traduzione Luciano Granieri, fonte slate.com
Un nuovo cofanetto propone
l’ultimo tour di Miles Davis e John Coltrane insieme. Una testimonianza
destinata a cambiare i tradizionali giudizi su ognuno di loro.
La scomparsa di grandi musicisti è fonte di ricerca per le case discografiche , le quali pubblicano
incisioni rare che risultavano perdute per diverse buone ragioni. Alcune volte
queste riscoperte risultano essere delle vere e proprie gemme . Raramente
gettano una nuova luce su un artista o su un’era. Questa è la meraviglia e la
delizia di “The Final Tour” -Un cofanetto di quattro CD dei concerti live
tenuti in Europa dal Marzo 1960, dal quintetto del trombettista Miles Davis
con John Coltrane- nessuno di questi era mai stato pubblicato prima negli Stati
Uniti.
Il tour ebbe inizio poco più di un anno dopo che il gruppo
aveva realizzato Kind of Blue, uno
dei più grandi album di jazz inciso in
studio, oltre ad essere il più popolare
di tutti i tempi, avendo venduto più di quattro milioni di copie. La band del
Final Tour, per lo più, era la stessa dell’album, così come gli stessi erano i
brani, ma la musica – il modo in cui i pezzi furono suonati- risultò
radicalmente diversa. Tale espressione fu talmente scioccante da far riconsiderare il giudizio che fino ad allora i
due musicisti avevano suscitato. E colmò alcuni spazi che fino ad allora credevamo fossero rimasti
vuoti nella storia del jazz indicando la nuova strada che il jazz avrebbe preso
in quegli anni fondamentali.
La versione standard della cosiddetta storia di Miles & Trane, recita per lo
più così. Nel 1959, raggiunse il culmine dell’innovazione con Kind of Blue, rompendo gli schemi determinati dai chorus del be bop,
definiti dal suo ultimo mentore Charlie
Parker, in favore di una musicalità più
pacata, riflessiva, lirica, costruita attorno a scale e ritmi più liberi.
Subito dopo la seduta Coltrane si
estranea dal gruppo alla ricerca di un suo nuovo e personale sound –mentre
Miles, non possedendo al momento idee originali- decide di ripercorrere per i cinque anni a venire un bop
carico di blues, perfezionando brani che
aveva inciso alla metà degli anni ’50.
Ma The Final Tour -vol.6
della collana Columbia “Bootleg Series” delle sessioni di Miles rimasterizzate, con un eccellente
suono, dalle registrazioni originali – riporta chiaramente una
storia incompleta . Rivela come la via
d’uscita che Miles s’era imposto verso un cul de sac, gli stava
mostrando che il futuro del jazz stava
ribollendo verso lo stile
emergente di Coltrane al sax tenore.
Nello specifico Miles – contravvenendo stranamente alla sua immagine di sperimentatore indefesso
della musica e sovvertitore delle forme
– osteggiava il cambiamento. Da 15 anni era sulla scena jazzistica di New York,
in questo periodo aveva preso parte, o aveva condotto personalmente , diverse rivoluzioni - il Be Bop durante il periodo con Parker, il
jazz da camera di Birth of the Cool, le collaborazioni orchestrali con Gil
Evans e Gunther Schuller ed infine il trionfo modale di Kind of Blue - e, come molti
rivoluzionari che invecchiano, non emozionava più i seguaci impegnati a coltivare la propria ribellione.
Coltrane aveva la stessa età di Miles – entrambi erano nati
nel 1926 – e ricopriva chiaramente un ruolo subalterno all’interno del sodalizio . Miles, uno straordinario talent-scout, lo fece emergere dall’oscurità di un Club di
Philadelphia nel 1956 per aggregarlo a quello che sarebbe stato il "classic quintet”. A parte una breve
esperienza con il gruppo di Thelonius
Monk, Coltrane rimase come sideman di Miles, fino a quando
non si pose alla guida di un proprio gruppo in più di una dozzina di
sedute ( in particolare Blue Train, SoulTrane e, subito dopo Kind of Blue ,Giant Steps) .
La
sua evoluzione verso il free jazz era stata plasmata ed affinata dai personali
esperimenti di Miles nella destrutturazione dell’armonia , ma dal 1959 Coltrane
volle prendersi la libertà di assumere una
direzione ed una velocità che andasse oltre le inclinazioni del suo mentore.
