Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 30 luglio 2014

Da Bob Dylan a Giorgio Gaslini in autostop

A cura di Luciano Granieri


Giorgio Gaslini è morto ieri presso l’ospedale di Borgotaro nel Parmense  dove era ricoverato da un mese a seguito di una brutta caduta. La biografia del pianista, concertista, milanese, riempie i siti web dedicati alla musica,  dunque non andremo a riproporre ciò che è  già noto e meglio riportato rispetto a quanto  avremmo potuto scrivere noi. Di Gaslini ci  piace ricordare l’intensa attività jazzistica della sua  poliedrica carriera, che lo ha visto suonare al fianco dei più grandi  maestri, da Max Roach ad Archie Sheep, da Eddie Gomez a Johnny Griffin.  Più celebrate e famose  sono le colonne sonore  scritte per  “Profondo Rosso” di Dario Argento e per “La Notte” di Michelangelo Antonioni, oltre che a molte altre musiche composte  per diverse  opere cinematografiche. Ma Gaslini era musicista a tutto tondo con un intensa attività anche sul versane della musica classica che lo ha visto  compositore di alcune sinfonie e balletti .  Ci sembra maggiormente significativo, per un blog come il nostro,celebrare e ricordare il maestro con  Il testo che segue. Una testimonianza diretta dello stesso Gaslini,  tratta dal libro-intervista curato da Adriano Bassi dal titolo “Giorgio Gaslini vita, lotte, opere di un protagonista della musica contemporanea” pubblicato da Franco Muzzio editore. Un frammento che   ci illustra soprattutto il Gaslini di lotta. Un artista che ha messo al servizio delle rivolte sociali la sua arte e creatività e che ha segnato una svolta nella diffusione del jazz in Italia. 

Un grazie di cuore  al grande maestro.



