Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 14 giugno 2011

Una vittoria della rete contro la TV omissiva

Raffaele Mastrolonardo  fonte "il manifesto" del 14/06

 

«Al quorum non si comanda», urla l'utente @myrha quando ormai il raggiungimento della fatidica soglia è ufficiale. «Legittimo godimento», gli fa eco @mecc82. Lo affermano su Twitter, sito di microblogging dove i pensieri si condensano obbligatoriamente in 140 caratteri. A chi lo dicono non si sa: amici (pochi o tanti che siano), a se stessi, al mondo. Poco importa: quel che conta, ora, è festeggiare. E ce n'è di che gioire: la vittoria al referendum, la sconfitta politica di Silvio Berlusconi, ma anche il giorno che ha segnato nel nostro Paese un significativo spostamento di forze nell'universo dei media: Internet contro Tv, per una volta almeno, 2-0. Perché anche per questo, e giustamente, si esulta in rete oggi. «Dopo l'era della TV, che è appartenuta a te, benvenuto nell'era dei social network, che invece appartiene a noi!», confida fiducioso @NicolaLicata. Forse non è proprio così (fino a prova contraria i miliardi con Facebook li fa Mark Zuckerberg e non noi) ma è il significato politico che conta in questo caso. Nel giro di quindici giorni il Web - ammesso che si possa generalizzare - ha infatti messo a segno un uno due clamoroso segnando, forse, un punto di non ritorno. E a sentire le conseguenze di questo blitz ora è sia Silvio Berlusconi sia il mezzo con cui ha segnato gli ultimi venti anni di vita politica e gli ultimi trenta della vita sociale del nostro Paese.

Il primo colpo, com'è noto, è arrivato a destinazione due settimane fa. Le armate di Letizia Moratti sono state seppellite da una marea di risate virtuali veicolate da parodie di video su YouTube o da semplici «hashtag» - le parole chiave precedute dal simbolo «#», il cancelletto con cui gli utenti etichettano i messaggi su Twitter. A colpi di #Sucate (riferimento a un immaginario quartiere milanese nel quale l'ex sindaco era decisa a bloccare la costruzione di una moschea) o di #MorattiQuotes, migliaia di finte dichiarazioni che attribuivano a Giuliano Pisapia ogni malefatta, gli utenti della rete hanno infilato fiori digitali nei cannoni mediatici del centro-destra rendendoli innocui o deviandone i colpi. 
Il secondo diretto è stato sferrato ieri e preparato in due settimane di campagna referendaria. Fiutata la possibilità di uno storico bis, una parte degli italiani che abita la rete ha deciso di concludere beffardamente l'opera con medesimo spirito e differente arte. Se in occasione delle amministrative i frequentatori del Web, come maestri di judo, avevano rivoltato il peso mediatico degli avversari contro di loro, qui, come lottatori di Sumo, hanno usato i propri corpi e le proprie menti digitali per occupare uno spazio improvvisamente libero. Il silenzio televisivo sui referendum, concepito con l'intenzione di generare apatia, ha aperto un vuoto che blogger, utenti di Facebook e Twitter ma anche meri possessori di account e-mail hanno prontamente riempito, di nuovo, con gruppi che invitavano al voto, video-clip dissacranti, aforismi da 140 caratteri, appelli al voto. Il tutto in modo orizzontale.


Ottusamente attaccati a una visione novecentesca dell'universo mediatico, in cui è la televisione (e i giornali) a determinare l'agenda, governo e partiti di maggioranza avevano ordinato ai loro responsabili della propaganda la strada dell'omissione. Agli argomenti e alla discussione politica i signori della destra e il loro dominus hanno preferito la ritirata strategica senza considerare che anche da noi è probabilmente arrivato il momento della maturità «politica» della rete. La piazza virtuale è sufficientemente ampia e le regole di costruzione del dissenso online abbastanza codificate per orientare e determinare le opinioni e, infine, il voto di larghe fette di cittadini. Tanto più e tanto meglio se i principali mezzi di comunicazione abdicano al proprio ruolo. Perché oggi al silenzio della Tv non corrisponde più un silenzio che paralizza l'azione. Lo insegnano le rivolte arabe qui di fronte e il loro uso creativo della rete. Lo dimostra, dal 13 giugno, anche il Web italiano. www.effecinque.org

Nessun commento:

Posta un commento