Era un periodo di grandi transizioni nella cultura americana,
jazz compreso. Alla fine dell’anno il quartetto di Ornette Coleman aveva fatto
grande scalpore al Five Spot. Un divo
del jazz giù nel
Bowery di New York suonava una musica che
abbandonava non solo le
variazioni di accordi, ma apparentemente, ogni tipo di struttura. A Miles non
piaceva lamentandosi con un giornalista diceva: “Senti solo cosa ha scritto e
come lo suona, se consideriamo la sua tenuta psicologica, l’uomo sembra corroso
dentro” Al contrario, Coltrane andava al Five Spot quasi tutte le sere,
pietrificato, e parlava con il gruppo per ore, Coleman gli diede alcune lezioni
sull’improvvisazione costruita al di fuori degli accordi . (Pochi anni più tardi Coltrane inviò a
Coleman un assegno di 50 dollari, l’equivalente odierno di più di 300 dollari
per ogni lezione).
Tensioni si stavano creando fra Miles e Trane anche prima del
tour europeo del 1960. Dopo una sessione in club di quel periodo, Miles si
lamentò che gli assoli di Coltrane erano troppo lunghi. Trane replicò che c’era
ancora molto di più da dire e non sapeva come smettere di suonare. Miles lo aggredì
con la sua voce roca apostrofandolo “Togliti quel corno dalla bocca”.
Coltrane non voleva andare in tour con Miles nel 1960. Era
determinato a lasciare il gruppo e mettersi in proprio , ma Miles prevalse.
Così il tour fu un evento importante -
la prima volta che Miles suonò in Europa da leader.
La serata di apertura
del 21 marzo si tenne al teatro Olympia di Parigi. Il concerto
costituisce anche il primo Cd del cofanetto. Il set comincia con “All of you”
il brano di Cole Porter, che Miles aveva
già inserito , con Coltrane come sideman
nel suo album “Round About Midnight” (registrato nel 1955 un anno dopo che la
canzone fu composta). Miles interpreta con uno swing vigoroso ma lirico le frasi di Sinatra
su un elegante contributo della sezione ritmica –Wynton Kelly al piano, Paul
Chambers al contrabbasso, Jimmy Cobb
alla batteria – ognuno dei quali aveva
suonato in Kind of Blue. Erano
vestiti in modo molto elegante come si addice ad
un set continentale (Le foto dell’opuscolo dell’album ritraggono la band fuori
dal teatro in eleganti smoking).
Poi Coltrane entra con il suo assolo incomincia con spirito
simpatico, con un tono più duro ma con un fraseggio gentile . Nel secondo chorus si
lancia in piccole e molto veloci terzine. Dal quinto chorus si scatena in
un vulcano di note – accordi su accordi
– scale che si ammassano a mucchi, così dense, così feroci, cosi veloci. Pochi
anni dopo il critico Ira Gitler aveva descritto lo stile di Coltrane come
“trapunte di suono” ma queste erano
tempeste di suono, implosioni di pura
energia. Per quattro minuti suona un intero chorus sperimentando sulla multi
fonia (l’emissione di due o più note allo stesso tempo), quindi ritorna alla
tempesta , o languisce in un singolo accordo, trasformandolo in una dozzina di
modi diversi in pochi secondi come se stesse smussando tutti gli
angoli di un prisma.
Ancora alla fine di ogni chorus, isola alcune frasi dalla
melodia, ma non le suona fuori dal contesto perché, anche attraverso tutta la
concitazione del fraseggio ( e questo
diventa sorprendentemente chiaro ad un ascolto ripetuto) mai
abbandona la struttura della canzone, rimane ancorato ad alcuni
appigli armonici e ritmici. Può sembrare
che stia alimentando il caos, ma è l’esatto
contrario di ciò che appare.
Molti anni dopo il tenor sassofonista Branford Marsalis,,dopo
aver ascoltato l’album bootleg del
concerto di Stoccolma del 1960, che si svolse la sera successiva al concerto di Parigi,
sperimentò ciò che lui definì più tardi “una
delle peggiori serate della mia vita”. “Il modo di suonare di
Coltrane -ricordò in un’intervista
concessa al New York Time Magazine - fu massicciamente intenso, volevo
smettere di suonare, non avrei avuto altro da dire. Avrei potuto scordarmi,
anche se avessi ricominciato da capo, di arrivare a quel livello”.
Ma nel 1960 nessuno aveva mai sentito niente del genere, certamente non
i Europa . Ed alcuni fra gli spettatori, che mai avrebbero pensato di trovarsi in una
serata diversa dall’intensità tipica
delle atmosfere di Kind of Blue , resero
esplicito il loro disappunto, mormorando, gridando, o come si potè sentire
chiaramente fischiando-l’equivalente del locale fare buu, quando l’assolo finì.
