Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 28 gennaio 2012

Contaminazione pozzi Colleferro: HCH, una storia infinita.

Rete per la tutela della Valle del Sacco (ReTuVaSa)


Siamo alle solite, ma questa volta riteniamo la situazione ancor più inaccettabile. Si è verificata, infatti, l’ennesima contaminazione di alcuni pozzi, ora chiusi, a servizio dei due acquedotti di Colleferro gestiti da GDF Suez Retegas e Consorzio Servizi Acqua Potabile (CSAP) .

Dalle analisi effettuate dalla Arpa Lazio nel mese di dicembre e pervenute alla Asl RMG  il 24 Gennaio si è riscontrata la presenza di isomeri dell’esaclorociclesano nell’acqua proveniente dal pozzo n. 6 a servizio idrico di Colleferro e dal pozzo “Stendaggi” a servizio del distretto industriale. Ulteriore contaminazione è stata rilevata con prelievo in una fontanella pubblica alimentata dal pozzo denominato “Sacco2” gestito da CSAP: si è riscontrata  la presenza di ferro e manganese quasi il doppio dei limiti di legge.  Per quanto riguarda l’esaclorocicloesano e l’ormai famoso isomero Beta, come la maggioranza delle popolazione di Colleferro  e della Valle del Sacco ricorderà, si tratta della sostanza oggetto di scandalo che dal 2005 si è scoperto essere presente nell’organismo di persone e animali. Ricordiamo che tale molecola è un derivato del lindano, conosciuto per le sue proprietà insetticide e altamente tossico per gli esseri viventi. Il nostro organismo accumula questa sostanza nelle parti grasse e nel sangue e non è in grado di degradarlo, se non con l’allattamento. Nel tempo questa sostanza si immagazzina nei tessuti adiposi e può provocare patologie.

Dalle analisi sopracitate è emerso che il quantitativo di esaclorocicloesano nell’acqua del pozzo n. 6 supera il limite consentito del 30 % (limite di legge: 0,10 µg/l, quantità rilevata 0,13 µg/l); per il pozzo “Stendaggi” il valore riscontrato è stato di 0,15 µg/l.
Questo dimostra, contrariamente a quanto ci è stato detto finora che l’acqua, nel caso specifico, non ha risposto ai parametri chimici consentiti dalla legge per l’utilizzo ad uso umano, secondo il Decreto Legislativo 31/2001, e chiediamo conferma se nei 40 giorni di tempo intercorsi tra il prelievo del campione e i risultati pervenuti, i cittadini ignari non abbiano assimilato, anche se in forma limitata nel tempo, sostanze che sono considerate tossiche.  Riteniamo lecito avere informazioni sulle responsabilità di chi ha permesso tali accadimenti.

Cosa rischiamo in futuro: vista la presenza di sostanze chimiche nella falda di emungimento delle acque, anche altri pozzi in seguito potranno risultare inquinati?
Cosa è successo all’intorno della zona pozzi vista anche la recente necessità di chiudere il pozzo n. 7 per inquinamento batteriologico?
Siamo certi siano state adottate tutte le misure precauzionali adatte nella concessione di nuove perforazioni del terreno, tenendo presente che siamo un Sito di Interesse Nazionale di bonifica?
Ci piacerebbe sapere se i soggetti preposti a rilasciare le autorizzazioni per i nuovi emungimenti di acque lavorino di concerto oppure no.
Le associazioni ambientaliste hanno da sempre sollevato questi problemi ma sono state tacciate di allarmismo.
La cosa più vergognosa è il fatto che la popolazione non sia stata affatto informata dei rischi che poteva correre utilizzando l’acqua fornita e ancora oggi non risultano comunicazioni ufficiali vista la delicatezza dell’area. 

A questo punto insistiamo a chiedere che le analisi chimiche delle acque vengano affrontate da un organo tecnico con protocolli adeguati, e che siano fornite alla popolazione acque di accertata salubrità cercando eventualmente altre fonti di approvvigionamento.
Chiediamo, inoltre, che sia ricercata in brevissimo tempo e senza alcun dubbio la dinamica con la quale l’esaclorocicloesano migra nelle falde idriche di approvvigionamento. Visto che questa sostanza è entrata da tempo nel circuito alimentare risulta indispensabile che sia elaborato un campione statisticamente rappresentativo della popolazione, che una volta per tutte accerti quanti dei nostri concittadini hanno accumulato nel loro organismo il contaminante, e che siano conseguentemente avviati tutti i protocolli sanitari di prevenzione mirata ad individuare diagnosi precoci. La nostra richiesta ci sembra l’unica eticamente corretta, solidale anche con i cittadini indifferenti a questi problemi e in special modo nei riguardi dei bambini e dei più giovani che non sono consapevoli del rischio che corrono e che sono le vere vittime di questi disastri perpetrati nel tempo.
Le nostre proposte restano ragionevoli a dispetto della rabbia per questo ennesimo esempio di leggerezza nell’amministrare il principale dei beni comuni: l’acqua.

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