Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 30 gennaio 2015

Syriza incanala una grande opposizione popolare agli attacchi della troika europea

dichiarazione del Segretariato Internazionale
della Lit-Quarta Internazionale
 
(Tsipras con Kammenos, il leader del partito di destra e anti-immigrati
che sostiene il governo di Syriza)
 
 
Superando la forbice elettorale che i sondaggi annunciavano da mesi, il partito Syriza è uscito ampiamente vittorioso dalle elezioni greche.
Il partito Nuova democrazia (Nd), dell’ex-premier Andonis Samaras, – principale esecutore dei durissimi attacchi economici alle masse popolari che esige la troika (Ue, Banca centrale europea, Fmi) in cambio dei due “salvataggi” da 240.000 milioni di euro – è stato il grande sconfitto.
Un nuovo scenario con nuovi attori politici si è aperto. Le urne hanno assestato un duro colpo ai principali partiti tradizionali: Nd e il socialdemocratico Pasok, che dopo essere stato protagonista della politica greca per quattro decenni, si è trovato ridotto al 4,6% dei voti (13 seggi).
Il risultato elettorale esprime una vittoria delle masse lavoratrici greche. Il voto di milioni di greci a Syriza è stato, fondamentalmente, un modo per punire i partiti e i leader che, al servizio della troika e del capitale finanziario tedesco, hanno distrutto il Paese negli ultimi sei anni. Il voto a Syriza significa un rifiuto legittimo di una situazione economica disastrosa, segnata dalla perdita del 25% del Pil in cinque anni; la disoccupazione di un quarto della popolazione e più della metà della gioventù; un terzo della popolazione sotto la soglia di povertà; un debito estero colossale, che rappresenta il 177% del Pil,[1] che è chiaramente impagabile per la maggior parte e che non smette di crescere nonostante i “risanamenti” ogni volta più duri che i governi servili hanno imposto al popolo greco.[2]
La scelta per Syriza nelle urne deve essere interpretata come un “Basta!” ai cosiddetti “piani di austerità” e ai loro partiti che, come si sa, la classe operaia e le masse popolari greche hanno affrontato fin dalle prime misure, animando più di 30 scioperi generali e altre innumerevoli lotte dall’inizio della crisi capitalista e la conseguente “guerra sociale” che la troika alimenta contro le masse europee.
È per questo che la campagna di Samaras, basata sulla paura, quasi sul terrore, che ha insistito sul fatto che se non l’avessero votato sarebbe arrivato il caos, è risultata un disastro. Dopo sei anni di austerità, disoccupazione, fame, distruzione dei servizi pubblici, forte tassazione,[3] 45% di aumento dei suicidi e umiliazioni di ogni tipo, la maggioranza delle masse popolari ha capito che il “caos” era arrivato da tempo e che la maggior “paura” era che tutto continuasse come fino ad ora.
È stato in questo contesto che ha fatto presa il discorso di Tsipras, il quale ha affermato che “l’austerità non è stata consacrata in nessun trattato europeo” e ha promesso di “recuperare la dignità nazionale” dei greci. Syriza è apparsa come il “nuovo” e è diventata depositaria della speranza di un popolo che sente che non ha molto altro da perdere.
La crescita elettorale fulminea di Syriza, che tra il 2009 e il 2015 è passata dal 5% al 36% dei voti, si spiega, da un lato, per la durezza della crisi economiche e per le misura draconiane dei vari governi; dall’altro lato, per l’assenza di una alternativa politica rivoluzionaria con un’ampia simpatia nella classe operaia. Allo stesso tempo, il risultato greco esprime un nuovo momento per i partiti cosiddetti “anticapitalisti” e “a sinistra” della socialdemocrazia tradizionale e dei partiti conservatori, come è il caso di Podemos in Spagna, che potrebbe capitalizzare elettoralmente una situazione economica e un malcontento sociale simile nel suo Paese.

