Mentre con 159 voti favorevoli il Ddl sulla scuola è passato al Senato, sotto la minaccia della fiducia, il 7 luglio esso approda alla camera, dove lo aspetterà una mobilitazione generale (Roma, P.Montecitorio, ore 16)
Alla Camera sarà per il voto definitivo, il cui esito è purtroppo scontato, vista la maggioranza schiacciante che il PD ha in quel ramo del Parlamento.A nulla sono valsi gli scioperi, l’interruzione degli scrutini, le diserzioni delle prove Invalsi e, per finire, un corteo e la manifestazione di un gruppo di docenti contestatari presso Palazzo Madama, - in cui la partecipazione dei sindacati è stata veramente esigua e lasciata per lo più in mano ai Cobas -, dove hanno trovato ad attenderli, invece, una cospicua presenza poliziesca a sottolineare, se mai ce n’era bisogno, la distanza che oramai separa la politica dalle esigenze dei cittadini.E’ passata e passerà sotto la minaccia della fiducia dunque, spaccando lo stesso Partito Democratico, di cui alcuni senatori hanno preferito abbandonare l’aula, piuttosto che sentirsi partecipi di una legge da loro ritenuta ingiusta o comunque inaccettabile.E’ passata e passerà sulla testa dei cittadini, termine oramai non più usabile, perché “cittadino” era inteso l’individuo libero di proporre e di scegliere, di esprimere opinione e protesta su determinate questioni riguardanti la collettività.Al cittadino si sostituirà ora un essere ricattabile da un Dirigente Scolastico, a cui vengono assegnate prerogative di selezione e di formazione, di cui soprattutto gli ultimi DS non dispongono, insieme a genitori e alunni, che certamente ben poco sanno o sono esperti di una disciplina, di cui a volte lo stesso docente fa fatica a seguire la complessità e gli andamenti critici ultimi.La scuola viene così ridotta a un meccanismo di semplificazione, a un congegno di formule, che la deruba della sua qualità primaria che era stata quella della costruzione di una coscienza critica e civile. Il docente rimane ricattabile perché sottoposto a una condizione di precarietà permanente, ad una instabilità lavorativa e, quindi, economica ed esistenziale, che non porterà a migliorare la società.La scuola-azienda con tale provvedimento ha compiuto un salto qualitativo avvicinandosi sempre più all’azienda, ma allontanandosi sempre più dalle specificità di una scuola.Chi ha votato e chi continuerà a votare si è reso e si renderà responsabile di questo futuro poco roseo per migliaia di docenti, e della disgregazione sociale che ne deriverà. Certo i colpevoli sono da ricercare anche dietro la politica, in quelle forze economiche che hanno spinto e richiesto, e a cui prontamente è stato dato, mentre così non è successo per gli insegnanti, che non sono stati affatto interpellati, a vanificare qualsiasi forma di democrazia, se ancora anche tale termine ha valore e può essere posto in uso.
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