Il due ottobre prossimo, in rappresentanza del comitato
referendario di Frosinone per il no alla riforma costituzionale, parteciperò al convegno convocato dal coordinamento per la democrazia
costituzionale sulla legge elettorale. L’incontro è stato organizzato per chiedere con forza l’approvazione
di una legge elettorale nuova, coerente per Camera e Senato, che chiuda la
sciagurata fase maggioritaria - responsabile
di un’antidemocratica distorsione della traduzione in seggi dei voti dei
cittadini - e inauguri una fase
proporzionale, dove la formazione del Parlamento sia il fedele specchio della distribuzione
dei voti ottenuti dai partiti. Naturalmente
si chiede anche un dispositivo in cui l’elettore possa indicare il proprio rappresentante senza
che le liste siano bloccate composte dai nominati dalle segreterie dei partiti.
Un
evento quanto mai utile quello di Roma, che si terrà presso l’aula dei gruppi parlamentari, non solo per gli
interventi di personalità di spicco (costituzionalisti e giuristi che hanno animato la campagna referendaria), ma per
ribadire con più forza il principio costituzionale secondo cui le elezioni servono a scegliere i
rappresentati del popolo e non a legittimare un sistema di potere. Il mantra
del sapere chi ha vinto già la sera stessa degli scrutini è una bestialità
enorme a livello costituzionale.
Il problema però, a mio giudizio, consiste nel
fatto che la dicotomia rappresentanza/governabilità è ampiamente superata. Dall’indegna
gazzarra che questo Parlamento sta montando sulla possibilità di licenziare una nuova legge
elettorale, si capisce chiaramente che
la questione non verte sull’obiettivo di assicurare un dispositivo funzionale per
il Paese, ma punta a tutelare gli interessi dei vari comitati elettorali in
lizza. Oltre ad anestetizzare il più possibile l’espressione degli elettori, in
modo che questa non vada ad intaccare le decisioni prese dalle segreterie dei
partiti.
In poche parole non si tratta di risolvere la diatriba fra
governabilità e rappresentanza, ma di cercare il sistema più consono ad ottenere che il voto non disturbi le decisioni del manovratore e che sia
strutturato in modo da favorire il proprio schieramento. Le liste bloccate
erano la caratteristica comune alla proposta, simile alla legge tedesca,
bocciata in giugno, e al Rosatellum 2 che andrà incontro ad una stroncatura certa
il 10 ottobre prossimo. Inoltre entrambi i sistemi penalizzano alcuni
schieramento e ne favoriscono altri, per cui è praticamente impossibile che
vedano la luce.
Alla fine, evidentemente, non se ne farà nulla e si andrà alle
prossime elezioni con le norme disegnate dalla Corte Costituzionale: l’Italicum
depurato da premio di maggioranza alla Camera ed il Porcellum, anch’esso rimodulato
dalla Consulta, al Senato, con la concreta possibilità di avere maggioranze
diverse nei due rami del Parlamento. In buona sostanza questo
Parlamento illegittimo, in base al
pronunciamento della Corte Costituzionale, non è riuscito a licenziare l’unica
legge che avrebbe dovuto produrre . Neanche il minimo sindacale di estendere l’Italicum al Senato, per uniformare la legge ad entrambe le Camere è stato realizzato.
Dunque oltre al convegno sulla legge elettorale proporzionale andrebbe
organizzato un dibattito sulla povertà morale, civile e politica dell’attuale classe
politica. Una pochezza figlia del degrado che hanno subito i vecchi partiti di
massa. I dirigenti eletti con le primarie,
siano esse figlie dei gazebo o della riffa in rete, non potranno mai
avere spessore. Un sistema basato sull’investitura diretta del capo che concorre contro avversari di comodo , in modo da mascherare da espressione
democratica una scelta imposta dall’alto, non può creare una classe politica
rilevante.
Quando non si passa per la militanza, quando si saltano piè pari tutte
le dinamiche di analisi, di elaborazione
dei progetti costruiti su una precisa idea di società , esautorando il confronto nei circoli, nei
congressi, mortificando la partecipazione degli iscritti , quando cioè si espianta la politica vera dal
corredo di un dirigente in pectore, il risultato è quello di avere una classe dirigente come minimo inadeguata.
Il guazzabuglio della riforma costituzionale bocciata
dai cittadini , i miseri tentativi falliti di dare al Paese una legge elettorale
decente, il numero ingente di norme licenziate da questo governo e cassate
dalla Consulta, offrono la misura dell’ignoranza istituzionale di coloro che
stanno occupando gli scranni parlamentari. Prima dunque di discutere sulla
legge elettorale, bisognerebbe ragionare su come ricostruire dinamiche politiche
incisive tese a favorire la partecipazione della collettività alle decisioni
importanti. Solo così sarà possibile rivedere in Parlamento gente capace di
esercitare il mandato ricevuto dagli elettori. Ci vuole tempo? E' vero, ma è un ottimo motivi per cominciare a discuterne subito.
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