso razzista e agli scellerati interessi delle mafie schiaviste, occorre
innanzitutto riconoscere al più presto il diritto di voto ad oltre cinque
milioni di effettuali italiani che per il mero accidente di non essere nativi
del paese sono tuttora privati del primo diritto democratico, il diritto di
partecipare alle decisioni pubbliche nel luogo in cui vivono, il diritto di
partecipare alle decisioni pubbliche che le loro stesse vite direttamente riguardano.
S'inveri finalmente in Italia il principio fondamentale della democrazia: una
persona, un voto.
Egregio Presidente del Consiglio dei
Ministri,
la turpe competizione tra Italia
e Francia, che sembra appartenere a un tremendo passato colonialista nei
cui confronti nessuna persona decente può provar nostalgia, sta provocando
nuovi catastrofici errori nel rapporto tra i paesi che si affacciano
sul Mediterraneo, errori che prolungano l'insensata bellicosa politica che
ha destrutturato la Libia e non solo.
Così come la
scandalosa subalternità all'infame retorica razzista è insieme anche
subalternità agli schiavisti d'Europa e d'Africa, è subalternità all'ideologia
e agli interessi che accomunano il razzista e il mafioso nella considerazione
degli esseri umani alla stregua di merci e di rifiuti, di "vite di
scarto" nei cui confronti qualunque violenza è lecita, e lo
sfruttamento può giungere fino all'inflizione della morte.
In verità tutti sappiamo che l'unica
iniziativa che potrebbe smantellare il business dei trafficanti
schiavisti è una legge che riconosca a tutti gli esseri umani il diritto di
giungere nel nostro paese - e quindi nel nostro continente - in modo
legale e sicuro.
E tutti sappiamo che la retorica
similmussoliniana del "fermare i migranti sul bagnasciuga" è una
mera idiozia, oltre ad essere un crimine contro l'umanità. Chi pensa di fare
della Libia un enorme lager per migranti provenienti dall'Africa subsahariana o
dal Medio Oriente o è un pazzo o è un nazista.
E tutti sappiamo altresì che la politica
delle cannoniere non può che fallire come tutte le politiche armate; e come
tutte le politiche armate non può che provocare un immane spargimento
di sangue umano, di sangue innocente. Ogni vittima ha il volto di Abele.
E tutti sappiamo, infine, che è una
menzogna la distinzione pseudo-ontologica tra migranti politici e migranti
economici: la guerra e le dittature, la schiavitù e la fame, i disastri
ambientali e la rapina delle multinazionali, sono tutti aspetti di un unico
sistema di gestione - onnidistruttiva - di quest'unico mondo che abbiamo,
e chi è in fuga dalla morte è in fuga dalla morte, ed ha diritto ad essere
soccorso.
Ogni essere umano ha diritto alla
vita, alla dignità, alla solidarietà. E salvare le vite è il primo dovere di
ogni persona, ed a maggior ragione di ogni umano istituto. Sono cose ovvie, ma
è bene ricordarle.
Le migrazioni cesseranno quando
ovunque vi sarà giustizia e libertà, ma finché in tanta parte del mondo
continuerà uno sfruttamento bestiale e la guerra e la fame, nessuno può né deve
impedire che le vittime di quelle condizioni emigrino altrove per salvare e
migliorare la propria vita.
L'unica politica lecita, l'unica
politica necessaria, l'unica politica efficace in materia di migrazioni è
abolire la guerra, abolire la fame, abolire le dittature e la schiavitù.
L'Italia e l'Europa purtroppo non stanno facendo questa politica lecita,
necessaria, efficace.
Ma restiamo all'Italia: finché il ceto
politico sarà subalterno alla demente propaganda razzista nulla di buono potrà essere
fatto in pro dell'umanità, dell'umanità intera come popolazione mondiale, e
dell'umanità nostra come singole persone senzienti e pensanti.
C'è un modo per uscire da questa
subalternità al razzismo, allo schiavismo, alle mafie e al fascismo che torna: occorre far
cessare l'apartheid elettorale in Italia; farlo cessare "oggi
in Italia, domani in Europa", se posso parafrasare un indimenticabile
motto di Carlo Rosselli.
