Affermare che il contrabbassista, cresciuto a Detroit, Ron Carter
ha realizzato moltissime incisioni è come dire che il nuotatore americano
Micheal Phelps, l’atleta olimpico più decorato di tutti i tempi, ha vinto molte
medaglie.
Carter, nato a Ferndale, diplomatosi alla Cass Tech, ha più di
2.221 incisioni registrate a suo nome. Secondo il guiness dei primati è il
contrabbassista che ha registrato di più della
storia del jazz. Nel ’79 Carter era nella ristretta cerchia dei maggiori capiscuola
del contrabbasso nella storia della musica afroamericana.
Carter è stato l’ospite d’onore ai giochi olimpici del jazz organizzati proprio nella sua Detroit. La trentasettesima edizione del Detroit jazz Festival che si è svolto tra venerdì 2 settembre e lunedì 5 settembre 2016 nel centro di Detroit, lo ha ospitato come artista residente. Il bassista si è esibito quattro volte. Dalla serata di apertura, in cui è andato in scena accompagnato dal suo gruppo di nove musicisti, fino al concerto di chiusura del Labor Day quando ha suonato al timone della sua orchestra. Nel mezzo ha guidato il suo quartetto sabato e il suo trio domenica.
In generale il
festival ha ospitato 60 scuole musicali nazionali, e regionali. Fra queste molti jazzisti rappresentativi
come i chitarristi George Benson e John Scoffield, pianisti come Jason Moran e
Stanley Cowell, il sassofonista Chris Potter, il trombettista Roy Hargrove e la
Vanguard jazz Orchestra. Ma i riflettori più luminosi hanno posato
la loro luce su Ron Carter, il diplomato alla Cass Tech balzato alla fama
delle cronache musicali come membro del pionieristico quintetto di Miles Davis del 1960.
Per quasi sei decadi
l’approccio comprensivo di Carter al
basso, la profonda conoscenza armonica, il groove swingante, una rapida
percezione sonora, l’istinto impeccabile, l’affidabilità ritmica e la
versatilità, lo hanno reso una scelta irrinunciabile, per musicisti (e
produttori) attraverso una serie di stili che
va dal mainstream jazz al Cutting Edge. Se si chiede ad alcuni seri musicisti
di jazz o a fan in generale di redigere una lista dei loro dischi favoriti,
Carter sarà sicuramente incluso nei gruppi che suonano in quelle incisioni. Come nei classici di Miles Davis,
Wayne Shorter, Herbie Hancock, Bobby Hutcherson, McCoy Tyner e Joe Henderson.
Per esplorare la sua
vasta discografia ho chiesto a Carter di scegliere le sue dieci incisioni
preferite che illustrano lo sviluppo della sua carriera da sideman a band
leader. Non ha voluto che gli chiedessi di scegliere fra i dischi storicamente più significativi o importanti o meglio registrati, ma quelli che erano
semplicemente memorabili per lui per una ragione o per un’altra. Le sue scelte
con i successivi commenti sono supportate da mie introduzioni con l'aggiunta di alcune domande occasionali.
Wes Montgomery, "So Much Guitar" (Riverside). Aug. 4, 1961
L’allora
ventiquattrenne Carter era appena arrivato a New York, quando il
produttore Orrin Keepnews lo scritturò per una data con il chitarrista Wes
Montgomery, uno dei musicisti jazz più discussi dai critici agli inizi degli
anni ’60. Nel periodo 1976-1981 Carter avrebbe registrato estensivamente per
l’etichetta di Keepnews la Milestone.
Carter:
Questa fu veramente, ma veramente, la mia prima grande data per Orrin Keepnews
e la Riverside Records. Avevo sentito di questo soggetto chiamato Wes
Montgomery che era considerato un innovatore della chitarra e un
esecutore veramente eccezionale. Per
Orrin chiamami come ragazzo giovane in città, per farmi partecipare a questa
importante seduta, fu un vero onore…Wes era molto timido, molto riservato, molto
preso dal come sarebbero potuto andare le cose chiedendosi se avesse la testa
giusta per la buona riuscita del set. Wes era sempre quieto e riservato e
sempre questo tipo di calma portava a chiedersi se lui fosse completamente
integrato in questo ambiente.
Miles Davis, "Seven Steps to Heaven"
(Columbia). Recorded April 16-17, May 14, 1963.
Quando Carter entrò nella band di Miles
Davis, all’inizio del 1963, il bassista divenne il centro attorno al quale Davis
costruì il nuovo gruppo. La prima parte di “Seven Steps to Heaven” fu
registrato a Los Angeles con i musicisti West Coast: Victor Feldman al piano e
Frank Butler alla batteria. La seconda parte fu registrata, un mese più tardi, a
New York con quello che sarebbe diventato il nucleo del quintetto storico del trombettista negli anni ’60 con il pianista Herbie Hancock e il batterista Tony Williams. Il
sassofonista tenore George Coleman era nel gruppo quando Carter vi entrò ma fu
sostituito nel 1964 da Wayne Shorter un visionario compositore e sassofonista.