Cosa sarà il governo di Syriza?
Comprendiamo la felicità che in questo momento sente la maggioranza delle masse popolari greche. Questo sentimento è giusto e non è altro che l’emozione di immaginarsi vittoriosi contro la Merkel e i creditori della troika, dato che hanno sconfitto il loro candidato.
Tuttavia capire le illusioni nel nuovo governo non vuol dire appoggiare queste stesse illusioni. Come abbiamo scritto in una dichiarazione precedente, durante la campagna elettorale, la Lit-Quarta Internazionale crede che un vero cambiamento esigerebbe che Syriza abbandoni la sua politica di accordi con il capitale finanziario e applichi un programma di rottura con l’euro e la troika, che per noi è l’unica soluzione reale che ha il popolo greco per superare la rovina in cui è bloccato.
Tsipras ha dedicato invece una buona parte della sua campagna elettorale a tranquillizzare i mercati e a presentarsi come “affidabile” di fronte all’Europa del capitale. Ha ripetuto che il suo obiettivo, al massimo, è “rinegoziare” le scadenze e gli interessi del debito che strangola l’economia del Paese. Il vincitore delle elezioni propone di eliminare una parte del debito nominale e, il restante, “onorarlo” in base alla crescita del Paese. Cioè la proposta di Syriza è che le masse popolari greche continuino a pagare il debito alle banche tedesche e alla troika.
Seguendo questo copione, i primi passi di Syriza vanno in senso opposto alle aspirazioni delle masse. Non era ancora stato annunciato il risultato delle elezioni, che già si sapeva dell’accordo di governo tra Syriza e il partito Greci indipendenti (Anel, che ha ottenuto un 4,7% e 13 deputati), una formazione borghese contraria “all’austerità”, ma con un programma nazionalista di destra e una retorica anti-immigrati.[4] L’alleanza con Anel, un partito diretto da un caudillo come Kammenos, che viene da Nuova democrazia, molto legato alla Chiesa ortodossa, con un programma conservatore reazionario, preannuncia un cammino opposto alle aspettative di un vero cambiamento sociale.
Dai social network sono già diverse le proteste che arrivano, per esempio, da attivisti per la legalizzazione dei matrimoni omosessuali o del movimento Lgbt, che temono che Syriza sacrificherà le loro rivendicazioni nell’interesse del mantenimento del patto con la destra.
Un altro fatto è che, poche ore dopo la vittoria elettorale, un alto esponente di Syriza come Yanis Varufakis, possibile nuovo ministro delle finanze, ha detto che c’è stata “un po’ di posa da parte nostra” e che il “‘Grexit’ (cioè l’uscita della Grecia dall’euro) non sarà sul tavolo, non andremo a Bruxelles o a Francoforte con un approccio conflittuale”.[5] Ha affermato che quello che cercheranno di fare è “legare i nostri pagamenti con la crescita”, qualcosa che considera “positivo” per entrambe le parti.
Resta da vedere che posizione assumerà la troika di fronte alla vittoria di Syriza. Il secondo programma di risanamento finisce il 28 febbraio, termine per il nuovo governo per sollecitare l’ultima tranche di questi “aiuti”, che corrisponde ad altri 1.800 milioni di euro. Cosa farà Syriza? Che margine c’è per la tanto decantata “ristrutturazione”? La realtà risponderà a queste domande. Per ora la direttrice del Fmi, Christine Lagarde, ha detto in una intervista pubblicata questo lunedì su Le Monde che “ci sono regole interne da rispettare nella zona euro” e che “non possiamo creare categorie speciali per determinati Paesi”.[6] Anche il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha avvertito che il Paese ellenico “non può prescindere dall’appoggio di un programma di aiuti, e un programma di questo tipo può esserci solamente quando si soddisfano gli accordi”.
Tuttavia esistono anche settori che sostengono la necessità di “ristrutturare” i termini, nella prospettiva di non forzare la situazione politica e di garantire la continuità del saccheggio senza convulsioni inutili. Ci sono, a dimostrazione di questo, le dichiarazioni del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che solo un mese fa assicurava che a Bruxelles “non piacciono le facce nuove”, ma questo lunedì si è congratulato calorosamente con Tsipras per il suo “successo” elettorale e gli ha offerto l’assistenza dell’esecutivo europeo per ottenere una “crescita sostenibile” e una “credibilità fiscale”. Lo stesso presidente francese François Hollande questo lunedì è stato il primo dirigente europeo a congratularsi con Tsipras, al quale ha offerto il suo appoggio per “riprendere il percorso della stabilità, la crescita e lo spirito di solidarietà che unisce gli europei”.
Indipendentemente dai possibili alti e bassi di questi negoziati di gabinetto, l’importante qui è sottolineare che la prospettiva di rimanere nelle forme dell’Ue e il pagamento “rinegoziato” con la troika non hanno niente a che vedere con le speranze di cambiamento che la maggioranza delle masse ha riposto in Syriza. Al contrario, questo potrà solamente portare disillusione in ampi settori che oggi vedono Syriza come un’alternativa per migliorare le loro vite.

