Il 25 maggio anche in Italia si voterà per le elezioni europee. Il progetto delle classi dominanti del Vecchio continente, comunque vadano queste elezioni, continuerà ad essere quello che milioni di lavoratori e giovani hanno già testato sulla propria pelle: continuazione delle politiche di austerità, approfondirsi della disuguaglianza sociale ed economica, avanzamento nelle politche neocoloniali ai danni di Paesi come Grecia e Portogallo. Un progetto che vede al centro gli interessi della borghesia tedesca in particolare con la connivenza e la complicità di tutte le altre borghesie del continente, volenterose di guadagnare qualche posto di rilevanza nel club privilegiato dell'imperialismo europeo o di conservarlo (come nel caso della borghesia italiana). L'intento è chiaro: approfittare della crisi economica devastante e ancora senza vie di uscita, per assestare un colpo definitivo alla classe operaia del continente, provocando un arretramento storico dei diritti e delle condizioni di vita e di lavoro della stragrande maggioranza della popolazione, smantellando quel che resta delle conquiste ottenute dalla classe lavoratrice nel recente passato. In particolare nei "Piigs" (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) la mattanza sociale ha raggiunto proporzioni gigantesche accompagnata anche da una progressiva involuzione bonapartista e tecnocratica dei regimi politici: il proliferare di governi tecnici, il progressivo autonomizzarsi degli esecutivi dalle maggioranze parlamentari, l'accentuarsi della tendenza a scavalcare perfino i criteri formali della democrazia borghese (verso i quali non nutriamo nessuna fiducia) sono sintomi di una deriva sempre più autoritaria delle istituzioni di questa democrazia che ha rappresentato sempre gli interessi delle banche e dei magnati dell'industria.
I due maggiori partiti del Parlamento europeo, il Partito popolare e il Partito socialista, rappresentano esattamente gli interessi delle borghesie del continente e lavorano già nella prospettiva di un'intesa in funzione della continuità dell'austerity. Eppure bisogna demistificare anche le forze che si presentano come alternative a questi due blocchi: ci riferiamo alla lista dell'Altra europa con Alexis Tsipras, leader greco di Syriza e candidato come presidente della Commissione europea. In Italia viene sostenuto da una lista civica che include Sel e Rifondazione e che non ha nessun riferimento alla sinistra nemmeno nel simbolo. Ma non è solo un problema di simbologia: il punto è capire qual è l'Altra europa che vogliono i sostenitori di Tsipras. L'Europa delle banche e del grande capitale o l'Europa dei lavoratori, dunque l'Europa socialista? Continuare a parlare di un'Europa “sociale”, di un'Europa dei “popoli”, di un'Europa genericamente “democratica”, com'è scritto nel loro programma, significa evitare il problema di classe e seminare illusioni. Criticare l'austerity e il fiscal compact (ovvero l'obbligo di pagare il debito pubblico per il Paesi che hanno sforato il limite del 60% del Pil) ma evitare di mettere in discussione la struttura e gli strumenti che producono queste politiche antioperaie (ovvero l'Ue, la Bce, l'euro) è ipocrita e opportunista e significa, da ultimo, accettare quello stesso sistema che s'intende combattere. Tsipras vuole “democratizzare l'Ue”, “ristrutturare il debito pubblico”, “riformare il ruolo della Bce”: verrebbe da ridere se non fosse tragico! Pensare che queste istituzioni si possano riformare è l'utopia delle utopie: l'Unione europea, la Bce, l'euro, sono strutturalmente irriformabili, perché sono nati con il preciso intento di rapinare le classi lavoratrici del continente portando acqua al mulino dell'imperialismo. Se non si mette in discussione l'Unione europea in quanto tale e ci si perde in utopie riformatrici, si finisce per avvantaggiare il neofascismo (vedi Alba dorata che non a caso cresce proprio nella Grecia di Tsipras) e il populismo reazionario (vedi il Front National di Le Pen in Francia o il Movimento cinque stelle da noi) che coagulano il consenso di alcuni settori popolari di massa proprio attorno ad un programma di rottura con l'Ue e con l'euro in direzione di un ritorno alla sovranità nazionale. E' questa la conseguenza più devastante del riformismo “alla Tsipras”: se non si osa rompere da sinistra con l'euro e con l'Ue (e Tsipras non lo fa), finiranno per crescere quelle forze che rompono da destra con l'europeismo. Vie di mezzo la Storia non le conosce, specie in tempi di crisi come quelli che viviamo oggi.
