Torniamo al consiglio comunale del 23 luglio scorso. Al di
là dell’ennesimo enorme regalo recapitato dal sindaco antisociale agli Unni
costruttori, al netto delle buffonate profuse a colpi di cartelli dalle
truppe cammellate guidate dal podestà frusinate, si è anche discettato di cose
serie. Di urbanistica ad esempio.
Il sindaco Nicola Ottaviani esordisce,
ricordando gli esiti di un seminario sull’urbanistica organizzato
dall’amministrazione nello scorso gennaio. Al convegno aperto presero parte
fior di cattedratici, urbanisti ed alcuni
professionisti locali che ora si agitano contro le delibere comunali. Gente che
, secondo il buon Nicola, da sempre ha campato a spese del comune senza fornire alla
collettività il benché minimo contributo legato alla loro attività
professionale. Cioè dell’illuminazioni degli esimi professori avrebbero
usufruito anche professionisti la
cui principale attività sarebbe quella,
sempre secondo il sindaco, di scaldare le sedie istituzionali a spese dei
contribuenti. Una grave accusa mossa verso persone i cui nomi il pavido
Ottaviani si guarda bene dal citare.
Qui s’impone un inciso. Nei pochi giorni
in cui le delibere urbanistiche per ben due volte sono passate al vaglio del
Consiglio comunale, l’acrimonioso sindaco ha insultato nell’ordine: I propri
consiglieri - accusati di pusillanimità - i movimenti e le associazioni -
apostrofati come fascisti e stalinisti ( tanto per non far torto a nessuno) - esponenti della precedente amministrazione - accusati
di avere fatto affari con la vendita di
noccioline e pop corn nell’ambito delle passate rassegne cinematografiche
estive - i soprannominati professionisti, alcuni membri del panorama culturale
di Frosinone che avevano osato pronunciarsi per la salvaguardia delle terme
romane -bollati come intellettuali da strapazzo - ancora una volta i movimenti
- compatiti, bontà sua, come congrega di attivisti volenterosi, ma ignoranti. Uno così, in guerra
perenne con il mondo intero, secondo il mio
personalissimo parere, qualche problema a socializzare con gli altri ce l’ha.
Ma torniamo al seminario. Gli illustri cattedratici
decretarono l’incompatibilità fra i tempi della pianificazione urbanistica, e i
moderni processi economici. Cioè la titolarità sui processi edificatori di un
territorio non, è né delle istituzioni, né dei cittadini che lo abitano, ma è
subordinato alla domanda. Ossia ove
esiste la domanda per l’edificazione di
un palazzo, deve obbligatoriamente rispondere
l’offerta dell’area da edificare.
Anche i tempi per soddisfare l’
esigenza del costruttore, non possono dilatarsi nell’attesa dell’espletamento delle
pratiche tese ad accertare la
compatibilità ambientale , idrogeologica o sismica del progetto. Sono tutti
orpelli superati non compatibili con la velocità del processo economico. In
pratica in quell’assise si decretò la
morte della pianificazione urbanistica.
A questo assunto Ottaviani lega il senso
dell’art.28 bis sull’edilizia, presente nel decreto sblocca Italia approvato
dal governo Renzi. Un provvedimento che il sindaco di Frosinone descrive come
ultraliberista. Talmente ultraliberista che se presentato, dallo schieramento opposto a quello renziano,
vi sarebbe stata la sollevazione da
parte dell’attuale partito guidato dall’ex sindaco di Firenze. Su questa
indubitabile verità invito a riflettere gli amici del Pd, locale che pure hanno
opposto una dura quanto numericamente inutile resistenza alle decisioni del
Consiglio.
Per quanto abbiamo capito noi, poveri ignoranti, l’articolo 28 bis
prevede che, qualora esistessero urgenti
ed improrogabili necessità di costruire, il privato incaricato dell’edificazione,
potrà procedere senza troppi impedimenti
burocratici. Il Comune rilascerà il
permesso all’edificazione, ma in cambio
il costruttore dovrà assicurare alla
collettività opere di valenza pubblica.
E’
questo lo spirito della norma? Secondo il sindaco no, sarebbe troppo
penalizzante per gli interessi degli speculatori. Dall’alto della sua
competenza urbanistica?!? Ottaviani ci spiega come il dispositivo si applica alle delibere
urbanistiche in discussione. Il segreto sta nello scindere la concessione
del titolo edilizio, di esclusiva
competenza dell’ufficio tecnico comunale, dal giudizio sulla valenza pubblica
delle opere che dovranno accompagnare il progetto edificatorio, di competenza
del consiglio comunale.
Come già illustrato dagli esimi urbanisti invitati al
seminario di cui sopra, il titolo edilizio è sovrano. Se il proponente correda
la pratica dei pareri positivi all’edificazione espressi degli organi competenti, genio civile, sovraintendenza, l’ufficio
tecnico è obbligato a rilasciare l’autorizzazione. La valutazione del consiglio comunale sulla valenza
pubblica delle opere che il costruttore
dovrà edificare in compensazione , è importante ma non decisiva .
Infatti, ragiona
il sindaco, si arrecherebbe un danno economico a quel privato
il quale, dopo aver speso centinaia di
migliaia di euro per istruire correttamente la pratica dal punto di vista
tecnico, subisse la bocciatura del
consiglio comunale in merito alla valenza pubblica delle edificazioni a
compensazioni. Molti soggetti, informa Ottaviani, avrebbero avuto interesse a costruire, ma avrebbero rinunciato per evitare il rischio della perdita dei
capitali investiti a seguito della bocciatura in consiglio comunale.
E la tutela
dei cittadini come entra in tutto
ciò? Niente paura ci pensa sempre
Nicola. La tipologia delle opere di valenza pubblica a compensazione, potranno
essere decise anche dopo la concessione del titolo edilizio che, lo ribadiamo,
è sovrano. Cioè il proponente potrà variare anche in corso d’opera il pacchetto
della dotazione di valenza pubblica. In
pratica è una delega in bianco al privato, il quale, oltre a disporre dell’area a lui più consona
alle realizzazione del proprio profitto,
potrà decidere cosa, e se, restituire alla
collettività anche dopo il pronunciamento positivo del consiglio comunale. L’ultima
parte del ragionamento non è stata illustrata dal sindaco Ottaviani, ma la si evince
abbastanza chiaramente.
A questo punto sorge spontanea una domanda. Visto che il privato può decidere
autonomamente sulle azioni di compensazione pubblica da fornire in cambio del
titolo edilizio, siamo sicuri del fatto
che colui il quale si
appresta a violare l’area di valenza archeologica vicino alla villa comunale, voglia rispettare
l’emendamento della delibera che lo impegna al finanziamento degli scavi necessari a far emergere la parte di
terme romane coperta dal parcheggio della Banca della Ciociaria? Se è sovrano
il titolo a costruire a prescindere dalla valenza pubblica delle opere proposte
a compensazione, è possibile imporre al costruttore dei palazzi vicino alle
terme il “disabbelamento” dei reperti archeologici? Non è che quell’emendamento rimarrà lettera
morta e sarà solo servito al sindaco e ai sui consiglieri a mettere in scena la buffonata dei cartelli ? Lo sapremo solo vivendo, controllando e
battagliando.
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