E’ vita grama per i pendolari , ogni giorno sono costretti a tribolare con i treni. Fortunatamente la settimana scorsa ha avuto
termine il tour elettorale di Matteo Renzi che con il suo convoglio (PD
Direzione Italia) spesso ha intasato le linee di lavoratori e studenti in
viaggio per raggiungere il posto di
lavoro o di studio.
E’ una mania quella del treno. Anche Salvini sta girando la Sicilia a mezzo
strada ferrata per fare campagna a
favore del candidato alla presidenza della Regione Nello Musumeci. Lui però i
pendolari non li perseguita ritardando il loro viaggio con un treno personale come Renzi. No, lui i pendolari li sfinisce viaggiando insieme a loro.
Ma torniamo
al segretario del Pd. Il suo pellegrinaggio ferroviario è stato organizzato,
per ascoltare le esigenze delle persone presso le stazioni e le città . Queste erano
le intenzioni dichiarate. A giudicare
dagli insulti e dagli improperi raccolti da Renzi durante il viaggio la
conclusione più logica del percorso avrebbe dovuto portare alle dimissioni del
segretario piddino. In realtà l’ex presidente del consiglio ha usato l’intercity
come un bunker per indirizzare e un po’ di bombe a bersagli mirati.
Non bombe proletarie, il proletariato è stato distrutto
ben prima.
La prima granata è partita verso l’attuale premier Gentiloni con la
mozione di sfiducia al governatore di Bankitalia Visco, l’altra ha colpito il Parlamento reso silente , da otto fiducie, fra Camera e Senato, innanzi alla necessità di
approvare la legge elettorale. Ma soprattutto dalla
cabina del manovratore si sono levate le
minacce e i propositi di vendetta verso
i parlamentari che non hanno riverito abbastanza il capo.
Dall’agiato
scompartimento della segreteria è partito il monito. Per governare è necessario
superare il 40% dei consensi, quindi le prossime candidature saranno decise in
base agli attributi vincenti mostrati dagli aspiranti candidati. Le primarie
sono escluse. Il messaggio è chiaro: siccome il capo è un vincente, solo lui
sarà in grado di selezionare una pattuglia di candidati vincenti.
Sulle qualità
di vincitore di Matteo Renzi, alla luce della sua storia politica ci sarebbe
molto da dire. Dopo le elezioni europee, drogate dalla prebenda degli 80 euro,
Il Pd guidato dal protervo rignanese ha preso schiaffi da
tutte le parti. Enorme la debacle nelle varie tornate amministrative dove, per tenere Milano, ha dovuto
candidare uno di destra. A Palermo per vincere si è barricato dietro le insegne Orlandiane rinunciando praticamente
al simbolo. Epocale la batosta subita nel referendum costituzionale del 4
dicembre 2016.
Il partito ha continuato a perdere pezzi, importanti, vedi
il Presidente del Senato Grasso, e
militanti. Non è andata meglio per il governo guidato da Renzi, in cui
le leggi licenziate sono state sistematicamente falcidiate dalla Corte
Costituzionale. Infine rimane l’ultimo dilemma.
Perché un vincente, impone a tutti i costi, con grandi strappi istituzionali, una legge elettorale in base alla quale il suo partito è destinato
all’ennesima Caporetto?
Al nord i
collegi uninominali saranno ad appannaggio quasi esclusivo dei fratelli
serpenti Berlusconi-Salvini pronti ad
una reunion ad hoc. Conseguentemente,
visto che i candidati ai collegi uninominali sono in realtà dei mega
capilista bloccati che trascineranno anche i nominati dei collegi plurinominali, nella
ex Padania,ed anche più sotto, per il Pd non ci sarà speranza. Neanche al sud, probabilmente, ci sarà trippa per gatti, con una destra che
appare rafforzata, e il M5S quantomeno in tenuta. Al centro, nelle scolorite regioni rosse,
forse si potrà raccattare qualche briciola ma sarà assolutamente insufficiente a recuperare il
cappotto prossimo venturo imposto dai pentastellati e dalla razzista brigata
Salvinian-Berlusconiana.
La domanda
nasce spontanea. Quale logica spinge uno che vuole vincere a crearsi le
migliori condizioni per perdere? Alcune
ipotesi: Dopo le elezioni visto che le
coalizioni costruite su una base di tipo
meramente elettoralistico
saranno destinate a sciogliersi, il Pd è sicuro di governare con l’avversario
elettorale, Forza Italia. Rimane il
piccolo problema che, nel caso, a dare la carte sarà il partito vincente e
questo, presumibilmente non sarà quello di Renzi.
Altro scenario: L’obbiettivo non
è vincere le elezioni, ma rimanere in Parlamento facendo governare qualcun
altro, con un appoggio esterno. Le finalità sarebbero duplici, da un lato
ottenere posti chiave in strutture di secondo livello, dall’altro logorare con
continue trattative parlamentari il
malcapitato gruppo a capo dell’esecutivo.
Altra ipotesi , e questa ci pare la
più consona al personaggio: sfruttare il
potere di vita o di morte che la legge assegna ai capi partito sugli aspiranti candidati. Una occasione troppo
ghiotta per farla pagare agli infedeli e consolidare le truppe cammellate. Un’ opportunità che Renzi non potrebbe mai
farsi sfuggire, anche con il rischio di deviare
il Pd , su una linea morta, come direbbe il
poeta.
Mi rendo conto che ai poveracci come noi questo discorso interessa il
giusto. Tali tatticismi non aiutano ad arrivare alla fine del mese. Stiamo
timidamente guardando alle manovre dei
cosiddetti "civici" radunati attorno ad Anna Falcone
e Tomaso Montanari. I quali, per ora, si stanno annusando con le varie
anime strutturate della sinistra, diciamo così, costituzionalista. Una buona
dose di tatticismo, purtroppo, è presente
anche qui, senza contare che la nuova legge elettorale non concederà a questi volonterosi di andare oltre la
testimonianza .
Rimane l’alternativa di salire su quella locomotiva che il macchinista anarchico di gucciniana memoria ,per riparare a qualche
torto, lanciò contro il treno pieno di signori. E’ una scelta coraggiosa, complicata
da condividere, richiede tempi lunghi per la sua realizzazione, sicuramente non
compatibili con l’imminente tornata elettorale.
Ma solo se si riuscirà a costruire quel treno, pezzo per pezzo, e a
convincere il maggior numero di passeggeri a salirci sopra si potrà costruire
una prospettiva di cambiamento che consentirà ai “contadini curvi” di togliere
il potere ai signori, quelli che stanno sull’altro treno in mezzo al velluto e
agli ori.
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