Dalle note di stampa e d’informazione che danno conto dell’assemblea
nazionale del Comitato per la Democrazia Costituzionale
tenutasi ieri a Roma presso l’auletta dei gruppi parlamentari della Camera, si
sottolinea come i “professori” e i “costituzionalisti”
siano tornati a far sentire la loro voce per il ripristino della legalità
costituzionale. Quella stessa legalità per la quale il popolo ha respinto
sonoramente il tentativo sovversivo di manomissione della Costituzione, e la
Corte Costituzionale ha rilevato principi di incostituzionalità sulle leggi
elettorali del Porcellum e dell’Italicum, quest'ultimo franato innanzi alla Consulta ancora prima di
produrre i suoi effetti nefasti.
A quell’assemblea ha partecipato anche
il sottoscritto, pur non essendo né costituzionalista né professore,
ma un onesto cittadino che proprio non vuole rinunciare al sacrosanto diritto
costituzionalmente riconosciuto di “concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale”.Prerogativa che la
deforma renziana e le due leggi elettorali in questione, non potevano
riconoscere.
La platea dei relatori è stata robusta per sapienza
istituzionale, consapevolezza del pericolo di derive autoritarie ancora ben
presente. Ma soprattutto si trattava di quel gruppo di giuristi e
costituzionalisti che hanno condotto la battaglia referendaria, sia nelle
piazze che nei tribunali. Gustavo
Zagrebelsky -che ha iniziato i lavori con un ricordo di Stefano Rodotà- Alessandro Pace, Massimo Villone, Gaetano Azzariti,
Felice Besostri, Roberta Calvano, Michele Prospero, Lorenza Carlassare,
Domenico Gallo, cui si è aggiunto il prezioso contributo, del Presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia, hanno reso palese una realtà incontrovertibile. Cioè che la
vittoria contro la riforma costituzionale è stato solo l’inizio di una mobilitazione
generale contro i tentativi di espropriare i cittadini del loro diritto di
partecipare alle dinamiche decisionali.
Come è evidente si tratta delle stesse persone capaci di portare
la battaglia referendaria, fuori dalle dispute personalistiche e di bottega, sostanziandola con il merito, smascherando il
guazzabuglio prodotto dai maldestri neo costituzionalisti Renzi e Boschi. I temi toccati sono stati molteplici e il
risultato dell’assemblea è riassunto in
un APPELLO pubblicato in altra parte del blog. Ma il filo rosso degli
interventi si è snodato su due tematiche principali: Il contrasto all’ennesima
legge elettorale incostituzionale prevista in votazione alla Camera il 10 ottobre prossimo (il cosiddetto Rosatellum
2.0), e il rapporto fra sistemi elettorali e la Costituzione.
Il Rosatellum
2.0, se approvato, rischia di essere la
terza legge incostituzionale licenziata da un Parlamento, per altro eletto con
una legge anch’essa incostituzionale. Pure questa, come le precedenti (Porcellum
Italicum), contempla liste bloccate rendendo impossibile ai cittadini eleggere il
proprio rappresentante. Il dispositivo prevede l’elezione di un terzo del Parlamento con sistema maggioritario in collegi
uninominali e due terzi eletto con un proporzionale riferito a collegi plurinominali
con liste decise dai partiti, elemento
già rigettato dalla Consulta nei precedenti pronunciamenti sul Porcellum e sull’Italicum.
Quindi anche questa legge a seguito di impugnazione rischia la bocciatura della
Corte .
Non è previsto il voto disgiunto per cui sulla scheda, che sarà unica,
l’elettore non potrà esprimere un voto
diverso fra il candidato al collegio uninominale e una delle liste a lui collegate nel proporzionale. C’è la
possibilità di candidarsi sia in un collegio uninominale che in una lista
proporzionale. E’ evidente come tale
escamotage sia fatto apposta per garantire seggi sicuri ai nominati più
servizievoli.