Carter: La mia prima registrazione con il gruppo di Miles Davis…..In “Baby Won’t You Please Come Home”Victor Feldman suonò veramente dei grandi accordi Era un eccellente pianista con cui suonare, ma era straordinario anche da ascoltare – trasmette al meglio ottime vibrazioni-Prima di allora avevo suonato con lui insieme a Cannonbal Adderley in Europa . Ho fatto un tour con Cannonball e quando Sam Jones suonava il violoncello i suonavo il basso per un brano a notte.
Se ascolti la traccia molto
attentamente facciamo una gioco di coppia, e sto provando a indurre Victor a suonare un accordi
diminuiti all’interno di uno di questi giri di routine, lui non lo capisce fino
all’ultimo momento in cui finiamo di
eseguire il giro . Sapevo che stava ponendo attenzione su ciò che stavo facendo, e capì che quella era una soluzione
armonica molto buona quindi cercò di suonare
per assecondare questa soluzione?
Miles intuì qualcosa e indagò su ciò che stava accadendo fra Victor e me.
Stryker: Miles ti ha mai parlato
direttamente su cosa gli piacesse del
tuo modo di suonare.
Carter: Non direttamente . Il brano di apertura
dei concerti era sempre “Autumn Leaves”. Una volta suonai una nota dell’ultima
misura della canzone necessaria ricollegarmi all’inizio del brano. Era un nota che Miles non si aspettava di ascoltare. Non
appena ci spostammo per suonare dietro George lui mi passo accanto e disse
“Cos’era quella nota?”Risposi: “E’ un Si naturale, il terzo di un accordo in Sol dominante settima, che torna indietro
a un Do minore, ma non posso parlare
mentre sto suonando dunque non farmi altre domande”.
Eddie Harris, "The In Sound"
(Atlantic). Aug. 9 and 30, 1965
Ampiamente riconosciuto come il
migliore Lp del sassofonista tenore Eddie Harris “The in Sound” è apprezzato in
special modo dai musicisti per l’alchimia e il carisma del gruppo, per la profondamente swingante sezione ritmica, composta dal pianista Cedar Walton, Carter , il batterista Billy Higgins, nonchè per il seducente programma, che introdusse due
standards nel lessico jazz “The Shadow of Your Smile” di Johnny Mandel e
“Freedom Jazz Dance” di Harris.
Carter:
Ho ricevuto una una chiamata da Eddie Harris, nel quale mia annunciava che
stava per comporre un brano dal titolo “The Shadow of Your Smile” e fino ad
allora non aveva una traccia da seguire. Doveva essere il tema della sigla per il film
“The Sandpiper”. Ero a Boston stavo lavorando con Tony Williams e Gàbor
Szabò. Così mi sono dovuto recare presso il teatro Copley Square con una matita, una
torcia e un blocco notes e tirare giù la melodia di questa canzone dal titolo
“The Sandpiper” sulla cui traccia costruire "The Shadow of Your Smile"Non riuscii a capire cosa avevo annotato fino a che non
tornai all’Hotel. Infatti al buio non avevo potuto realmente leggere ciò che avevo scritto.
Passammo dei bei momenti e la musica
rispecchiava il suo modo di essere. Se vuoi sentire una tempesta perfetta
questa è l’occasione buona. Eddie faceva fare alla band ciò che lui voleva facesse
in modo da incanalare le esecuzioni nella sua idea di musica.
Roberta
Flack, "First Take" (Atlantic). Feb. 24-26, 1969
L’LP di esordio di Roberta Flack, cantante di Soul e R&B. Influenzata dal jazz, questa è un’incisione speciale, con la
scoperta di una profondità esecutiva ed espressività non sempre presenti negli anni a venire,
quando il materiale musicale da lei prodotto
sarebbe andato verso una direzione più popolare. La potente linea di basso
funky è il primo contributo sonoro che si ascolta nella registrazione di
apertura “Comparated to What”
Carter: Lei fu scoperta da Les McCann
in Washington DC, e decisero di incidere questo disco. Come seppi più
tardi, il trio che la supportava arrivò a New York, passarono
diversi giorni a provare prima di incidere. Per una qualche ragione la cosa non
funzionò, così ricevetti una chiamata che mi invitava ad andare da loro per incidere un disco con una
giovane cantante chiamata Roberta Flack e il suo gruppo di New York. Ray Lucas
alla batteria – un batterista incredibile- Buck Pizzarelli alla chitarra e in
aggiunta, diversi arrangiamenti meravigliosi. Il disco la pose al centro
dell’attenzione .