*
Egregio Presidente del Consiglio dei
Ministri,
credo che lei conosca già l'appello "UNA PERSONA UN VOTO" che ha come primi firmatari padre Alessandro Zanotelli,
la partigiana e senatrice emerita Lidia Menapace, e innumerevoli personalità
della cultura, dell'impegno morale e civile e delle istituzioni, da Cécile
Kyenge a Raniero La Valle, da Anna Bravo a Giorgio Nebbia. Quell'appello
evidenzia che "il fondamento della democrazia è il principio Una persona,
un voto; l'Italia essendo una repubblica democratica non può continuare a
negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente
qui. Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native,
che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i
loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone
rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia,
contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema
pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino
demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi
conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi
del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite
riguardano. Una persona, un voto. Il momento è ora". Sono parole che è
impossibile eludere.
E credo che lei sappia anche che a
quell'appello hanno già espresso il loro sostegno anche centoquaranta
parlamentari di varie forze politiche: una parte non piccola del Parlamento. E
non vi è dubbio che centinaia di altri parlamentari si aggiungerebbero se il
governo rompesse gli indugi e dichiarasse fin d'ora un
esplicito impegno affinché nella prossima legge elettorale finalmente
s'inverasse il criterio "Una persona, un voto", finalmente
s'inverasse la democrazia nella sua pienezza.
Così come lei non ignora che da anni
l'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia (l'Anci, che rappresenta tutti i
Comuni italiani) ha predisposto e presentato un progetto di legge recante
"Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto
di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità"
almeno per quanto concerne le elezioni amministrative. I non più giovani tra
noi ricordano che era un impegno del Parlamento già nel secolo scorso, un
impegno finora purtroppo disatteso.
*
Egregio Presidente del Consiglio dei
Ministri,
cosa si aspetta ancora a difendere la
democrazia e l'umanità dall'assalto dei razzisti e degli schiavisti?
Cosa si aspetta ancora a far cessare
un regime elettorale oscenamente segregativo?
Cosa si aspetta ancora ad adempiere la
promessa e l'impegno di liberazione che è il programma e lo spirito della
Costituzione repubblicana?
Il razzismo è un crimine contro
l'umanità.
La democrazia è questo: una persona,
un voto.
*
Egregio Presidente del Consiglio dei
Ministri,
le cose scritte qui sopra valgono - se
hanno un valore, e io credo fermamente di sì - indipendentemente dalla
firma che recano in calce. Ma forse potrà non esserle sgradito sapere chi le
scrive queste righe. Poiché non siamo propriamente due completi estranei,
giacché sia pur fugacemente - e dubito che lei possa ricordarsene -
molti, molti anni fa ci incontrammo e scambiammo qualche parola: all'epoca
lei era un militante - e dirigente - del Movimento lavoratori per il socialismo
(Mls), ed io un militante - e segretario della federazione di Viterbo
- del Partito di unità proletaria per il comunismo (Pdup). Quelle forze
politiche, che si sono ormai estinte da tempo, stavano allora
unificandosi, e le cose che ci dicevamo allora a me sembrano ancora vere e
necessarie. Tra quelle cose vi era questa persuasione: dell'eguaglianza di
diritti di tutti gli esseri umani, e del dovere di estendere la democrazia fino
a che l'umanità intera fosse libera e solidale, abbattendo ogni schiavitù,
spezzando ogni catena, costruendo una società in cui da ciascuna persona fosse
donato secondo le sue capacità, ed a ciascuna persona fosse dato
secondo i suoi bisogni. Dopo così tanti anni mi piacerebbe che si proseguisse
ancora in quella persuasione e in quell'impegno, ciascuno con le risorse
di cui dispone: le mie sono misera cosa, le sue sono quelle di chi governa
questo paese.
Augurandole ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo
Viterbo, 3 agosto 2017
Mittente: "Centro di ricerca per
la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: crpviterbo@yahoo.it, centropacevt@gmail.com
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