Rabbia, impotenza, frustrazione. Sfoghi contro "la massa di coglioni" che ha eletto "ladri, disonesti, etc etc etc". Insulti, più o meno coloriti, verso questo o quel partito. Cosi' il problema resta altrove, la soluzione rimandata a nuove urne. L'impotenza è il mezzo con il quale possiamo giustificarci quotidianamente perché se la causa è altrove la soluzione non dipende da me. Semplice.
E se non fosse cosi'? Sarà anche vero che una "massa" (ma pur sempre una minoranza, se vi prendete la briga di fare i conti veri di queste fantomatiche urne) ha scelto potenti con questo o quel simbolo (fa poca differenza, direi). Sarà anche vero che è là che vengono prese certe decisioni che ricadono su tutti noi, collettivamente e individualmente. Ma c'è un'altra verità che ci dimentichiamo di osservare perché quella sarebbe uno schiaffo alla nostra ingenuità ed alle nostre colpe, o quanto meno alla nostra RESPONSABILITA', anche questa individuale e collettiva. Il POTERE è qualcosa che esercitiamo o subiamo quotidianamente, entra in gioco nelle relazioni sul posto di lavoro (o alla ricerca di un lavoro), in quelle in famiglia o tra amici. La lotta contro OGNI FORMA DI POTERE è quotidiana. E richiede un profondo esame di coscienza, perché spesso siamo noi gli oppressori e qualcuno è inevitabilmente oppresso, ma DA NOI, QUI E ORA e non altrove o alle urne. Leggo, ad esempio, molti status di uomini indignati e sconvolti per i recenti casi drammatici di omicidio, vittime donne e bambini. Poi mi chiedo: ma questi uomini indignati, quando si trovano in situazioni di palese ingiustizia nei confronti di una donna, magari sul posto di lavoro, che fanno? Perché è li' che potrebbero fare la differenza, non al GOVERNO, non aspettandosi nuove leggi, ma AGENDO con un senso di GIUSTIZIA APPLICATA INDIVIDUALMENTE nei contesti collettivi nei quali ne sorga la necessità. Per mia esperienza gli ABUSI DI POTERE hanno mille forme, e mille volti e il più delle volte hanno il volto di persone che apparentemente sono impegnate "contro", ma poi nella realtà sono complici, omertosi, o a loro volta squallidi e più o meno consapevoli oppressori.
Il cambiamento è possibile, ma solo quando smetteremo di credere che qualcun altro, o altrove, possa farlo al posto nostro.
Quando ne diventiamo consapevoli davanti a noi si apre una sfida estremamente delicata, perché dobbiamo prima di tutto avere la forza di sottoporre noi stessi ad un giudizio ma il passo successivo è belissimo: perché è la certezza che cambiare sia, semplicemente, POSSIBILE. Proprio quello che ci spingono a non pensare.
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