La democrazia italiana ha un sistema di regole che in questo momento appare quanto mai irriso e confuso. C’è un livello politico di accordi fuori sistema che tuttavia valgono più degli accordi formali. E così riformare la Costituzione è diventato più semplice che far votare una legge.
A quale maggioranza risponde l’attuale governo? Nel parlamento italiano, il PD ha i non molti voti strappati nella sua tornata elettorale più infelice in ambito nazionale; il fatto che le successive europee dell’ultimo 25 maggio gli abbiano dato un tutt’altro peso delle elezioni nazionali – peso non registrabile dalle Camere – costituisce in sé un problema che potrebbe essere risolto soltanto da un nuovo scrutinio nazionale. Senonché Renzi si muove sfruttando l’immagine del “partito del 40%”, non tenendo conto né della maggioranza formale italiana tuttora valevole, né di quella delineata dalle elezioni continentali, per quanto riguarda la Lega e Forza Italia. Se, come il nostro baldo premier assicurava, l’Italicum fosse passato in quattro e quattr’otto, per assicurarsi una maggioranza parlamentare egli non avrebbe bisogno di nessuno.
Insomma, il governo italiano si regge e si comporta in un quadro di passaggio, né formale, né sostanziale. In realtà, il premier continua a cercare un accordo con Forza Italia e Lega come prima delle europee e sempre in termini informali, derivanti dall’obbligo, tutto politico e non istituzionale, di attenersi alle “larghe intese”.
Quando Anna Finocchiaro, plenipotenziaria per il PD, assieme a Calderoli, plenipotenziario per la Lega, ha riscritto i lineamenti del Senato – ridotto di numero e non più eletto – gli ha lasciato il privilegio dell’immunità parlamentare, scatenando proteste da tutte le parti. Nei giorni scorsi, la senatrice del PD ha protestato altamente per essere stata abbandonata su questo punto dal governo. “Ma che cosa vogliono da me?”, si intende: Renzi e le sue chiomate ministre. Domanda da non farsi, perché è ovvio che i colloqui informali del premier con Lega e Forza Italia sono vincolanti, ma non lo si può dire, basta lasciarlo scrivere dalla stampa. Quindi Renzi le ha fatto sapere con qualche ruvidezza che considera l’immunità parlamentare per i senatori un problema del tutto secondario – dichiarazione alquanto bizzarra in un momento in cui chiunque ne abbia la possibilità sta gettandosi a capofitto all’assalto dei beni pubblici.
C’è da chiedersi che idea ha l’Italia, governo e stampa compresi, della democrazia rappresentativa. Se ne può pensare anche malissimo, ma è innegabile che essa ha un sistema rigido di regole che attualmente viene violato e ignorato nel nostro paese. Ci sono una serie di accordi politici fuori sistema che tuttavia valgono più degli accordi formali: nessuno si sogna di ricondurre il PD del 40% alla percentuale molto più bassa che gli avevano assegnato le ultime legislative; nel medesimo tempo se ne tiene conto, sempre informalmente, come se questo risultato fosse stato ratificato da un voto nazionale. Se, come potrebbero pensare i maligni, si teme che un’elezione nazionale smentisca o almeno diminuisca il risultato europeo, continuerà il governo a procedere a vista fino alla scadenza del mandato? In verità, è il carattere del Presidente del Consiglio, tutto volitivo e autocentrato, a tenere il posto di una vera e propria legislazione, e sembra che la cosa sia gradita all’Italia come all’estero, riconducendo a più miti consigli sul terreno degli obblighi finanziari perfino Angela Merkel.
È sorprendente che nessuno dei nostri giuristi metta in guardia stampa e governo sull’anomalia di questo modo di procedere: bisogna persuadersi che il fascino dell’ex sindaco fiorentino è irresistibile? E che, quando il peso elettorale del Cavaliere sta venendo meno, resteranno obbligatorie le “larghe intese”, constringendoci per esempio ad accordarci con Grillo?
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