Per questo la nostra proposta è diversa. In Italia non sarà possibile, a causa di una normativa antidemocratica, presentare una candidatura classista e che costituisca una reale alternativa alle diverse varianti borghesi e riformiste in campo. Nondimeno, le elezioni costituiscono per i marxisti rivoluzionari, anche quando non possono parteciparvi, la tribuna per propagandare il proprio programma. E anche le prossime europee rappresenteranno l'occasione per il Pdac di presentare il programma che, come Lega Internazionale dei Lavoratori-Quarta Internazionale, proporremo in altri Paesi come Spagna e Portogallo in cui i nostri partiti fratelli potranno concorrere alle elezioni del 25 maggio. In Italia, invece, poiché non ci saranno forze politiche che rappresentano gli interessi della classi lavoratrici, la nostra indicazione di voto è l'astensione. Allo stesso tempo il programma che presentiamo in questa campagna è un programma che, per rompere realmente la spirale di tagli, diminuzioni dei salari e controriforme pensionistiche e del lavoro, propone di mettere in discussione, attraverso la rottura e la distruzione dell'Ue e l'uscita dall'euro, le necessità più profonde del capitale imperialista e la divisione del lavoro nel continente. Un programma che, rifiutando la caricatura della “unità europea” sotto il segno dell'imperialismo (che invece la lista Tsipras con Sel e Rifondazione difende), non scade nella difesa delle piccole patrie nazionali, ma anzi persegue il disegno rivoluzionario di una futura libera federazione degli Stati socialisti d'Europa. Un programma che si scontra direttamente con gli imperialismi europei proponendo:
– la fine delle politiche di privatizzazione dei “beni comuni”!
– il rifiuto del pagamento del debito e l'espropriazione delle banche!
– la scala mobile dei salari e delle ore di lavoro a parità di salario, per lavorare meno e lavorare tutti!
– l'abolizione di tutte le leggi e i trattati razzisti, per un'uguaglianza salariale e di diritti sindacali e politici tra lavoratori nativi e immigrati!
– la lotta contro la doppia oppressione della donna e la violenza maschilista! No alla diseguaglianza salariale tra i sessi; per una socializzazione del lavoro domestico!
– la nazionalizzazione dei settori e delle imprese strategiche senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori!
– la fine di tutte le missioni imperialiste e il ritiro delle truppe dai Paesi aggrediti; lo scioglimento della Nato e lo smantellamento delle sue basi!
– il rifiuto del pagamento del debito e l'espropriazione delle banche!
– la scala mobile dei salari e delle ore di lavoro a parità di salario, per lavorare meno e lavorare tutti!
– l'abolizione di tutte le leggi e i trattati razzisti, per un'uguaglianza salariale e di diritti sindacali e politici tra lavoratori nativi e immigrati!
– la lotta contro la doppia oppressione della donna e la violenza maschilista! No alla diseguaglianza salariale tra i sessi; per una socializzazione del lavoro domestico!
– la nazionalizzazione dei settori e delle imprese strategiche senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori!
– la fine di tutte le missioni imperialiste e il ritiro delle truppe dai Paesi aggrediti; lo scioglimento della Nato e lo smantellamento delle sue basi!
Un programma che potrà essere realizzato soltanto se le masse sapranno imporre con le lotte, nelle piazze, dei governi dei lavoratori che facciano gli interessi dei lavoratori.
per una libera federazione degli Stati socialisti d'Europa!
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