Sono previste coalizioni, ma sono finte. Si tratta di
raggruppamenti di partiti che si mettono insieme senza un programma comune e
che ad elezioni avvenute possono sciogliersi liberamente. I voti espressi solo per il candidato
uninominale senza l’indicazione del
partito di riferimento nel
raggruppamento proporzionale, vengono ridistribuiti fra le forze della finta
coalizione secondo un sistema che attribuisce il numero maggiore, di quelle preferenze orfane, al partito che ha ottenuto più voti. E’
chiaro l’intento di favorire gli schieramenti
più forti.
E’ prevista una soglia di sbarramento al 3% della parte
proporzionale se ci si presenta da soli e dell’8% se si tratta di una
coalizione. Attenzione! I voti dei partiti che non raggiungono il 3% vengono
comunque assegnati al movimento che nel raggruppamento ha ottenuto più voti.
Assisteremo così al proliferare di microassembramenti la cui potenzialità di
essere eletta sarà zero, ma che venderanno il loro 1-2% in cambio di qualche incarico dirigenziale in società partecipate od in organismi
amministrativi di II livello.
L’intento di questa legge è chiaro: ha lo scopo di tagliare fuori il Movimento 5 Stelle
e i raggruppamenti che si consolideranno alla sinistra del Pd. Ebbene un sistema elettorale deve assicurare la definizione di un buon Parlamento rappresentativo
del corpo elettorale e non favorire o
penalizzare i diversi schieramenti. Già solo per questo, andrebbe rigettata.
E’
convinzione di molti che anche il Rosatellum 2.0 possa finire impallinato dal
voto segreto perché inviso a diversi parlamentari componenti dei partiti
che in linea teorica dovrebbero sostenerlo. Su questo aspetto, però, è di
diverso avviso Felcie Besostri. L’avvocato, promotore dei ricorsi contro l’Italicum, sostiene che diffondere una certa
sicurezza sull’affossamento della legge è un pretesto per limitare, se non annullare, la mobilitazione contro di
essa, salvo poi approvarla a ridosso delle elezioni rendendo impossibili, per
mancanza di tempo, eventuali impugnazioni innanzi alla Consulta.
Come sostenuto
dalla Professoressa Carlassare alcuni giuristi sottolineano che nella
Costituzione non sia indicato un preciso sistema elettorale, per cui non si
vede come il maggioritario o premi di
maggioranza, possano definirsi non coerenti con la Carta. Riassumo per punti le ragioni in base alle quali questa posizione è stata bollata quanto meno come
fallace. 1) Con premi di maggioranza non si realizza la eguaglianza del voto inscritta
nell’art.48. 2) Il cosiddetto voto utile
cui si appellano gli esponenti dei partiti più grandi, che ricorre in particolar
modo in presenza di premi di
maggioranza, è in contrasto anch’esso con l’art 48. Nel quale si stabilisce
che il voto deve essere libero non condizionato da distorsioni premiali. 3) Il candidato
sottratto alla libera scelta dei cittadini ma imposto dai partiti confligge con l’art.49 dove si stabilisce che i partiti sono
il tramite attraverso i cui i cittadini concorrono a determinare la politica
nazionale. Cioè il partito deve essere un veicolo di partecipazione e non un
organismo che impone i suoi diktat agli elettori chiamati solo a certificarne
le decisioni. Insomma per dirla con Zagrebelsky il cittadino deve esercitare la
sua prerogativa di poter governare, e non essere governato, ossia diventare
oggetto GOVERNABILE.
All’assemblea hanno partecipato ed assistito anche esponenti
politici: Roberto Speranza e Federico
Fornaro Mdp, Nicola Fratoianni Sinistra Italiana, Maurizio Acerbo Rifondazione
Comunista, Anna Falcone e Tomaso Montanari di Alleanza Popolare per la
Democrazia e l’Eguaglianza. Da loro non è arrivato nulla di particolarmente
utile al dibattito. Si sono limitati a parlottare, a confabulare, ad accordarsi, chissà su quali reconditi
motivi anche se tanto reconditi non sono. E’ vero la Falcone e Montanari all’epoca
della battaglia referendaria erano a me più vicini, ora hanno passato il
Rubicone hanno altri interessi oltre a quello di difendere la legalità
istituzionali. Una scelta legittima, forse necessaria, e degna di essere considerata, ma è decisamente un’altra cosa che impone altre analisi da affrontare in altra sede.
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