Finalmente, dopo mesi di silenzi ed esitazioni da parte delle organizzazioni sindacali conflittuali, a fine giugno ha avuto inizio una importante, seppur tardiva, mobilitazione contro l'accordo vergogna sulla rappresentanza, accordo siglato da Confindustria (ora anche Confcooperative), Cgil, Cisl e Uil. E' un accordo che estende il "modello Marchionne" applicato nel gruppo Fiat a tutte le aziende private. Il Testo prevede che solo i sindacati che "accettino espressamente, formalmente e integralmente i contenuti del presente accordo" potranno partecipare alle elezioni rsu e nominare rsa, nonché tentare di partecipare alle trattative. Ma i sindacati che firmano perdono automaticamente il diritto di sciopero e di azione sindacale conflittuale! Come ben spiegato nel testo della campagna promossa da No Austerity contro la firma dell'accordo, "laddove un contratto/accordo (aziendale o nazionale) fosse sottoscritto dal 50% + 1 delle rsu/rsa o sindacati di categoria, né i sindacati firmatari né le rsu potranno più organizzare iniziative di sciopero, di lotta o di contrasto sindacale in generale contro quel contratto/accordo. I sindacati firmatari che organizzeranno azioni contro un contratto/accordo che non hanno approvato potranno subire sanzioni economiche (multe) e la soppressione di importanti diritti sindacali. Non solo: non sarà nemmeno più possibile organizzare proteste o scioperi durante le trattative!" (per leggere il testo completo della campagna si veda il sito di No Austerity www.coordinamentonoausterity.org).
Le titubanze del sindacalismo conflittuale e l'avvio della campagna
Nonostante si siano pronunciate contro questo accordo la maggioranza delle Confederazioni sindacali conflittuali e "di base" (Usb, Cub, Conf. Cobas, Si.Cobas, ecc), il vuoto di iniziative di lotta non è passato, nei mesi scorsi, inosservato. Al di là dei giochi di parole della direzione Fiom - che pur dichiarandosi contraria all'accordo non ha messo in atto nessuna azione di lotta e di reale contrasto, preparandosi a far digerire ai suoi attivisti la firma dell'accordo - altre titubanze hanno ostacolato lo sviluppo di una campagna di massa.
Usb e l'area della Cgil che fa riferimento a Cremaschi (l'area congressuale La Cgil è un'altra cosa - Opposizione Cgil) ha depositato in tribunale un ricorso contro l'accordo "per incostituzionalità". E' nota la vicenda di Cremaschi a cui, in un'assemblea della Cgil alla Camera di lavoro di Milano, è stato impedito di parlare, con tanto di aggressione fisica e strattoni da parte del servizio d'ordine della Camusso. Ma sia la direzione di Usb che Cremaschi ad oggi non hanno lanciato nessuna mobilitazione contro l'accordo. Sperare che sia la magistratura borghese - laddove anche accettasse il ricorso per incostituzionalità - a risolvere i problemi della classe operaia è quantomeno illusorio, e rischia di trasformarsi in un autogol. Il ricorso in tribunale della Fiom per rientrare nel gruppo Fiat è un esempio istruttivo: anche se la Fiom ha vinto il ricorso e i delegati Fiom oggi vengono riconosciuti dall'azienda, di fatto il conflitto operaio negli stabilimenti del gruppo è ridotto ai minimi termini e gli stessi delegati Fiom non hanno spazi di agibilità reale.
Il caso più grave è quello della Confederazione Cobas: il settore privato (Cobas del Lavoro Privato) ha avallato l'accordo (sebbene con una presunta clausola per garantirsi la possibilità di vertenze legali contro le aziende), arrivando persino a rivendicare la firma dello stesso in tribunale nel caso delle elezioni rsu nel gruppo Comdata. Per ora la direzione nazionale della Confederazione Cobas sembra orientata a siglare l'accordo: anche se la partita è tutta da giocare: molto dipenderà dalle posizioni che assumeranno le realtà di base della confederazione.
La Cub - uno dei sindacati di base che risentirà di più degli effetti nefasti di questo accordo, per la presenza prioritaria nel privato - dopo una situazione di stallo per lunghi mesi (con prese di posizione ambigue e con un pericoloso affidamento della "battaglia" ai parlamentari del reazionario M5S) ha finalmente preso posizione pubblica contro la firma dell'accordo. Pensiamo che si tratti di un risultato importante, raggiunto anche grazie all'adesione di molte realtà di base della Cub alla campagna promossa dal coordinamento No Austerity. Questa campagna, con l'appello a promuovere iniziative di lotta nei territori, ha infatti contribuito a fare in modo che la Cub sciogliesse la riserva e promuovesse una giornata di mobilitazione il 26 giugno.