Stryker: Chi ha inventato la linea di
basso in “Comparated to What”?
Carter: Quella fu una sua idea e mi
incaricai di eseguirla. La linee di basso erano fra le sue opzioni ma erano
anche fra le mie opzioni. Fra l’altro, Roberta era una splendida pianista. Quando le cantanti mi chiedono come fare per migliorare io suggerisco di ascoltare cantanti che
sanno suonare il pianoforte – Carmen McRae, Shirley Horn, Roberta Flack, Sarah
Vaughan, Blossom Dearie.
Antonio
Carlos Jobim, "Stone Flower" (CTI). March-May, 1970
La storia d’amore di Carter con la
musica brasiliana- e la storia d’amore della musica brasiliana con Carter-
iniziò con una serie di registrazioni fra la fine degli anni ’60 e l’inizio
degli anni ’70, realizzate con il santo
patrono della Bossa Nova Anton Carlos Jobim. Il modo di Carter di suonare, in
questo frangente è magicamente incomparabile nella sua semplicità e finezza.
Carter: Ero rimasto bloccato a
Cincinnati in attesa che riparassero il mio contrabbasso. Mi stavo recando ad
un seminario presso la Notre Dame University. Avevo sentito questo ragazzo a
Cincinnati, era grande. Parlammo per telefono e ciò che decisi di fare fu di
guidare da Cincinnati, lasciando il mio basso, fino a South Bend Ind. per il seminario, e poi tornare indietro a
riprendere lo strumento. Quando arrivo laggiù il ragazzo mi dice: “Mi
permetti di parlarti un minuto ho portato questa apparecchiatura. Ci sto
lavorando sopra per realizzare un’estensione
che consenta una sonorità più bassa di quella che il contrabbasso ha
normalmente".
Gli dissi: “Mi puoi mostrare come
funziona?
Lo monta sullo strumento e il disco di
Jobim è il primo che ho fatto con l’estensione al Do più basso. In “Brazil”ci sono diversi Do
bassi che suonano magnificamente.
Stryker: Cosa ti ha colpito della musica
brasiliana?
Carter: Tutte le melodie, brasiliane, o almeno quelle che ho suonato io, ci permettono di scoprire nuove armonizzazioni senza perdere l’essenza specifica del tema principale. Io adoro questo tipo di cose.
Ron Carter and Jim Hall,
"Live at the Village West" (Concord). November 1982
Hall un chitarrista dalla straordinaria intensità melodica, incise per la prima volta con Carter in una seduta in duo nel 1972 nel disco “Alone Together” (Milestone). Dieci anni più tardi con questa seduta "Live at the Village West" registrata dal vivo al New York club aggiunsero un altro capitolo alla loro relazione musicale profonda ed intuitiva.
Carter: Il club era quel tipo di posto che ora chiamano
un affare. Un ragazzo entra e compra il club, lo rinnova trova un buon
business che va alla grande e poi lo
vende. Qualcuno ha fatto la stessa cosa con questo club chiamato The Village
West. Il ragazzo che era responsabile della programmazione musicale decise di
chiamare a suonare un duo. C’era una grande sala per noi perché si godeva di
una grande visuale. Il sound era buono, il cibo molto buono. Ogni sera avresti
potuto sentire faville volanti . Quelle faville furono catturate e messe su
nastro.
Ron Carter, "All Alone" (Emarcy). March
29, 1988
Dischi per solo contrabbasso sono rari e questa
chicca dovrebbe essere conosciuta molto
meglio. Una dello incisioni migliori di Carter come leader. Il disco comprende
cinque composizioni originali e lo standard “Body and Soul”, performance che
brillano di una purezza che rimanda a
Bach.
Carter: Il mio obiettivo era quello di mostrare come
molte sfaccettature del suono del basso pizzicato un archivio di ritmi, di armonie , erano tali da rendere l’esposizione al pubblico accattivante: Dov’era il resto della band? Scelsi una gamma che copriva chiavi differenti, tempi
differenti, storie differenti ed entrai in studio. All’inizio della mia
carriera a New York le scena dell’avanguardia era molto vasta. I musicisti
stavano sperimentando suoni diversi ed io registrai un paio di dischi con due di
queste band. Capii il linguaggio. Mi costruii un dizionario personale con tutti
questi nuovi sound . Ma non sempre c’è un posto per suonarli perché la
band , o non è inserita in un’area con una
buona acustica, o il suono non va bene, o non c’è un’amplificazione tale per
rendere questo particolare sound udibile.
