Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 27 gennaio 2012

Fuori i fascisti dalle mobilitazioni!

 di Michele Rizzi e Francesco Ricci   PdAC

Da alcune settimane un movimento di protesta e di lotta sta bloccando tutta la Sicilia e si sta espandendo anche nelle altre regioni italiane, a partire da quelle meridionali. Si tratta del movimento denominato dei “forconi”, guidato dagli autotrasportatori (a cui si sono aggiunti i pescatori che ieri hanno manifestato a Roma). Le loro rivendicazioni immediate riguardano la riduzione dell'accise sul carburante, notevolmente aumentata negli ultimi mesi con la manovra del governo Monti, e la riduzione dei costi dei pedaggi autostradali, anch'essi aumentati vertiginosamente. Ma più in generale questo movimento esprime il malessere della piccola borghesia, colpita e impoverita dalla crisi del capitalismo che scarica anche su una parte delle "classi medie" i costi sociali. Questo movimento si ribella contro il governo Monti bloccando strade ed autostrade e impedendo l'approvvigionamento di carburante e merci.
Il governo Monti, incaricato dal capitalismo italiano di tentare di salvarlo da una bancarotta pari a quella greca, sta continuando e con più vigore, l'opera di attacco rivolta prioritariamente contro i lavoratori ma che non risparmia appunto nemmeno la piccola borghesia, come commercianti, tassisti, lavoratori autonomi, attraverso misure liberiste (le cosiddette liberalizzazioni) e l'aumento dei prezzi. Da qui è scoccata la scintilla che ha portato i cosiddetti forconi in piazza.
La storia insegna: cacciare i fascisti dal fronte di lotta!
Su vari siti e giornali circolano notizie circa l'infiltrazione dei fascisti in questo movimento. La notizia è vera ma non va assolutizzata. Nel senso che in una situazione simile, con una mobilitazione di massa della piccola borghesia, Forza Nuova ritiene, a ragione, di poter trovare in questo movimento l'ambito ideale per svilupparsi. Ad oggi però in realtà non vi è ancora una reale egemonia di Forza Nuova sul movimento: anche se è indubbio che Fn sta svolgendo un ruolo, conquistando alcune situazioni e ha dalla sua diversi autoproclamati leader della protesta (ad es. Martino Morsello, che ha partecipato anche al congresso nazionale dei fascisti).
In questa fase di profonda crisi del capitalismo, si nota un forte attivismo di formazioni neofasciste come la stessa Forza Nuova, Casapound, ecc., che puntano a far presa sulla piccola borghesia impoverita e sul sottoproletariato giovanile, facendo leva su parole d'ordine reazionarie e populiste come la “lotta contro l'Ue per la difesa del capitalismo nazionale, contro l'euro, le banche europee, contro l'importazione di merci e contro gli immigrati”.
Anche se non egemonizzano ad oggi il movimento, certamente i fascisti puntano a svolgere un ruolo di direzione. Ciò che ricorda in maniera netta altri momenti storici. La nascita del partito fascista in Italia e in Germania fu dovuta essenzialmente ad una crisi economica del sistema capitalista, ad una conseguente crisi del sistema politico della democrazia borghese, ad un impoverimento della piccola borghesia che, assieme a fasce di sottoproletariato urbano, crearono la base di partenza degli stessi partiti fascisti. I fascisti seppero egemonizzare la piccola borghesia impoverita e attirarono anche settori dello stesso movimento operaio, dopo averne distrutto le organizzazioni politiche e sindacali. Ciò fu reso possibile dalla assenza (o meglio dalla nascita tardiva) del partito comunista in Italia nonché dalla politica folle e criminale ("socialfascismo") degli stalinisti in Germania che, come denunciò per tempo Trotsky, aprì le porte a Hitler.
Compito dei rivoluzionari, insisteva Trotsky, non è (a differenza di quanto fanno oggi alcune organizzazioni che pure si definiscono per qualche motivo trotskiste) ignorare la protesta della piccola borghesia impoverita, ma lavorare perché sia il movimento operaio a egemonizzarla, sulla base di un programma rivoluzionario, che traini anche parti delle classi medie contro la grande borghesia. Come scrive Trotsky nel Programma di transizione: "l'avanguardia operaia deve imparare a dare risposte chiare e concrete alle richieste dei suoi futuri alleati", per questo è necessario avanzare un programma di rivendicazioni per gli strati più sfruttati della piccola borghesia urbana e rurale, per porla sotto l'egemonia del proletariato nella lotta contro la grande borghesia e contro tutti gli sfruttatori, includendo tra questi ultimi anche settori delle "classi medie".