Usb e l'area della Cgil che fa riferimento a Cremaschi (l'area congressuale La Cgil è un'altra cosa - Opposizione Cgil) ha depositato in tribunale un ricorso contro l'accordo "per incostituzionalità". E' nota la vicenda di Cremaschi a cui, in un'assemblea della Cgil alla Camera di lavoro di Milano, è stato impedito di parlare, con tanto di aggressione fisica e strattoni da parte del servizio d'ordine della Camusso. Ma sia la direzione di Usb che Cremaschi ad oggi non hanno lanciato nessuna mobilitazione contro l'accordo. Sperare che sia la magistratura borghese - laddove anche accettasse il ricorso per incostituzionalità - a risolvere i problemi della classe operaia è quantomeno illusorio, e rischia di trasformarsi in un autogol. Il ricorso in tribunale della Fiom per rientrare nel gruppo Fiat è un esempio istruttivo: anche se la Fiom ha vinto il ricorso e i delegati Fiom oggi vengono riconosciuti dall'azienda, di fatto il conflitto operaio negli stabilimenti del gruppo è ridotto ai minimi termini e gli stessi delegati Fiom non hanno spazi di agibilità reale.
Il caso più grave è quello della Confederazione Cobas: il settore privato (Cobas del Lavoro Privato) ha avallato l'accordo (sebbene con una presunta clausola per garantirsi la possibilità di vertenze legali contro le aziende), arrivando persino a rivendicare la firma dello stesso in tribunale nel caso delle elezioni rsu nel gruppo Comdata. Per ora la direzione nazionale della Confederazione Cobas sembra orientata a siglare l'accordo: anche se la partita è tutta da giocare: molto dipenderà dalle posizioni che assumeranno le realtà di base della confederazione.
La Cub - uno dei sindacati di base che risentirà di più degli effetti nefasti di questo accordo, per la presenza prioritaria nel privato - dopo una situazione di stallo per lunghi mesi (con prese di posizione ambigue e con un pericoloso affidamento della "battaglia" ai parlamentari del reazionario M5S) ha finalmente preso posizione pubblica contro la firma dell'accordo. Pensiamo che si tratti di un risultato importante, raggiunto anche grazie all'adesione di molte realtà di base della Cub alla campagna promossa dal coordinamento No Austerity. Questa campagna, con l'appello a promuovere iniziative di lotta nei territori, ha infatti contribuito a fare in modo che la Cub sciogliesse la riserva e promuovesse una giornata di mobilitazione il 26 giugno.
Analoghe iniziative sono state organizzate il 23 e il 25 giugno. Particolarmente importante, per la riuscita di queste iniziative, l'impegno del coordinamento No Austerity (ma anche di molte realtà di base della Cub, come ad esempio la Cub Toscana) per favorire la massima unità tra le diverse sigle sindacali. A Modena, al presidio davanti a Confindustria, il 23 giugno è stata organizzata un'iniziativa unitaria con attivisti della Cub, della Fiom (i delegati Fiom Ferrari ed esponenti della sinistra Cgil), dell'Usi-Ait, oltre che di operai del gruppo Fiat (Fiat Cnh). A Bari, sempre il 23 giugno, è stata organizzata un'assemblea unitaria con rappresentanti della sinistra Cgil, della Cub, dei Cobas. A Firenze, il 25 giugno, la Cub e i Cobas (insieme con varie realtà di lotta cittadine, come Clashcityworkers) hanno organizzato un presidio unitario davanti alla stazione. A Vicenza il 26 giugno, grazie all'appello unitario del coordinamento No Austerity, al presidio davanti alla sede Cgil erano presenti anche numerosi attivisti di Usb. A Cremona davanti alla sede dell'Unione industriali hanno manifestato, uniti, dirigenti locali della Cub, della Fiom, della Cgil e di Usb (tutte le iniziative sono documentate sul sito di No Austerity).
La lotta è solo all'inizio!
Le giornate del 23, 25 e 26 giugno sono un primo passo importante. Ma non basta. Occorre rilanciare a settembre, per promuovere una mobilitazione ampia e unitaria che possa veramente respingere questo accordo liberticida. Premessa di tutto, è incentivare nei territori una campagna di controinformazione, coinvolgendo quante più realtà possibili, al fine di chiarire, prima di tutto, che solo i sindacati che non firmano questo accordo potranno continuare ad essere dei sindacati conflittuali. Chi firma, chi cioè, con questa o quella clausola, entra nei meccanismi dell'accordo, è destinato ad abdicare al ruolo di sindacato di lotta. Particolare importanza riveste, quindi, la campagna di No Austerity contro la firma dell'accordo (qui l'appello con le firme aggiornate:
Una campagna che anche come compagne e compagni del Pdac abbiamo sostenuto e continueremo a sostenere attivamente. Facciamo appello a tutte le organizzazioni politiche della sinistra di classe ad aderire alla campagna, contribuendo a rafforzarla ed estenderla.
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