Milton’s Playhuose,
che c’entra con la politica di Frosinone e con l’associazione Oltre l’Occidente? Per chi è addentro alle cose del jazz
l’analogia potrebbe risultare intuibile, per gli altri spieghiamo. Il
Milton’s Playhouse era un localino
ricavato dentro due stanze del Cecil
Hotel, sulla 118° Ovest ad Harlem, New York, non lontano da Morningside park.
All’inizio degli anni ’40 era meta di
jazzisti afroamericani, i quali,
frustrati per le discriminazioni subite, e stanchi di annullare la loro forza creativa e abilità
tecnico-strumentale per rispettare
la routine commerciale delle orchestre swing in cui militavano , si ritrovavano li per ascoltare dischi, suonare insieme e sfogare tutta la loro voglia di rivoluzione musicale. Straordinari
musicisti, come Dizzy Gillespie, Roy Eldridge, Lester Young, e in seguito
Charlie Parker, dopo essere stati
l’attrazione esotica ad uso e consumo della borghesia bianca, che ballava al tempo dei riff delle
orchestre di Benny Goodman, Tommy Dorsey, Earl Hines, e molte altre , trovavano al Minton’s una sorta di
condivisione creativa rigeneratrice.
Il Minton’s era aperto a qualsiasi musicista volesse improvvisare
insieme al piccolo nucleo di jazzisti
che li si esibivano tutte le
notti, Monk, Gillespie, Guy, e Kenny Clarke. Ma l’impresa non era per tutti. Erano graditi, solo strumentisti in grado di
misurarsi con le idee rivoluzionarie che Gillespie, Parker e compagni,
proponevano ogni sera. Addirittura il
gruppetto si riuniva nel pomeriggio per inventare variazioni armoniche estremamente
difficili su cui solo musicisti
abilissimi avrebbero potuto improvvisare. Ciò serviva per - come raccontò
Gillespie -” scoraggiare i tipi senza talento, chiunque cioè non fosse più che
dotato, o meglio ancora geniale e
pronto a portare un suo personale
contributo”. Anche l’atteggiamento verso
il pubblico era particolare, quasi indolente. I ragazzi del Minton’s , gli
inventori del Bebop, non erano
ossessionati dalla ricerca dell’applauso a tutti i costi, così come avveniva
nelle orchestre swing. Il fatto che la
loro musica divertisse chi li andava ad
ascoltare era aspetto secondario, anzi deleterio. Erano
invece graditi ascoltatori disposti a fare lo sforzo intellettuale
necessario a capire davvero, ad accettare per convinto ragionamento una musica
ostica, dura, a volte apparentemente ed epidermicamente fastidiosa.
Sotto questo aspetto l’analogia con i ragazzi di “Oltre l’Occidente” non
è completamente aderente. La volontà di
chi si riunisce nei locali di Via Aonio Paleario, non è quella, di escludere chi non propone idee rivoluzionarie
, né di rendersi invisi, ad eventuali
ascoltatori. Resta il fatto però che il risultato è escludente, così come al Minton’s. Sono accusati,
gli habituè di Oltre l’Occidente, di non
saper aggregare la militanza, di essere intransigenti, di non essere in
grado di condurre una lotta insieme ad
altre forze e movimenti. Intransigenti?
Forse ma la battaglie per la sanità
pubblica, per l’occupazione, per i servizi pubblici di qualità, per
l’ambiente, devono essere globalmente inserite
entro un disegno globale tutto politico, inerente la lotta contro i poteri finanziari e
contro gli amministratori che tali
poteri contribuiscono a mettere sulle poltrone di comando.
Chi , nell’organizzare una lotta, qualsiasi essa sia, per la sanità,
piuttosto che per l’ambiente, non coglie la globalità che accomuna questi
problemi, ma anzi paragona tale analisi a chiacchiere vane, utili solo a
perdere tempo, forse è come quel musicista non in grado di improvvisare, su
giri armonici nuovi . Non perché non li
capisca, più probabilmente perché
l’obbiettivo non è quello di realizzare una jam session di alto livello, ma di usare la capacità dei
musicisti che lo accompagnano per realizzare un proprio successo personale, per ottenere, sotto-sotto,
l’applauso del pubblico compiacente. Probabilmente qui si esprime l’intransigenza dei ragazzi di Oltre
l’Occidente, i quali non escludono nessuno, ma creano la distonia con tali musicisti meno dotati.
Alla fine della storia il Bebop, lo stile rivoluzionario uscito dalle sale del Minton’s fu
commercialmente fallimentare. Il pubblico rifiutava quella musica così strana,
tanto che molti di quei jazzisti, o dovettero cambiare genere, edulcorare il
loro modo di suonare per campare, o come Charlie Parker, divenuto poi un mito assoluto, morirono prematuramente. Ma il
Bebop, e questo è inconfutabile, determinò gli stilemi che il jazz avrebbe
seguito nel corso di tutta la sua
evoluzione e lo stile dei musicisti che lo animarono, influenzerà tutti i
jazzisti che vennero dopo.
P.S. L'analogia fra Minton's e Oltre l'Occidente è una suggestione del tutto mia personale. Probabilmente non sarà condivisa da chi frequenta la sede di Via Aonio Paleario. Essa è oltremodo "molto liberamente" ispirata alle dinamiche politiche che movimenti e associazioni svolgono nella nostra città.
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