In un intervista nel
backstage durante l’intervallo del concerto di Stoccolama, un locale DJ di jazz, avendo notato
come alcuni critici giudicavano il suo nuovo sound “non bello” e “arrabbiato” chiese a Coltrane :
“Ti senti arrabbiato?” Coltrane replicò in tono gentile e conciliante: “No assolutamente
- e aggiunse – la ragione per cui esprimo cosi tanti suoni, in modo tale da poter
sembrare arrabbiato, è perché sto provando molte cose in una volta
sola,vedi? Queste cose non le ho messe
in ordine . Ho una borsa intera piena di cose, dentro la quale sto cercando di lavorare per ricavare
quella essenziale”. (L’intervista di sei minuti può essere ascoltata nell’ultima
traccia dell’ultimo CD del cofanetto).
Coltrane passò il resto della sua breve vita (morì di cancro al fegato nel 1967 all’età di
quarant’anni) in un ossessiva , e anche spirituale ricerca finalizzata a “cogliere l’essenziale” lavorando attraverso ogni fessura di ogni suono immaginabile (I viaggi più
affascinanti si possono ascoltare nella sua sessione live del 1961 al Village
Vanguard, che recano le tracce più evidenti dei concerti Europei degli anni
precedenti e della futura opera del 1964 A
Love Supreme , ma nel mezzo ci furono anche gli splendidi album di ballads
con Duke Ellington ed il quartetto del cantante
Johnny Hartman.)
Miles Davis era un tipo d’artista notevolmente differente.
Egli anche nutriva un irrequieto
appetito per un sound innovativo, ma una volta che lo aveva trovava rapidamente ne ricavava la caratteristica essenziale, abile in qualche modo nel trovare l’unico accordo, anche l’unica nota,
che funzionava all’interno della sua “borsa
di cose” eliminando il resto.
Questo contrasto nel carattere e nello stile era ciò che
rendeva la loro collaborazione così eccitante, così ricca di tensione creativa
. Ciò si può rilevare in tutti i loro album ma in particolar modo emerge dai
concerti europei del 1960. Miles ed il resto del gruppo all’inizio
non lo seguivano , proponevano le frasi standard , mentre Coltrane partiva
per la tangente, cavalcando il suo magico tappeto. Più tardi durante il tour, a Stoccolma e
Copenhagen, il fraseggio di Miles divenne più avventuroso, più veloce e breve.
Una volta il suo sound inconfondibile poteva
essere descritto come “un camminare su gusci d’uovo”. Ebbene in Europa ne ruppe un po’. Cobb cambiò più
drasticamente il ritmo della batteria ,
insistendo sui piatti, modificando il beat. Kelly prese degli assoli più lunghi con accordi
estesi a tutte le scale del pianoforte.
Quattro anni sarebbero passati prima che Miles trovasse un
altro sassofonista che gli consentisse di proiettarsi agilmente nel futuro
riprendendosi la corona di principe oscuro
della rivoluzione nel jazz. Era Wayne Shorter, di sette anni più
giovane, un seguace di Coltrane che combinava alcuni dei toni duri di Coltrane con
un approccio compositivo più sofisticato. Shorter completò il nuovo gruppo “il
secondo grande quintetto" sarebbe stato il suo nominato , con musicisti
più giovani come il pianista Herbie Hancock, il contrabbassista Ron Carter, il
batterista Tony Williams, fra i dieci ed i venti anni più giovani del loro
leader, a loro agio sia nello stile tradizionale che in quello radicale
seguendo e assecondando Miles nella
creativa fusione di entrambe. (Un eccitante tour europeo del 1967 del quintetto
è stato pubblicato sette anni fa come “Bootleg Series vol 1”) .
Alla fine del
decennio Miles sperimentò la fusione fra
il jazz ed il rock elettrico, fra l’entusiasmo di molti e la costernazione di
altri, e mai cessò di cercare nuove cose
fino alla sua scomparsa, morì nel 1991 a 65 anni.
Ascoltando i concerti del 1960 con il vantaggio di sapere
cosa sarebbe venuto dopo arricchisce l’esperienza dona alla musica un ulteriore
splendore. Era il baratro di un nuovo decennio
con Coltrane sul viale del tramonto fuori dalla band e ai margini della
scena . Era il “vecchio nuovo” ed il “nuovo nuovo” , l’incontro e lo scontro.
Era un ingranaggio scintillante e devastante della storia . Ancora oggi non esiste
nulla di simile.
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