Riponiamo la nostra fiducia solamente nella lotta dei lavoratori
L’avvento di Tsipras e di Syriza al governo pone tanto la sinistra rivoluzionaria greca quanto la sinistra mondiale, di fronte al bivio tra appoggiare politicamente questo governo e alimentare le speranza riposte in questo, o continuare lottando per mantenere l’indipendenza politica e la mobilitazione permanente della classe lavoratrice come unica garanzia di un cambiamento sociale.
La prima opzione impone di garantire la pace sociale al nuovo governo. La seconda impone di non abbassare la guardia, di riporre le uniche speranza di cambiamento nella lotta operaia e delle masse popolari ed esigere dal nuovo governo un piano di salvataggio dei lavoratori e delle masse, che restituisca loro occupazione, salari dignitosi, istruzione e sanità pubblica e di qualità, pensioni con le quali poter vivere e assicurare il diritto alla casa. La difesa della sovranità nazionale implica la richiesta al nuovo governo di recuperare le risorse economiche e finanziarie, il recupero-nazionalizzazione di tutte le imprese privatizzate, l’espropriazione senza indennizzo di industrie e fabbriche sotto controllo operaio, nazionalizzando le banche, misura imprescindibile per applicare un piano di emergenza sociale.
Si tratta, essenzialmente, di esigere quello per cui i lavoratori e le masse greche si sono mobilitate in questi anni e che hanno portato a 30 scioperi generali; si tratta si esigere quello per cui li hanno votati: un vero cambiamento sociale.
Finita la campagna elettorale, il governo di Tsipras dovrà optare tra applicare un piano di salvataggio dei lavoratori e delle masse o pagare il debito di banchieri e speculatori. O con i lavoratori e le masse popolari, o con la troika. Questo è un dilemma al quale non si può scappare né con frasi ingegnose, né con “frasi vuote”.
La campagna elettorale, le continue svolte “pragmatiche” della direzione di Syriza, i primi passi fatti formando un governo con la destra, suggeriscono che il governo di Tsipras non sarà un governo che risponderà agli interessi della classe operaia e delle masse sfruttate della Grecia.
Per questo la Lit-Quarta Internazionale, pur comprendendo le illusioni dei lavoratori e delle masse popolari greche, pur condividendo la gioia delle masse per essersi liberati dei ladri e dei satrapi di sempre, non ripone la minima fiducia politica nel nuovo governo. La nostra fiducia e le nostre speranze continueranno a risiedere nelle lotte dei lavoratori e delle masse greche per le stesse esigenze che si sono mantenute in questi anni.
Disattendere le speranze di cambiamento manifestatasi in queste elezioni, nel quadro della continuazione di una crisi economica e sociale brutale come quella che vive la Grecia, come hanno dimostrati altri esempi storici, è spianare la strada a partiti direttamente fascisti che difendono un programma di rottura con l’euro e la troika, anche se lo fanno da una prospettiva xenofoba, ultranazionalista e di estrema destra, come Alba dorata, che è stato il terzo partito più votato in queste elezioni, con il 6,2% dei voti, che gli è valso 17 seggi.
Il grande compito è lavorare per l’organizzazione e l’indipendenza politica della classe operaia, confidando unicamente nelle proprie forze, nella enorme capacità di mobilitazione che le masse greche hanno dimostrato in questi anni. In questo quadro si deve costruire un’organizzazione rivoluzionaria nel Paese.
Poiché la catastrofe sociale non dà un solo giorno di tregua, la classe operaia e la sinistra rivoluzionaria greca non devono dare né cento, né un solo giorno di tregua al nuovo governo, ma esigere da questo ciò per cui lo hanno votato: chiedere un cambiamento sociale, chiedere che si applichi in Grecia l’unico piano di salvataggio che sta mancando, quello dei lavoratori e delle masse popolari.
 
Note[1] Il debito greco sale a 320.000 milioni di euro, dei quali 240.000 milioni sono di creditori europei.
[2] Secondo l’ultimo Eurobarometro della Commissione europea, il 38% pensa che la situazione economica ha già raggiunto il limite e non può peggiorare.
[3] Nel 2013, le imposte rappresentavano quasi il 42% di quello che guadagnava una persona con uno stipendio medio.
[4] 
 http://observador.pt/2015/01/26/gregos-independentes-quem-e-o-novo-parceiro-syriza/
[5]  http://noticias.uol.com.br/ultimas-noticias/efe/2015/01/26/syriza-diz-que-partido-nao-buscara-o-confronto-e-descarta-saida-do-euro.htm
[6] http://www.europapress.es/internacional/noticia-syriza-ganado-eleccionesy-ahora-20150126143632.html
 
(traduzione dallo spagnolo di Matteo Bavassano)

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