Né per la borghesia “democratica”, né per la borghesia reazionaria, ma per l'unità di azione di tutte le forze classiste e rivoluzionarie.
Né per un Governo borghese di centro-sinistra, né per un Governo borghese di fascisti mascherati, ma per un Governo degli operai e dei lavoratori sfruttati!
Si avvicinano le elezioni politiche e tutto ciò che avviene nello squallido teatrino della politica borghese va guardato attraverso questo prisma.
Gli effetti a lungo termine del referendum costituzionale hanno continuato a farsi sentire in questi mesi: scissione del PD e crollo dei voti alle comunali.
Il debole governo Gentiloni si barcamena senza avere i numeri per nessuna legge importante (tranne dare le mazzate ai lavoratori).
Siamo all’esaurimento delle aspettative operaie e popolari nei confronti del PD e della fallimentare sinistra borghese. Sulle masse popolari non fanno più presa i triti argomenti del PD sul “voto utile” e del pericolo delle destre, quando è proprio questo partito a spalancare le porte alla reazione, al razzismo, alla xenofobia.
La crisi di questo partito è un aspetto della crisi organica della borghesia italiana, che ha visto il suo aspirante ducetto, Renzi, perdere colpi su colpi negli ultimi mesi.
In generale aumenta la disaffezione verso i dirigenti della borghesia e i loro partiti riformisti e liberisti. Il distacco sempre più ampio fra le masse e le tradizionali rappresentanze politiche è un riflesso del crescente abisso economico fra le classi sociali.
All’esaurimento del bipolarismo, ora si accompagna la disgregazione dei principali partiti che non possono aspirare a vincere le elezioni e governare da soli. Allo stesso tempo nessuna coalizione sembra abbastanza solida e coesa. Ci sono diverse "destre" e diverse "sinistre" borghesi, poco compatibili al loro interno e con problemi di ”leadership”.
Per cercare di uscire dalla stagnazione politica i gruppi dominanti della borghesia puntano su una convergenza neocentrista, dietro le formule delle “larghe intese” e della “solidarietà nazionale”.
Il PD asseconda questo progetto conservatore con una netta svolta a destra. In generale l’intero quadro politico si sposta nella stessa direzione.
L’obiettivo del grande capitale è di uscire dalle prossime elezioni con una maggioranza parlamentare che sostenga un governo neocentrista (il “Renzusconi”) per avanzare nella trasformazione autoritaria dello Stato, imporre soluzioni antioperaie, schiacciare le lotte e proseguire le politiche guerrafondaie NATO e UE.
Non è però da sottovalutare la crescente presa della Lega e dei fascisti, che sfruttano l’effetto Trump e fomentano le masse contro i migranti in nome della guerra fra poveri e dell’egoismo nazionalista per supportare il ritorno al governo delle destre su posizioni ancora più reazionarie.
Il tentativo di Pisapia e Prodi di mettere assieme un cartello elettoralistico con D’Alema, Bersani, Boldrini, Orlando, Tabacci, Civati, Fassina e soci, non è antagonista al PD. Serve solo a tirare la giacca a Renzi, che da parte sua non ha nessuna intenzione di tornare alla vecchia formula del centrosinistra.
Il “Polo alternativo” non rappresenta nessuna alternativa di sinistra (e non vuole nemmeno esserlo), ma è utile a coprire le scelte di destra del PD, responsabile di decenni di politiche antipopolari.
Il voto parlamentare di questi “progressisti” per un nuovo intervento militare in Libia ha chiarito la loro natura filo imperialista.
Nemmeno il M5S è un alternativa. La sua funzione è quella di tenere sotto controllo gli strati sociali intermedi colpiti dalla crisi.
Di Maio è il capo di un nuovo partito dei padroni e degli imprenditori dell’e-commerce, un partito a “5 stelle e strisce” difensore dello Stato borghese, che può fare riferimento indifferentemente ai ''valori'' del fascismo e della socialdemocrazia (entrambi derivati del sistema capitalistico), ma mai ai valori della classe operaia.
E’ evidente che dalle prossime elezioni non verrà nessuna soluzione ai problemi degli operai, delle masse lavoratrici, dei giovani, delle donne.
Si profila un governo ancor più reazionario dei precedenti, che punterà a sopprimere le libertà democratiche dei lavoratori e intensificherà la repressione.
In questa situazione il compito del proletariato rivoluzionario non è certo quello di lasciarsi intrappolare dentro i blocchi elettorali borghesi o di coprire le spalle a Renzi, appoggiando l’impotente socialdemocrazia.
Al contrario, è quello di approfittare della crisi organica della borghesia italiana, rompendo con tutte le illusioni elettoraliste e riformiste, rafforzando e estendendo la resistenza di classe, sviluppando la tendenza alla mobilitazione rivoluzionaria delle masse.
Di qui la nostra posizione in vista delle prossime elezioni politiche, che si svolgeranno - è bene ricordarlo - con un regime di apartheid elettorale, dal momento che circa il 10% della popolazione, i lavoratori immigrati, che producono il 12% della ricchezza nazionale e pagano le tasse, saranno privati del diritto di voto. Un’altra delizia della democrazia borghese!
In assenza di liste di fronte unico proletario o di fronte popolare, che sosteniamo apertamente, noi gridiamo:
Nessun voto ai rappresentanti della classe dominante e della piccola borghesia!
Boicottaggio delle elezioni attraverso il rifiuto del voto, l’astensione attiva o il voto nullo!
Con questa posizione - che deve’essere portata in ogni fabbrica, in ogni assemblea - esprimiamo il rigetto delle soluzioni borghesi e piccolo borghesi della crisi, della pressione politica e mediatica per farci scegliere i rappresentanti delle classi sfruttatrici che ci massacreranno nei prossimi anni (faranno di tutto per accaparrarsi voti).
Un rifiuto che significhi NO alle politiche neoliberiste e di guerra sostenute da tutti i partiti in lizza, ai progetti reazionari che coltivano, alla repressione e alla militarizzazione della società, alla xenofobia e al nazionalismo borghese.
Un rifiuto che acuisca la crisi di legittimità e di autorità della classe dominante e delle sue istituzioni, che privi dei suoi appoggi politici il prossimo governo antioperaio, che mostri il volto controrivoluzionario del parlamento borghese.
Il nostro rifiuto è parte della lotta, della protesta e della sfiducia proletaria contro l’oligarchia finanziaria e i suoi servi, contro l’arbitrio e la soppressione delle libertà.
Con ciò manifestiamo l’opposizione a un’intera classe di politicanti corrotti e trasformisti, a un sistema barbaro e reazionario.
Assieme al rifiuto del voto si deve esprimere lo sviluppo della resistenza e della lotta operaia e popolare contro la politica di austerità, reazione e guerra. Nessuna tregua elettorale!
La vera alternativa sorgerà dalle lotte extraparlamentari della classe operaia, dal fronte unico proletario, dai comitati operai e popolari, e si concretizzerà nel loro sbocco politico: il Governo operaio e di tutti i lavoratori sfruttati, l’unico che potrà dare ai lavoratori la garanzia del lavoro, dei diritti, dei servizi sociali, della pace!
Condizione per avanzare è un’organizzazione indipendente e rivoluzionaria della classe operaia, embrione del futuro Partito comunista.
Compito dell’oggi per tutti i sinceri comunisti è lavorare alla sua creazione. Avanti compagni!
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