Si tratta cioè di contendere ai fascisti l'egemonia su settori di piccola borghesia: dimostrando che i fascisti, che a parole presentano un programma in apparenza "anti-capitalistico" (dal versante reazionario), in realtà in caso di ulteriore peggioramento della crisi si tradurranno nei migliori alleati del grande capitale che (così è sempre stato storicamente), quando ritiene di non potersi più basare soltanto sul suo Stato e i suoi corpi repressivi, arruola i fascisti per scagliarli contro le lotte dei lavoratori e le loro organizzazioni e apre la via perché i fascisti realizzino non il loro programma demagogico ma il programma borghese, che è al contempo contro gli operai ma anche contro gli stessi settori inferiori delle "classi medie".
La situazione attuale: alcune avvisaglie di un grosso rischio
In Italia, a differenza degli altri Paesi europei, non c'è stata ancora in questi anni la crescita di un forte partito di matrice fascista, questo anche per la presenza della Lega Nord che ha da sempre rappresentato quelle fasce di piccola borghesia. Ma adesso, anche in virtù della delusione nei confronti di un'azione governativa che la Lega ha sempre promesso essere fulcro di liberazione e sviluppo per la piccola borghesia del Nord attraverso la bandiera del federalismo, si liberano energie che potrebbero essere assorbite dalle formazioni di estrema destra, non a caso particolarmente attive in questi mesi.
La sfiducia nei confronti della “politica”, nei sindacati e nei partiti, prodotta dall'operato non solo dei due schieramenti borghesi che si sono alternati al governo praticando le stesse politiche, ma anche dalla sinistra riformista che è stata appendice e strumento dei governi di centrosinistra, crea un ulteriore spazio potenziale di crescita a di germi reazionari e fascisti. In assenza di un partito rivoluzionario con influenza di massa, potrebbe risultare possibile nel prossimo periodo un'ulteriore estensione dei gruppi fascisti e della loro capacità di egemonia tanto su masse piccolo-borghesi colpite dalla crisi come su settori di sotto-proletariato giovanile e infine su settori operai. La classica miscela che può trasformare il fascismo da movimento di relativamente piccoli gruppi di picchiatori (come è oggi) in movimento di massa.
Oggi non siamo certo ancora a questo stadio. Anzi: al momento in tutto il mondo sono i proletari a guidare rivolte di massa e rivoluzioni, dal Nord Africa al Medio Oriente, dall'Europa agli Stati Uniti, dalla Russia alla Cina. Ma la perdurante assenza di direzioni conseguentemente rivoluzionarie, comuniste, e lo stallo in cui è il movimento operaio italiano (paralizzato dalle burocrazie sindacali e politiche, dalla Cgil ai vertici Fiom, da Sel al Prc) lascia aperta sullo sfondo anche questa porta reazionaria, che per ora appare lontana.
Torna qui il tema della costruzione del partito rivoluzionario come strumento indispensabile perché le lotte si sviluppino in Italia e internazionalmente fino in fondo, cioè fino al rovesciamento del capitalismo, dei suoi Stati e governi, per aprire la strada al potere dei lavoratori.
Il PdAC partecipa a ogni lotta: ma nell’ottica di rovesciare il capitalismo!
Se l'analisi fin qui fatta di una situazione che ha molti chiaroscuri, molte contraddizioni, è fondata, di grande importanza è che il movimento operaio non abbandoni il campo rispetto allo stesso movimento dei forconi, non si limiti (come fanno alcuni) a guardare con sdegno questa protesta. Si tratta invece di intervenire anche in essa, di cacciare i fascisti da ogni manifestazione, di saldare tutte le lotte contro il governo sulla base di un programma di classe, proletario, che sappia dare risposte anche agli altri strati sociali vittime di banchieri e industriali. Si tratta di avanzare una proposta di lotta, su un programma transitorio che faccia comprendere ad autotrasportatori, commercianti e in generale alla piccola borghesia impoverita, che è urgente un'alleanza con i lavoratori contro il governo Monti e contro le grandi famiglie del capitalismo italiano. Un piano di lotta che ponga al centro dell'azione politica la rivendicazione del controllo da parte di comitati di lavoratori dei prezzi del carburante, la nazionalizzazione della sua gestione, la nazionalizzazione di autostrade, banche, industrie. E ancora, nell'ambito specifico della lotta dei forconi: la creazione di strutture democraticamente designate di questa lotta, in  modo da cacciare i fascisti che si autoproclamano portavoce dei "forconi".
Il Pdac lavora in quest'ottica e ritiene che bene abbiano fatto, ad esempio, gli studenti e i collettivi giovanili che, sulla base delle proprie autonome parole d'ordine, hanno manifestato in queste settimane in Sicilia. Va denunciata, oltre alla supponenza di certi sedicenti trotskisti che si limitano a constatare con fatalismo che questo è un movimento piccolo-borghese, anche la logica del riformismo governista (da Sel al Prc), che essendo interessato solo a una nuova prospettiva di governo nel dopo Monti con i rappresentanti liberali della grande borghesia (Pd), partecipa alla demonizzazione di camionisti, piccoli commercianti, ecc. 


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