S.O.S. ROSARNO
FUORIMERCATO, AUTOGESTIONE IN MOVIMENTO
ARI Associazione Rurale Italiana
ECVC European Coordination Via Campesina
La festa della Repubblica del 2018, in Calabria ce la ricorderemo come il giorno in cui si è perpetrata l’ennesima esecuzione sommaria ad opera di un civile, bianco, nei confronti di un nero.
Perchè se è vero come è vero che qua noi siamo abbastanza assuefatti alla violenza e l’uso delle armi per dirimere controversie - ciò è abbastanza frequente, a prescindere dalle situazioni e dal colore della pelle - crediamo di poter affermare senza tema di smentita che se a cercare di asportare delle lamiere da quella vecchia fornace, ormai in disuso e sotto sequestro, perché qualche anno fa ci sono andati a finire i rifiuti della centrale Enel di Cerano in Puglia, fossero stati dei bianchi, magari del posto, invece che Soumalia, “rasta” per chi lo conosceva, e altri due neri, l’assassino non li avrebbe presi a colpi di fucile, non avrebbe sparato 4 colpi, con l’intento di uccidere.
Soumalia Sacko, aveva 29 anni, era anche un militante dell' USB Unione Sindacale di Base ed era un bracciante agricolo della Piana di Rosarno/Gioia Tauro, terra delle buonissime clementine I.G.P. di Calabria, fiore all’occhiello del nostro Made in Italy, che il nuovo governo, al pari di quelli che lo hanno preceduto, preannuncia di voler difendere e a cui noi invece chiediamo esplicitamente di impedire che continui ad essere macchiato con il sangue delle migliaia di braccianti che raccolgono la frutta.
Sicuramente per Soumalia è finita la “pacchia” di cui parla il neo-Ministro degli Interni, la pacchia di vivere in una delle baraccopoli, lontane dai centri abitati ma al servizio delle tante zone agricole del nostro bel Paese, senza acqua né luce, in condizioni igieniche e sanitarie disastrose.
Ghetti subumani che, in assenza di soluzioni abitative dignitose che garantiscano il diritto ad un tetto ed una casa, diventano l’unica possibilità per la stragrande maggioranza dei 4000 migranti che, con il loro lavoro sfruttato e sottopagato, mantengono in vita l’agricoltura locale, strozzata dai bassi prezzi di acquisto imposti dalla #GDO, dalle industrie di trasformazione e dai grandi commercianti.
Se la baracca non fosse stata la soluzione, Soumalia non sarebbe andato a recuperare lamiere per farsi un tetto e nessuno gli avrebbe sparato. Tutto il resto sono chiacchiere.
Lo diciamo da sempre che tendopoli e forme sempre più moderne e accessoriate di segregazione delle persone, non siano la soluzione. Riteniamo che i provvedimenti degli ultimissimi anni siano una delle cause della crescita della tensione e del disagio.
Sgomberi, nuove tendopoli, badges, piccoli miglioramenti nei servizi, criteri d’accesso restrittivi ed esclusivi sono stati fatti voluti e strumentalizzati per ripulire l’immagine da un lato, e dall’altro criminalizzare e stigmatizzare il resto dell’umanità in eccesso, perchè non funzionale.
Siamo alla quarta tendopoli nell’arco di cinque anni, quanto tempo ancora ci vuole per andare una volta per tutte verso soluzioni strutturali, visioni di ampio respiro che partano dalla soggettività dei lavoratori e delle lavoratrici delle campagne?
Tutto ciò ci lacera il cuore e ci fa rabbia, ma non ci coglie del tutto impreparati: Soumalia è l’ennesima tragedia annunciata, vittima di politiche che trasudano razzismo e discriminazione verso i migranti e che hanno sdoganato le pulsioni più violente e bestiali dell’essere umano, politiche che non sono di oggi, né di ieri, ma affondano le loro radici indietro nel tempo, con le varie leggi Turco – Napolitano e Bossi - Fini, politiche quindi di cui sono responsabili anche quelli che oggi si stracciano le vesti e accusano di razzismo i nuovi arrivati, a cui invece hanno preparato quel terreno fertile nel quale oggi sguazzano.
video a cura di Luciano Granieri
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