Lo Stato siamo noi
cantava De Gregori. In questo mondo dove tutto è diventato liquido
anche quello Stato, che siamo noi, sarà diventato liquido? E conterà ancora
qualcosa? Tranquilli lo Stato, modernizzandosi, si è sicuramente un po’
liquefatto, ma per certe cose è rimasto ben saldo nelle sue funzioni. La vicenda dell’acquisizione da parte di
Banca Intesa Sanpaolo, di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza sta li a dimostrarlo.
Si tratta di una transizione fra istituti di credito privati che c’entra lo
Stato? Potrà obbiettare qualcuno. C’entra, c’entra. Se avrete la pazienza di
seguire la storia che sto per raccontarvi lo capirete.
C’era una volta, vent’anni
fa, una terra ricca e laboriosa, la locomotiva d’Italia e d’Europa la
chiamavano. Era il glorioso nord est. Qui fra il 1996 e il 1997 due banchieri
illuminati fondarono altrettanti istituti di credito pronti a finanziare e a
supportare le imprese che in quel Veneto stavano creando ricchezze a
profusione. Vincenzo Consoli divenne il dominus di Banca Veneto e Luigi Zonin
prese a dirigere La Banca Popolare di
Vicenza.
Dopo vent’anni, fra venti di crisi, magheggi e incroci pericolosi con
politica ed imprenditoria predatoria, i due istituti si trovano oggi in
fallimento. Eppure le due banche possono contare su centinaia di sportelli, migliaia di
dipendenti, centinaia di migliaia di correntisti. Il problema fondamentale
riguarda i crediti incagliati e inesigibili. Trattasi di prestiti concessi a
soggetti che non li hanno restituiti o
non sono in grado di restituirli. Si dirà ma un buon banchiere prima di accordare
un prestito deve esigere delle garanzie. Giusto. Infatti i mutui concessi,
a lavoratori, a piccole imprese, sono stati esaminati con il lanternino selezionando rigorosamente i destinatari . Questi, evidentemente
degli straccioni, tirano la cinghia, ma s’impegnano
con sacrificio a corrispondere la rata altrimenti la banca, gli frega la casa.
Ci sono, però, persone perbene, signori veri, per
cui chiedere i soldi indietro è una vera
e propria mancanza di rispetto. Come poteva Vincenzo Consoli di Veneto Banca pretendere il pagamento delle rate dall’Alitalia dei capitani coraggioso, dal
Gruppo Boscolo, dall’Acqua Marcia di Francesco Gaetano Caltagirone, dalla Lotto
Sport, dal leghista Giancarlo Galan, dal deputato Denis Verdini e ad altre persone
per bene come loro? Che impudenza.
Ugualmente avrebbe potuto mai osare Luigi Zonin, manager della Banca Popolare di
Vicenza, esigere i debiti da Nicola Tognana, da altri grandi imprenditori come
Giovanni Fantoni, e perfino da Alfio Marchini, candidato sindaco di Roma le cui
società hanno ricevuti 130milioni di euro di cui 75 iscritti come incagli
difficili da recuperare? Sarebbe stato uno sgarbo inopportuno e indecoroso.
Dopo vent’anni di “fare banca
per bene” i due istituti si trovano oggi in brache di tela. Qui interviene il
colosso Banca Intesa il quale, per la stratosferica cifra di un euro, si
sacrifica a rilevare la banche venete. Tutto bene dunque. Neanche per idea,
secondo voi quelli di Banca Intesa Sanpaolo c’hanno l’anello al naso? Per un
euro l’istituto di Torino si limita ad
acquisire, gli sportelli, i conti correnti, i fondi d’investimento, le cassette
di sicurezza e i crediti sicuri, cioè
tutte quelle attività che generano esclusivamente profitto.
Che ne è dei crediti incagliati, quelli dei Marchini
di Alitalia, dei Verdini? Degli obbligazionisti
senior? Che ne facciamo? Mica possono perdere i loro soldi, e gli esuberi? Un istituto come Banca Intesa
Sanpaolo non può far vedere che licenzia, però tutti quei dipendenti non
servono. Tranquilli. Arriva lo Stato quello Stato che siamo noi. Ai buffi incagliati, ai soldi degli obbligazionisti senior, ci pensiamo noi. Lo Stato
siamo o non siamo noi? E poi per gli esuberi non c’è da preoccuparsi. Già era
stato costituito un fondo esuberi per i dipendenti delle altre banche, basta
che lo aumentiamo un po’ e ci facciamo rientrare anche quelli delle due banche venete e pure qualcuno di Intesa Sanpaolo, suvvia un po’ di
solidarietà!
Ma NOI Stato. Quanto paghiamo per questa mandrakata? 5miliardi e due,
subito, più la disponibilità di altri 17milardi. Troppo? Si tratta di non compromettere la
ripresa che il fallimento delle banche venete avrebbe messo a rischio !Ma perché
quando si parla di sanità, di scuola pubblica, di enti locali i soldi non ci
sono mai, regna sovrana la spending review. Qui la spending review non è prevista?
Con un
semplice decreto in quattro e quattr'otto spuntano fuori più di venti milioni di
euro. Per fare che? Per apparare i buffi di Galan, Verdini, Caltagirone e consentire a Banca Intesa Sanpaolo di realizzare
profitti miliardari? Ma a noi Stato, che
abbiamo sborsati i soldi per apparecchiare l’affare, di quei profitti non ne
viene niente? Lo Stato siamo noi e va bene. Ma lo Stato, il nostro, non era quello che assicurava ai cittadini il diritto di curarsi,
di studiare, di lavorare, di vivere dignitosamente?
Ah dimenticavo questo era
prima, quando ancora non avevamo perso la lotta di classe. Oggi da vecchi comunisti sconfitti dobbiamo chinare il
capo davanti al nuovo articolo 1 della Costituzione ,quello che dice “l’Italia è una repubblica fondata sulla
privatizzazione del profitto e la socializzazione delle perdite”.
La morale
della storia è che quest’ennesimo abuso
del potere economico finanziario, perpetrato con l’aiuto dello Stato ai danni dei
cittadini, dovrebbe far riflettere coloro
i quali parlano di discontinuità, di eliminazione delle diseguaglianze, di dare rappresentanza ad un popolo di sinistra
abbandonato a se stesso e alle proprie
lotte. Costoro dovrebbero ragionare sul fatto che, o si parte dal presupposto di combattere radicalmente il
capitalismo e il liberismo predatorio, oppure potremo riunirci al Brancaccio e
in mille altre sedi senza minimamente cambiare quella che
realmente è oggi diventata la funzione dello Stato. Un istituzione
ridotta ad agevolare il capitalismo mafioso integrato e a reprimere con la
forza il malcontento che questo genera.
Nessun commento:
Posta un commento