Il disco è stato per me solo l’occasione
di provare a diffondere questo tipo di sound
Stryker: Su “New
York Standard Time” tu sperimenti cambiando costantemente le misure e apri
ad un’idea di assolo di basso “itinerante”. La registrazione mostra come non
sia necessario che tu vada oltre il basso per essere incisivo o interessante.
Carter: Sto ancora cercando di arrivare a quel punto attraverso i miei studenti… Provo a
spiegare che se le persone suonano un accordo di blues tu hai queste 48
semiminime, svariati ritmi e un accordo dissonante
per raccontare la tua storia.
Ron Carter Nonet, "Eight
Plus" (Dreyfus). April 9 and 11, 1990
Tornando indietro alla metà degli anni ’70 Carter faceva esperimenti con un “piccolo bass” –
uno strumento accordato in una tonalità più alta rispetto ad basso normale- per evidenziare il suo ruolo di
band leader. Se ne stava seduto di fronte al gruppo eseguendo melodie e assoli
con un altro bassista nella sezione
ritmica, dotato di uno strumento normale “Eighty
Plus” fu la seconda registrazione
realizzata da Carter con il suo nonetto, aggiungendo il suo piccolo bass ad un
trio convenzionale con un percussionista
e quattro violoncellisti.
Carter: Mi occupai di tutti gli arrangiamenti, di scritturare
i musicisti, curai di tutti gli aspetti del disco tranne che dalla stampa
della copertina e della vendita. Ritengo che il suono del "piccolo bass" qui sia veramente molto buono e la sezione
ritmica è sfavillante… Quando la gente mi chiede “come definisci il jazz ” Io
gli rispondo di andare a comprare questo disco. C’è tutto: svelto, lento,
blues, soul, funk, gospel, stile classico. E’ una straordinaria visione di come
nove persone possano suonare questa musica che chiamiamo jazz.
Rosa Passos and Ron Carter, "Entre
Amigos (Chesky). 2003
Un sublime recital di bossa nova realizzato in
collaborazione con Rosas Passos. Una delle migliori cantanti brasiliane la cui
voce finissima respira con intimità si esprime con un sottile fraseggio e una
scaltra spontaneità.
Carter: Non avrei dovuto registrare il disco, avevano
ingaggiato un arrangiatore e poi mi chiesero di partecipare come co-leader. “No
man, io non conosco questa gente. Non so cosa cantano, come suonano” Avrei
potuto farlo, ma qualche volta devi fermarti e dire, qui ho bisogno di fare alcune
riflessioni. Venni informato che uno dei miei studenti stava collaborando alla
realizzazione del disco. Lo chiamai ed egli mi fece un resoconto di cosa stava
accadendo. Chiamai di nuovo il ragazzo e gli dissi: “Ok sono nel vostro
progetto”.
Rosa è una splendida cantate e suona anche la
chitarra. Non avevo mai suonato con una cantante così sensibile alle mie scelte
come lo era lei . Il suo linguaggio del corpo durante le registrazioni e le prove mi faceva
capire come profondamente sentiva le
note e i ritmi che stavo suonando. Cantava una frase e io ero in grado di
ripeterla nelle successive quattro
misure ciò catturò la sua attenzione.
Più pensavo di aver guadagnato la sua fiducia, più sentivo di poter portare a
termine il disco.
Ron Carter, "Brandenburg Concerto" (Toshiba
EMI/Blue Note). Dec. 27, 1995
Carter aveva già esplorato il connubio fra la musica classica e
il jazz , ma questo resta la più ambiziosa avventura nell’idioma classico. Espone per
16 sequenze suoi arrangiamenti di temi di Bach, Bartok, Ravel, Grieg integrandole con sue improvvisazioni sul contrabbasso e sul piccolo bass. La vera chicca è una versione di 14 minuti del Concerto Brandeburghese n. 3 di Bach.
Carter: Un disco molto importante per me perché avevo
sempre voluto realizzarlo. Quella fu la mia registrazione orchestrale. Per me
fu la valida conferma che è possibile combinare la musica classica e il jazz
attraverso un certo tipo di approccio, un certo tipo di temperamento, un certo tipo di chiarezza e determinazione…
Bach è uno dei pochi compositori la cui musica suona bene su strumenti anche di epoche lontane
rispetto a quelli per cui lui aveva scritto. Ritengo che un giovane suonatore di
zampogna potrebbe suonare alla grande le
suite per violoncello solo per la loro
costruzione, il suono, le armonie, le pause. Questo è ciò che mi attrae prima
di tutto. In secondo luogo gli accordi che usa per raccontare la sua storia,
sono un tipo di accordi che ho fatto miei e se posso combinarli alla mia maniera,
posso raccontare la mia storia usando le sue note a mio piacimento.
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