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Nel 72/73, Bruno Tommaso, Andrea Centazzo, Gianni Bedori ed io formammo un nuovo quartetto. Con la formazione in cui c’era Monico e non Centazzo, ho fatto una prima esecuzione assoluta di “Fabbrica Occupata”, un brano ispiratomi dal senso spettrale di angoscia , di tragedia , ma anche di forza che aleggiava all’interno di una fabbrica occupata, coi macchinari coperti da teli, con le maestranze raccolte in un salone sedute per terra attorno ad un stufa accesa a discutere per ore e ore del giorno e della notte, i bambini, i familiari, il vitto portato da casa.  Tutto questo durava magari 15 giorni. Io passai tante ore con loro in varie fabbriche, poi mi invitarono gli operai stessi in molte parti d’Italia a tenere concerti all’interno delle fabbriche occupate. Andai in forma di solidarietà assolutamente a titolo gratuito, anzi a volte mi pagavo le spese di viaggio, ma ho la grande soddisfazione di aver contribuito nel portare a conoscenza  dell’opinione pubblica queste situazioni. Una volta feci un concerto sul tetto di una fabbrica di Genova, con gli altoparlanti sulla città. Il giorno dopo fu riportato l’accaduto su una pagina intera del quotidiano ligure. Tutto ciò servì come documentazione , perché il Ministero ed il Ministro  si mossero e finalmente la fabbrica fu riaperta. Altre volte successe nell’hinterland milanese. Mi ricordo di un ultimo dell’anno passato con le maestranze di una fabbrica occupata  vicino a Parma.
“Fabbrica Occupata” non fu un brano scritto a tavolino, ma qualche cosa di molto vissuto. La prima esecuzione avvenne nel ’72 ad Umbria Jazz, sulla piazza di Perugia, era la prima edizione del festival , con 10.000 ragazzi seduti nella piazza di Perugia  sino in fondo alla via. Era successo un fenomeno stranissimo . Qualche giorno prima era  stato programmato una specie di mega festival rock vicino a Modena. All’ultimo momento questi ragazzi si erano già messi in cammino  a decine di migliaia per andare in autostop , a piedi e con mezzi di fortuna a questo festival dove avevano addirittura promesso la presenza di Bob Dylan (cose leggendaria). Io partii con la macchina per andare in Umbria  ed in autostrada trovai centinaia di ragazzi che chiedevano l’autostop. Un paio di giorni prima avevano sospeso questo festival, quelli che si erano già mesi in cammino  dirottarono tutti su Umbria jazz e scoprirono di colpo questo festival. Fu la sua fortuna, perché già nella prima serata arrivarono in decine di migliaia, erano almeno 20.000 ragazzi con il sacco a pelo. Quella sera dopo di me si sarebbe esibito Sun Ra, tra le altre cose dovevo suonare la sera prima con i Weather Report, ma era venuto a piovere e il concerto era stato sospeso. Chiesi di poter suonare la sera dopo, nonostante al festival dovessero pagarmi lo stesso e mandarmi a casa. Dissi che non volevo i soldi senza aver lavorato ed allora ecco questa serata a Perugia condivisa Con Sun Ra. Dentro di me pensavo “succeda quel che succeda io faccio questo pezzo”. Bisogna pensare che non si erano mai visti 10.000 ragazzi seduti per terra ad un festival del jazz e non si sapeva se questi lo conoscessero e che tipo di reazione avrebbero avuto essendo abituati al rock. La reazione fu incredibile: si alzarono tutti in piedi applaudendo . In quel momento iniziò una nuova fase  non solo della mia musica, ma della musica in Italia. Quando scesi dal palco c’erano gli organizzatori di “Libertà 1”, un festival che si teneva a Pisa dopo qualche giorno. Mi chiesero di partecipare a “Libertà 1” solo come pianista. Accettai e provai  delle sensazioni indimenticabili  per il calore dimostratomi dal pubblico. Ho ancora un manifesto di quella serata, che fu in realtà una no stop di 10 ore, dal pomeriggio alla notte,  in cui ad ogni numero musicale si alternava un personaggio di spicco  del movimento generale di rinnovamento che si era creato in Italia: dalla prima femminista, alla prima ragazza che era riuscita a denunciare una violenza subita, all’anarchico messo in galera per sbaglio, all’obiettore di coscienza, oppure a gruppi  che semplicemente testimoniavano il loro modo di essere. Ricordo che suonai alle due di notte, nello stadio dove si svolgeva la manifestazione . Avevano costruito un grande palco altissimo dove non vi si era potuto mettere sopra il pianoforte perché non lo reggeva. Erano tutte soluzioni di fortuna , con un pianoforte a coda sotto, a livello del pavimento e tutta la gente seduta non solo sugli spalti, ma anche dentro, per cui ero sepolto da circa 8.000 persone . Mi ricordo  che chiamai uno del servizio d’ordine, un tipo alto e grosso come un armadio e dissi: “Guarda che questo pianoforte ha due o tre tasti  che non funzionano”. Questo era il clima in cui si svolgevano le manifestazioni, dove non si andava troppo per il sottile, dove  l’importante era l’ideologia  oltre che la musica  e così lui rispose: “ Ci sono due o tre note che non funzionano? E tu saltale!”.  Io da musicista rabbrividii, ma poi pensai che era più importante la testimonianza, in quanto la musica la suonavo come volevo e sapevo, non c’era handicap musicale, ma una predominanza della presenza e della testimonianza. Anche in questo caso ci fu una reazione travolgente.  Contemporaneamente successe un altro fatto. Fui contattato dai rappresentanti del Festival dell’Unità che mi dissero: “Il jazz al Festival dell’Unità non l’abbiamo praticamente mai fatto, vogliamo provare a Firenze, alle Cascine, è un festival provinciale e vediamo cosa succede”. Era il 1973 e mi invitarono con il mio gruppo. Andai nel pomeriggio, c’era un palco organizzatissimo  con i microfoni, un pianoforte a coda ed una grande platea: gli organizzatori erano terrorizzati e si chiedevano se sarebbe venuta gente con la vecchia mentalità istituzionale da Festival dell’Unità, dove i divi erano stati per dieci anni Claudio Ville e Sergio Endrigo. Per rincuorarli dissi “Sentite, io faccio concerti dal dopoguerra, ho sempre avuto pubblico e non vedo perché non ne dovrebbe venire questa sera”. Arrivarono le 21,00 ed anche 3.000 persone, famiglie complete con bambini.  Sbalorditi dal grande successo avuto, da quel momento per 10 anni i Festival del’Unità hanno fatto jazz. Tutto ciò dimostra come il PCI nella sua maggioranza di base era più all’avanguardia di alcuni suoi intellettuali. L’importanza  di tutto ciò non era tanto nel risultato economico, ma nel fatto che erano accorti del jazz tutti in sintonia: i grandi movimenti giovanili che provenivano dal rock  con Umbria Jazz, i movimenti della sinistra  istituzionale con i Festival dell’Unità e i movimenti  della sinistra  extraparlamentare con “Libertà 1”. Tutto era successo in pochi giorni.

Giorgio Gaslini.



foto clip di Luciano Granieri.

Foto tratte dal libro "Giorgio Gaslini, vita lotte, opere si un protagonista della musica contemporanea" di Adriano Bassi.
Brano: "Occupazione totale" tratto dalla colonna sonora del film." 5 donne per l'assassino". Eseguito dal quartetto di Giorgio Gaslini, comprendente oltre che lo stesso Gaslini al pianoforte, Andrea Centazzo alla batteria, Gianni Bedori al soprano, Bruno Tommaso al contrabbasso.

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