Giovanni “Ivan” Alberotanza
Mercoledì 6 giugno, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza con la quale ha confermato la decisione della FCA di licenziare i 5 operai di Pomigliano d'Arco “colpevoli” di aver inscenato il finto suicidio dell'amministratore delegato Marchionne, in risposta al vero suicidio di una loro compagna di lavoro a causa delle condizioni inumane di lavoro all'interno degli stabilimenti FCA ex-Fiat di Pomigliano d'Arco e Nola.
Nella stessa giornata, il nuovo governo reazionario, a guida Salvini-Di Maio, otteneva la fiducia alla camera. Tra le tante banalità del premier teleguidato Conte spiccava, a proposito della lotta alla corruzione e delle preoccupazioni manifestate da alcuni ambienti borghesi sulla figura dell'agente provocatore, l'affermazione: «Con noi gli onesti non hanno nulla da temere». Dov'è il nesso, verrebbe da chiedersi, e così su due piedi faticheremmo anche noi a trovare un collegamento tra i due eventi ma scavando più a fondo, balza subito agli occhi la contraddizione stridente tra le parole pronunciate in aula a Montecitorio e l'essenza dei fatti consumatisi nell'aula della Cassazione, perché mentre il premier sproloquiava di onestà, nelle aule della Suprema Corte si sanciva, almeno per il momento, che la disonestà anche dal punto di vista delle leggi borghesi la ha vinta.
La Cassazione infatti, dando ragione alla FCA, ha premiato un'azienda che oltre alla secolare storia di corruttela, malversazioni e condizionamento del potere politico, negli ultimi anni, si è specializzata nel far passare lo sfruttamento selvaggio dei lavoratori per tutela della loro salute (la panzana dell’ergo-uas), e l'evasione fiscale per riorganizzazione funzionale alla propria nuova dimensione internazionale.
Ma perché dicevamo nel titolo, la magistratura borghese dà e la magistratura borghese toglie? Perché lo scorso 2 giugno, in occasione della festa della cosiddetta repubblica democratica fondata sul lavoro, in quel di Atessa, dove ha sede lo stabilimento Sevel (joint-venture tra FCA Peugeot e Citroen per la produzione di veicoli commerciali leggeri), si è svolta un’assemblea pubblica, indetta da alcuni sindacati di base, in cui si rivendicavano le vittorie rappresentate dalle varie sentenze di Cassazione che, nel corso del 2017, hanno condannato FCA a versare le quote sindacali anche in favore dei sindacati non firmatari di quel contratto specifico che FCA ha unilateralmente sostituito al contratto collettivo nazionale di lavoro.
Come si può ben capire ciò che emerge, da questi due comportamenti apparentemente schizofrenici della Cassazione, è che non si può fare cieco affidamento sui tribunali borghesi per vedere riconosciute le ragioni dei lavoratori, concetto che d’altronde hanno sempre affermato con la loro pratica di lotta Mimmo, Marco, Antonio, Massimo e Roberto. Perché, come ben sapeva chi ci ha preceduto sui campi di battaglia della lotta di classe, nei tribunali, ancor più quando si tratta di cause di lavoro, non si amministra la giustizia ma si sanciscono i rapporti di forza. Lo strumento del ricorso alla magistratura borghese può essere utilizzato in seconda battuta ma solo se in primo piano rimane l’unità delle lotte e la mobilitazione cosciente dei lavoratori condotta in maniera indipendente dalla borghesia, dai suoi governi e dai suoi agenti nel movimento operaio.
È proprio a tale scopo che, nel rinnovare la propria incondizionata solidarietà ai lavoratori licenziati dalla FCA e colpiti dalla Cassazione, il Partito di Alternativa Comunista e la Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale di cui il PdAC è sezione, ribadiscono l’imprescindibile necessità di rafforzare gli strumenti di coordinamento e di solidarietà tra tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, rappresentati oggi in Italia dal Fronte di Lotta No Austerity, e a livello internazionale dalla Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta di cui il Fronte di Lotta No Austerity è parte, per preparare, a partire dalla comune sconfitta odierna, le vittorie di domani.
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