Con
questo appello intendiamo lanciare un serio segnale di allarme sullo
stato delle libertà democratiche e dell’agibilità politica e
sociale nel nostro paese.
Stiamo
verificando sempre più spesso l’uso di misure repressive contro
attivisti sindacali, sociali, politici, semplici lavoratori impegnati
nei conflitti che investono la società.
Si
tratta di misure unilaterali di polizia, eredità perdurante del
codice penale del ventennio fascista, tese ad annullare l’agibilità
in un territorio, una città, un terreno di lotta vertenziale.
In
particolare vengono utilizzati sempre più spesso provvedimenti
repressivi - talvolta senza neanche un processo – che comminano sia
pene detentive che forti sanzioni economiche.
E’
accaduto recentemente ad attivisti sociali e sindacali a Bologna e in
Calabria, ai lavoratori di una azienda partecipata del Comune di
Roma. Accade sistematicamente contro attivisti dei movimenti di lotta
per la casa, ai disoccupati napoletani o attivisti del movimento No
Tav, a Torino e in Val di Susa.
E’
importante cogliere l’obiettivo di queste misure repressive, solo
apparentemente e momentaneamente “più leggere” di quelle
adottate negli anni delle “leggi d’emergenza”.
C’è
un nesso palese tra estensione dei provvedimenti repressivi e
conseguenze della crisi economica che produce disoccupazione di
massa, sfratti, chiusura di aziende, aumento vertiginoso delle
disuguaglianze, brusche precipitazioni in condizioni di povertà per
milioni di persone.
Tutti
gli indicatori del disagio sociale sono in rapida crescita, ma è
scomparso il ruolo costituzionale della politica: trovare soluzioni,
mantenere la coesione sociale, contrastare la crescita delle
disuguaglianze sociali.
Vincoli
di bilancio e Trattati Europei concorrono alla deresponsabilizzazione
del soggetto pubblico e alla distruzione dei sistemi di welfare. Le
esigenze sociali di ogni ordine e grado, anche quelle minime, si
trovano di fronte sempre più spesso solo le forze dell’ordine.
I
“Decreti Minniti” su migranti e “decoro urbano”, ormai
commutati in legge, sono l’unica risposta a questo scenario. Il
governo attuale e quelli che seguiranno, sanno benissimo che per
rispettare i parametri imposti da Bruxelles dovranno aumentare le
misure “lacrime e sangue”, colpire ancora più pesantemente
lavoratori, pensionati, famiglie. Una torsione particolarmente
inaccettabile è poi quella diretta contro i migranti che introduce,
nei fatti, un doppio standard giuridico e penale verso gli immigrati.
Consapevole
del
lavoro sporco che dovrà fare, il governo ha creato un “sistema di
deterrenza” per
scoraggiare
ogni protesta sociale e neutralizzare i soggetti più attivi. Una
repressione preventiva non riservata solo agli attivisti ma diretta
soprattutto a lavoratori, disoccupati, senza casa, migranti.
Sanzioni
per migliaia di euro o restrizioni di polizia (fogli di via, obblighi
di dimora, divieti di accesso ad alcune zone o città), che effetto
devono produrre
su
un lavoratore Lsu, su un operaio di una fabbrica in via di chiusura,
su una lavoratrice di un supermercato a part time o un giovane
disoccupato?
Il
dogma della cosiddetta “legalità” sta entrando apertamente in
contraddizione
con
ogni richiesta di giustizia e uguaglianza sociale.
Il
4 dicembre, un referendum popolare ha difeso la Costituzione e il suo
impianto democratico da un attacco ispirato da questa filosofia. Ma
non ha fermato il “programma politico” che ne doveva derivare.
Questo
stillicidio quotidiano di denunce, provvedimenti restrittivi,
sanzioni economiche, sta configurando un vero e proprio stato
di polizia,
forse meno appariscente
di
quello turco, ma animato dalla stessa filosofia.
Riteniamo
dunque urgente mettere in campo una vasta mobilitazione
democratica nel
paese contro questo clima politico e le leggi di polizia adottate.
Si
impone - e rapidamente - un cambio di passo. A cominciare da una
amnistia e dalla depenalizzazione per i reati connessi alle lotte
sociali e sindacali.
Infine
diventa urgente mettere in campo nel paese una vasta campagna
democratica e popolare per abrogare il Decreto Minniti, diventato
legge.
primi
firmatari
prof.
Paolo Maddalena
Giorgio
Cremaschi
Fabrizio
Tomaselli
Carlo
Guglielmi
Ugo
Boghetta
Nicoletta
Dosio
prof.
Ernesto Screpanti
Luigi
Di Giacomo
Franco
Russo
Sergio
Cararo
Francesco
Valerio Della Croce
Nella
Ginatempo
Stefano
zai
Beppe
Corioni
Roberto
Pardini
Nessun commento:
Posta un commento